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La Stampa - La Repubblica Rassegna Stampa
21.11.2016 Usa: da Priebus a Mattis, tutti gli uomini del Presidente
Cronache di Paolo Mastrolilli, Alberto Flores d'Arcais

Testata:La Stampa - La Repubblica
Autore: Paolo Mastrolilli - Alberto Flores d'Arcais
Titolo: «La rivincita del falco Mattis in marcia verso il Pentagono - La minaccia di Priebus: 'Servono più controlli, vieteremo l'ingresso ai musulmani radicali'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/11/2016, a pag. 14, con il titolo "La rivincita del falco Mattis in marcia verso il Pentagono", la cronaca di Paolo Mastrolilli; dalla REPUBBLICA, a pag. 12, con il titolo "La minaccia di Priebus: 'Servono più controlli, vieteremo l'ingresso ai musulmani radicali' ", la cronaca di Alberto Flores d'Arcais.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Paolo Mastrolilli: "La rivincita del falco Mattis in marcia verso il Pentagono"

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Paolo Mastrolilli

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James Mattis

«Devi essere gentile e professionale, ma anche avere un piano per ammazzare chiunque incontri». Nel corpo dei Marines, queste massime del generale James Mattis sono note come «mattisms», cioè pillole di saggezza da tenere pronte per le situazioni più difficili. Da gennaio questa potrebbe diventare la filosofia dominante del Pentagono, perché ieri lo stesso Donald Trump ha confermato che Mattis è in cima alla lista dei candidati alla guida del dipartimento alla Difesa: «Mi ha impressionato molto, è il generale dei generali».

Le massime di James non suonano esattamente come quelle di Sun Tzu, ma questo si spiega col suo soprannome «Mad Dog», cane pazzo, guadagnato con anni di rudezza sul campo di battaglia e fuori. Molti nell’ambiente lo considerano un intellettuale, con una biblioteca personale composta da oltre 7.000 volumi, ma anche una persona molto diretta che parla sempre chiaro. Troppo chiaro, secondo il presidente Obama, che nel 2013 lo aveva sollevato in anticipo dall’incarico di capo del Central Command, perché si era opposto al negoziato nucleare con l’Iran. «E quando Teheran non lo rispetterà - aveva chiesto Mattis - cosa faremo? E se lo rispetterà, ma svilupperà comunque le capacità militari convenzionali per minacciarci, come risponderemo?».

La sua cacciata lo ho inserito automaticamente nella lista dei preferiti di Trump, anche perché a raccomandarlo è stato Michael Flynn, l’ex direttore dell’intelligence del Pentagono esautorato da Obama, prossimo consigliere per la sicurezza nazionale. Qualche tempo fa era stato proprio Flynn a mettere Mattis nell’elenco dei generali che Barack aveva «ridotto in macerie», insieme a Stanley McChrystal e David Kiernen. Questi militari avevano criticato la debolezza dell’amministrazione verso il terrorismo islamico e l’Iran, ed erano stati accantonati. Con Trump si stanno prendendo la rivincita, prospettando una politica molto più aggressiva contro l’Isis e Teheran, e una presenza più attiva in Medio Oriente. Ieri, infatti, il capo di gabinetto Priebus ha confermato il blocco dei migranti dai Paesi a rischio terrorismo: «Servono verifiche migliori. Ci sono persone fra i musulmani di cui abbiamo paura. Non crediamo nei test religiosi, ma sospenderemo l’arrivo da alcune aree finché non avremo controlli migliori».
Mattis non viene dall’Accademia di West Point, ma dai corsi Rotc, grosso modo l’equivalente di quello che un tempo era l’ufficiale di complemento nell’esercito italiano. Questo però lo rende ancora più interessante per il non convenzionale Trump, anche perché poi ha fatto esperienza su tutti i campi di battaglia della sua generazione, dalla Guerra del Golfo nel 1991, fino all’Afghanistan e l’Iraq. Proprio prima di partire per l’Afghanistan, aveva tenuto un discorso ai suoi uomini che aveva fatto notizia: «Andiamo a combattere contro tipi che da cinque anni prendono a schiaffi le donne, solo perché non portano il velo: sarà divertente sparare a questa gente, e io sarò in prima linea con voi». Il suo comandante di allora lo invitò a moderare il linguaggio, ma non lo punì. Lui poi combattè anche a Fallujah, ricordando sempre ai suoi uomini di onorare il motto della loro Divisione, parafrasato dall’epitaffio del dittatore romano Silla: «Non c’è miglior amico, e peggior nemico, di un marine». Sollecitava a risparmiare i civili, per non aiutare il reclutamento di Qaeda, ma ordinò il bombardamento che risultò nel massacro del matrimonio di Mukaradeeb.

