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Il Giornale-Libero-Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.10.2016 Unesco: commenti e analisi che informano
Fiamma Nirenstein-Gian Micalessin-Carlo Panella-Pierluigi Battista

Testata:Il Giornale-Libero-Corriere della Sera
Autore: Fiamma Nirenstein-Gian Micalessin-Carlo Panella-Pierluigi Battista
Titolo: «Una battaglia giusta e una parola tardiva-Ma l'astensione italiana era un favore al Qatar in cambio di investimenti-Retromarcia sul voto anti-Israele-Osssessioni rivelate su Israele»

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Kotel, Gerusalemme

Unesco: commenti e analisi  che informano di oggi, 22/10/2016:

 

Il Giornale-Fiamma Nirenstein:" Una battaglia giusta e una parola tardiva"

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«La verità è incontrovertibile. Il panico può negarla, l'ignoranza se ne può far beffe, la malizia può distorcerla, ma è comunque là». L'ha detto Winston Churchill, uno che spesso aveva ragione. E così alla fine Matteo Renzi ha definito «allucinante» la decisione Unesco di negare agli ebrei ogni rapporto storico con Israele, con Gerusalemme, col Muro del Pianto donandone il retaggio storico solo ai musulmani. E ha convocato il ministro Gentiloni per chiedergli come mai l'Italia si sia astenuta invece di rifiutare, come Regno Unito e Germania, una bugia tanto mostruosa. È un bene per l'Italia che questo accada. Un bene per la ragione e il buon senso. E una soddisfazione per noi che scriviamo. In queste ore due nuove scoperte archeologiche si sono aggiunte alle già tante prove dell'ebraicità di Gerusalemme: un papiro di 2.700 anni fa ritrovato nel deserto, in cui la parola Gerusalemme è scritta in ebraico, e il sito della battaglia con cui le truppe di Tito nel 70 D.C. violarono le mura della città. Come se ce ne fosse bisogno: chi non sa che Gerusalemme è la patria degli ebrei? L'Onu e i suoi derivati non lo sanno e l'Italia si conforma a dinieghi antisemiti. Ma dopo le nostre ripetute proteste sulle prime pagine del Giornale, dopo la bella campagna organizzata dal Foglio quotidiano, dopo lo scandalo dell'ebraismo mondiale, Matteo Renzi ha realizzato la gravità dell'errore della delegazione italiana che si è astenuta sulla mozione che regala al mondo islamico il retaggio più prezioso (...) (...) della storia ebraica: Gerusalemme. Non avviene spesso che un premier critichi definendolo «un automatismo» un gesto del suo governo. Ma all'Onu e nelle sue organizzazioni è un tic: tutti salvo alcuni coraggiosi sono disposti a votare perfino che gli asini volano purché si rispettino due regole basilari, ovvero l'unità e la criminalizzazione di Israele. Il Consiglio dei diritti umani ha adottato dal 2006 al 2015 135 risoluzioni, di cui 68 contro Israele; l'Assemblea generale dal 2012 al 2015 ne ha approvate 97, di cui 83 contro Israele; e l'Unesco che dovrebbe difendere la cultura mentre si distrugge Palmira, adotta ogni anno 10 risoluzioni, il 100 per cento, contro Israele. L'Italia si astiene o vota a favore, non ho memoria di una contrapposizione coraggiosa. Se Renzi si è svegliato, accorgendosi di questa realtà, è grazie anche ai nostri urli. Sappia che l'Italia si è astenuta anche quando Hebron - con la Tomba dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe - è stata dichiarata musulmana; anche quando l'Organizzazione mondiale per la sanità, che vota solo risoluzioni per migliorare la salute nel mondo, ha sanzionato un unico Paese, quello che cura le famiglie di Gaza, i feriti della guerra in Siria, i familiari dei capi di Hamas e di Al Fatah. E allora signor primo ministro, la battaglia è appena cominciata. Noi la continueremo certi che così farà anche lei, adesso che ha potuto verificare l'assurdità dell'odio anti-israeliano nelle istituzioni internazionali.

