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Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/05/2015, a pag. 17, con il titolo "Un campo verticale per sfamare il pianeta", l'analisi di Attilio Barbieri.
C'è un Paese che ha preso maledettamente sul serio il tema dell'Expo, nutrire il pianeta. Si tratta di Israele che ha giocato la propria presenza alla kermesse di Rho, proprio sul racconto di come, a partire dagli anni Trenta, i primi coloni ebrei iniziarono a rendere coltivabili terre fino ad allora improduttive. All’inizio fu l’acqua: decine di chilometri di tubazioni stese nel deserto. Vinta la sfida dell’irrigazione, ad un certo punto gli israeliani si resero conto che l’acqua necessaria era tanta. Troppa. E a metà degli anni Ottanta, iniziarono ad applicare su vasta scala il metodo dell’irrigazione goccia a goccia. Consumi idrici abbattuti del 50 per cento e rese raddoppiate, con la possibilità di coltivare addirittura il riso nei terreni aridi e meno fertili. Il campo verticale che accoglie i visitatori all’ingresso del padiglione d’Israele all’Expo esprime proprio il senso della sfida. Le tecnologie applicate all’agricoltura consentono di ottenere risultati impensabili soltanto fino a un decennio fa. Il concetto è esplicitato sotto forma di racconto, forse un po’ troppo didascalico, nelle sale in cui si suddivide l’installazione: dai primi tentativi negli anni Trenta, fino alla conquista, al deserto, di vaste aree che hanno consentito al Paese mediorientale di diventare uno dei maggiori produttori di ortofrutta nel bacino del Mediterraneo.
DESERTO SCONFITTO Ma la sfida per i «campi di domani» - così recita lo slogan che campeggia su un gigantesco schermo digitale all’entrata del padiglione d'Israele - sta diventando realtà anche in Italia. Al Parco Tecnologico Padano, alle porte di Lodi, è stato inaugurato lunedì scorso il «campo dimostrativo» in cui sono applicate tutti gli ultimi ritrovati tecnologici raccontati dagli israeliani all’Expo. CAMPO DIMOSTRATIVO A Lodi c’era pure Elazar Cohen, commissario del padiglione d’Israele all’Expo, che racconta: «Queste sono le tecnologie applicate all’agricoltura che consentono di raddoppiare le rese, abbattendo il consumo d’acqua o di coltivare i cereali in Paesi dove finora non è stato possibile». È proprio qui, fra queste zolle aride, rese fertili dall’acqua che vi penetra goccia a goccia attraverso una miriade di tubicini forati, che si percepisce quanto sia vicina la possibilità di vincere la sfida alla fame. Così è nel fuori salone scientifico, a Lodi, che il tema dell’esposizione universale diviene chiaro. Non si dica che non ci ha pensato nessuno. Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@liberoquotidiano.it |
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