Se Mattis andrà al Pentagono, confermerà la linea che privilegia i falchi. A quel punto resterà solo il dipartimento di Stato, dove rimane in corsa Romney, per dare un segnale di moderazione.

LA REPUBBLICA - Alberto Flores d'Arcais: "La minaccia di Priebus: 'Servono più controlli, vieteremo l'ingresso ai musulmani radicali' "

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Alberto Flores d'Arcais

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Reince Priebus

«Sarà un grande giorno, stanno arrivando grandi persone, vedrete…». È iniziata così, con poche parole di saluto ai cronisti in attesa, il giorno più lungo di Donald Trump per le nomine ai posti-chiave “pesanti” (Dipartimento di Stato, Pentagono, Tesoro) della sua prossima Casa Bianca. Era mezzogiorno e ha assicurato che qualche nuovo incarico «potrebbe essere deciso oggi» rientrando dalle funzioni domenicali in una chiesa presbiteriana nel Trump International Golf Club di Bedminster nel New Jersey (uno dei tanti resort che possiede) da dove durante il week end ha guidato il Transition Team.

La fila dei candidati è lunga. Per il posto di Segretario di Stato il più accreditato resta l’ex-nemico Mitt Romney, come ha indirettamente confermato (in un programma tv del mattino) anche il nuovo capo dello staff di The Donald Reince Priebus («è stato molto contento della visita di Romney, hanno avuto un buon colloquio, potrebbe essergli offerto il posto»). Rudolph Giuliani ci spera ancora, ma per l’ex sindaco di New York — che è stato insieme al governatore del New Jersey Chris Christie il politico più vicino a Trump durante la campagna — il genero di Trump Jared Kushner (che è il più ascoltato consigliere del presidente eletto) avrebbe altri progetti. Sia Giuliani che Christie sono stati ricevuti ieri pomeriggio nel Golf Club, con loro anche il Segretario di Stato del Kansas Kris Kobach, consigliere di Trump sui problemi dell’immigrazione e difensore del “registro per bloccare gli immigrati musulmani” di cui molto si era parlato in campagna elettorale. Anche di questo ha parlato Priebus. «Bloccare gli immigrati che arrivano da paesi sospettati di terrorismo, ma niente registri basati sulla religione. C’è bisogno di un miglior sistema di controlli, ci sono persone fra i musulmani di cui abbiamo paura. Cercheremo di sospendere temporaneamente l’arrivo di immigrati da alcune aree, quelle dei paesi implicati nel terrorismo, fino a quando non avremo un sistema di controlli migliore. Ai musulmani radicali dovremo impedire di entrare negli Usa».

Per il Pentagono resta favorito il generale James Mattis (incontrato sabato e definito dallo stesso Trump «un eccezionale patriota »), per il Tesoro il nome più insistente resta quello di Steven Mnuchin (finanziere di Wall Street, nel suo passato ha fatto una fortuna a Goldman Sachs, ha lavorato con George Soros ed ha anche finanziato Hillary Clinton). Un incarico lo avrà anche Rick Perry, ex governatore del Texas che vedrà oggi Trump: per lui sarebbe pronta una poltrona come ministro dell’Energia o quella dei Veterani. Quanto alle critiche crescenti per i possibili conflitti d’interesse di Trump (da quelli del suo business a quelli che coinvolgono anche i suoi figli) secondo Priebus “sono ridicoli”. La notizia del recente incontro tra il nuovo presidente Usa con tre uomini d’affari indiani che lavorano in una Trump Tower in India ha rinfocolato le polemiche. E le rivelazioni del Washington Post sugli inviti ai diplomatici stranieri (con tanto di riffa e premi vari) nel nuovo hotel di lusso che Trump possiede a pochi passa dalla Casa Bianca non hanno certo contribuito a raffreddarle.

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