Il Giornale-Gian Micalessin: Ma l'astensione italiana era un favore al Qatar in cambio di investimenti" 

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Gian Micalessin

Qualcuno già la chiama «sottomissione». Comunque sia per capire, o meglio ricordare, le ragioni del mancato «no» alla mozione dell'Unesco che nega le radici ebraiche del Muro del Pianto Matteo Renzi non deve fare molta strada. Deve solo riguardare le foto del suo mandato. Incominciando da quella del 16 gennaio scorso che lo ritrae a Palazzo Madama in compagnia del ministro dell'Istruzione Stefania Giannini mentre presenzia all'accordo di collaborazione tra l'Università dei Tor Vergata e l'emirato del Qatar. Un accordo con cui viene concesso all'emirato wahabita, grande ispiratore e sostenitore della mozione anti-israeliana, di penetrare il nostro mondo accademico. Subito dopo quell'accordo il governo Renzi e il nostro paese si trasformano nei grandi sponsor di Hamad bin Abdulaziz al Kawari, il diplomatico ed ex ministro della Cultura del Qatar candidatosi alla carica di prossimo Direttore Generale dell'Unesco. Una candidatura presentata in vista della fine del mandato della bulgara Irina Bokova in scadenza tra un anno. Proprio in virtù del sostegno concessogli dal nostro governo il 19 settembre scorso Al Kawari si presenta a Roma dichiarando di voler iniziare dall'Italia la campagna per la poltrona dell'Unesco. Una decisione seguita dall'immediato omaggio di una laurea «honoris causa» regalatagli proprio dall'Università di Tor Vergata. Una laurea che solleva i sospetti di molti accademici. I più scrupolosi fanno notare come l' assegnazione si sia conclusa in maniera quanto meno anomala visto il mancato voto preventivo del Dipartimento interessato. I più maliziosi obbiettano sull'opportunità di assegnare un titolo così prestigioso ad un personaggio accusato dal Centro Simon Wiesenthal di aver patrocinato le pubblicazioni anti semite distribuite dallo stesso Al Kawari, in qualità di Ministro della Cultura, durante la fiera del libro di Doha. Ma a sollevare ulteriori voci sulle relazioni intessute dal nostro governo con il candidato alla Direzione Generale dell'Unesco contribuiscono anche le foto che lo ritraggono, un mese fa, in compagnia del ministro dell'istruzione Stefania Giannini e poi di quello dell'Economia Pier Carlo Padoan. Incontri perfettamente leciti, ma sproporzionati all'importanza del passaggio romano di Al Kawari. L'inusuale sostegno fornito ad Al Kawari e l'astensione su una mozione Unesco fortemente appoggiata dal suo paese vanno visti, però, anche alla luce della penetrazione del Qatar nelle nostra economia e nella nostra società. Una penetrazione avviata all'epoca del governo Monti quando l'allora premier si reca nell'emirato prospettando alla «Qatar Investment Authority» investimenti a prezzi di saldo in un'economia abbattuta a colpi di spread. Sul fronte economico la prima conseguenza è la costituzione, nel marzo 2013, di una «joint venture» denominata «IQ Made in Italy Investment Company S.p.A.» controllata al cinquanta per cento dal «Fondo Strategico Italiano Spa» - la holding di Cassa Depositi e Prestiti - e dalla Qatar Holding LLC. Un'iniziativa seguita dai massicci investimenti del Qatar che oltre a comprarsi i grattacieli di Milano Porta Nuova, acquisisce il controllo del gruppo Valentino, di gran parte della Costa Smeralda, di un 25% del gruppo Cremonini e di numerosi hotel a cinque stelle. Investimenti condotti parallelamente al trasferimento di 25 milioni di euro destinati alla costruzione di 33 fra moschee e centri islamici. Con buona pace di chi ancora si chiede perché all'Unesco non difendiamo più Israele.

Libero-Carlo Panella:" Retromarcia sul voto anti-Israele

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Carlo Panella

«Il voto di astensione dell’Italia sulla risoluzione Unesco che nega il legame tral’ebraismo eilMonte delTempio è stato un errore. È una tesi allucinante. Se su questo si deve rompere conl’Europa,che si rompa.Almio rientro in Italia ho convocato il ministro Gentiloni per discuterne»: in diretta radio, Matteo Renzi ha fatto ben di più che correggere una posizione sbagliata dell’Italia in una importante votazione internazionale. Ha sferrato un pugno nello stomaco più chealministro Gentiloni -che pare non sia per nulla responsabile diretto del voto- alla tradizionale «dottrina» equilibrista della Farnesina, che si è dimostrata pronta, per non discostarsi dalla maggioranza dei paesi della Ue («Siamo andati in automatico», ha detto il premier, confermando che il contenuto della risoluzione è stato messo in secondo piano), a irridere un punto cardine bipartisan della politica esteraitaliana:il riconoscimento pieno, assoluto, intransigente del legame indissolubile tra l’ebraismo, Gerusalemme e Israele. Per di più, non riuscendo nell’intento, perché, anche in quel voto, la Ue ha dimostrato di essere inesistentecome comunità.Germania, Inghilterra, Lituania, Estonia e Lettonia hanno infatti votato contro, e gli altri si sono astenuti. A Libero risulta che questa pagina nera della nostra diplomazia, giustamente denunciata dal premier nel modo più doloroso possibile per la Farnesina, in un dibattito radiofonico, senza nessun rispetto del protocollo, abbia avuto questi sviluppi. Gentiloni è stato genericamente informato del dossier prima del voto, non ha saputo del contenuto antiebraico del testo, non ha avuto notizia deglischieramenti (cioè delvoto contrario di 5 paesiUe) se non a posteriori e si è limitato a dare indicazioni di massima di seguirela solitalinea: salvaguardare la unità della Ue, senza minimamente condividere il contenuto «allucinante» della risoluzione. Dopo di che, una volta verificata la spaccatura della Ue -e il voto pesantissimo di Inghilterra e Germanial’ambasciatrice italiano all’Unesco Vincenza Lomonaco, la cui poltrona traballa ora non poco, ha autonomamentedeciso diastenersi,contrattando questa posizione con la rinuncia di alcuni paesi Ue a votare a favore. Trattativa impropria, che ha messo alprimo postoilcervelloticogioco diplomatico e ha portato di fatto alla negazione di un punto difondamentalevalore etico, storico e politico della nostra politica estera. A questo punto,a disastro compiuto (a sua insaputa) Gentiloni si è trovato nella scabrosa posizione di un ministro degli Esteri che avrebbe dovuto smentirel’operato della sua stessa struttura e ha delegato il compito di smentire la scelta sbagliata al premier, responsabilemassimodella politica estera, evitando così uno scontro interno al ministero degli Esteri trailministro ela struttura diplomatica e spostandolo al massimo livello: presidenza del Consiglio contro Farnesina. Scontro istituzionale inedito, clamoroso, senza precedenti, con futuri, gravi sviluppi (per la Farnesina). Rabbiosala reazionepalestinesealla posizioneespressaieri daRenzi -riprova di quanto il voto dell’Italia e quella risoluzione Unesco siano sciagurati-espressa daldirigente dial Fatah Nabil Saath: «Rifiutiamo queste dichiarazioniele consideriamoinaccettabilie contrarie alla politica europea e anche alla posizione italiana, che appoggia da sempre il processo palestinese. Auspichiamo che gli amiciin Italia non cadano nel tranello israeliano, che vuole cambiare la storia per giustificare gliinsediamenti e rendere ebraica Gerusalemme, ai danni dei suoi abitanti palestinesi, sia musulmani che cristiani». Dunque, secondo i palestinesi, presentatoridella risoluzione Unesco,«rendereebraica Gerusalemme cambierebbe la storia» e costituirebbe un «tranello israeliano». Antisemitismo allo stato puro. Opposta, ovviamente, la reazione israeliana,espressa dal portavoce del ministero degli Esteri Emmanuel Nahson: «Ringraziamo e ci felicitiamo con il governo italiano per questa importante dichiarazione».

Corriere della Sera-Pierluigi Battista:"Osssessioni rivelate su Israele"  

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Pierluigi Battista

L’ affaire Unesco non è un incidente di percorso, ma l’ennesima rivelazione di un’ossessione antisionista, e antiebraica tout court, di un organismo internazionale che già in passato si è macchiato di imperdonabili atteggiamenti antisemiti. E dunque Matteo Renzi ha fatto bene, sia pur troppo tardivamente, a chiedere al ministro Gentiloni spiegazioni sull’«allucinante» astensione dell’ambasciatore italiano su una mozione Unesco che ha negato millenni di storia ebraica, de-ebraizzando con protervia il Monte del Tempio a Gerusalemme. Ma la spiegazione su un singolo episodio deplorevole non basta. Bisogna andare alla radice, chiedersi perché l’Italia abbia sentito il bisogno (per ragioni diplomatiche, geopolitiche, economiche, commerciali?) di non contrastare, come invece, e meritoriamente, altri Paesi democratici hanno fatto, la deriva antisemita che l’islamismo politico ha portato in una sede internazionale, e non soltanto in qualche tumultuosa piazza medio-orientale. E chiedersi perché i Paesi nemici di Israele hanno proposto in sede Unesco una mozione così sciagurata e offensiva. Interrogarsi su quale obiettivo simbolico intendevano raggiungere. Chiedersi se questo voto non sia l’ultimo di una serie di atti ostili nei confronti di Israele che si sono consumati per decenni con la sostanziale indifferenza del nostro Paese. E chiedersi soprattutto perché sono riusciti a trascinare anche l’Italia nel disonore di questo voto. E qualcosa bisognerà pur dire su un organismo come l’Unesco, che pure dovrebbe promuovere la pace mondiale nella cultura e nell’arte, e che nel 2002 stava per designare come suo direttore, contrastato con successo da Elie Wiesel, l’egiziano Farouk Hosni, famoso per aver dichiarato davanti al Parlamento del Cairo di voler bruciare personalmente i libri israeliani raccolti nella Biblioteca di Alessandria. E dire qualcosa sulla casa madre dell’Unesco, l’Onu, di cui ancora non si perdona il patrocinio della disgustosa gazzarra antisemita di Durban nel 2001, quando i rappresentanti islamisti, lo ha raccontato Nadine Gordimer, ostentarono t-shirt con invettive hitleriane contro gli ebrei. Una coazione a ripetere di cui si possono rintracciare i sintomi già in epoche più remote, come la risoluzione Onu del 1975 che equiparava il sionismo al «razzismo» (dimentichi della lezione di Martin Luther King che rivendicava il diritto ebraico a una Patria). Con episodi grotteschi, se non fossero tragici, come la nomina della Libia dell’allora leader Gheddafi, uno Stato poliziesco che sguinzagliava gli squadroni della morte per annientare i dissidenti anche espatriati, a capo della Commissione dei diritti umani, e dell’Iran degli ayatollah e della lapidazione delle adultere alla testa della Commissione sui diritti delle donne. Per complesse ragioni politiche e morali, non ultima la storica indole filo-araba della classe dirigente della Repubblica italiana (soprattutto della Prima, nella sua versione democristiana e in quella comunista), l’Italia non ha mai affrontato esplicitamente il tema degli inquinamenti anti israeliani e antisionisti dell’ideologia «onusiana» di cui l’ultima mozione sulla non ebraicità dei luoghi sacri dell’ebraismo è stato l’episodio più clamoroso. Ed è probabile che nell’opzione astensionista del rappresentante italiano abbia agito quello che lo stesso Renzi ha definito l’«automatismo» culturale di una subalternità alle tesi dei Paesi arabi e islamisti. Le istituzioni come l’Onu e l’Unesco, purtroppo, dispongono di maggioranze formate da Paesi che non conoscono la democrazia e senza un’azione di contrasto dei Paesi democratici, l’ondata antisemita rischia di dilagare, mentre dalle università europee partono pericolose esortazioni al boicottaggio anche scientifico di Israele e l’Ue sta maturando un atteggiamento «morbido» nei confronti di Hamas che pure non nasconde il suo programma di annientamento. Va ripensato il nostro atteggiamento complessivo nei confronti dell’Unesco e delle sue impresentabili maggioranze. Le scuse non bastano. L’«allucinante» astensione non deve avere mai più una replica.

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Mogherini/Gentiloni: Dio li fa e poi li accoppia

A pag.3 del CORRIERE, un titolo che descrive con esattezza la personalità del nostro Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: " Il voto all'Unesco?  Un nostro successo"

Perchè non lo sposta a Bruxelles? magari segretario della Mogherini?, tanto danni più grandi di quelli che ha fatto l'ex ministra non possono capitare. Si raccomanda massima cautela nella scelta del prossimo...

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