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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/10/2016, a pag. 5, con il titolo "Il generale dei Peshmerga: 'Solo noi possiamo batterli' ", la cronaca di Giordano Stabile; dal CORRIERE della SERA, a pag. 2, con il titolo "Lì sono stata fatta schiava, ora il mio cuore è con i soldati", la cronaca di Viviana Mazza. Come sempre, IC segue con attenzione tutto quanto attiene al popolo curdo. LA STAMPA - Giordano Stabile: "Il generale dei Peshmerga: 'Solo noi possiamo batterli' "
A Bartella, poco più di due anni fa, gli stessi Peshmerga che ora bonificano le strade con unità specializzate anti-bombe affrontavano a colpi di kalashnikov le colonne blindate dell’Isis che avanzavano inarrestabili. Era la terribile offensiva di agosto 2014. Le truppe del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi sfondavano le linee a Est e a Ovest. Migliaia di yazidi venivano uccisi o ridotti in schiavitù sul monte Sinjar. Nella piana di Ninive centomila cristiani erano cacciati dalle loro case. I check-point dei guerriglieri curdi, privi di missili anti-tank e armi pesanti, non potevano resistere agli Humvee degli islamisti a prova di proiettile. CORRIERE della SERA - Viviana Mazza: 'Lì sono stata fatta schiava, ora il mio cuore è con i soldati'
«Seguo da lontano il coraggio delle nostre forze a Mosul. Il mio cuore è con voi, il vostro sacrificio conta moltissimo per me. A Mosul sono stata prigioniera. E’ là che ho conosciuto la malvagità dell’Isis». La 23enne Nadia Murad è una delle 5.000 ragazze della comunità yazida rapite nel 2014 dall’Isis e ridotte in schiavitù. Dopo tre mesi di stupri e di prigionia, è riuscita a scappare, ed è diventata la voce del suo popolo all’Onu — insignita pochi giorni fa del «Premio per i diritti dell’uomo Václav Havel» dal Consiglio d’Europa. Oggi segue su Twitter l’avanzata su Mosul, e per la prima volta osa sperare. Per Nadia, Mosul è la città del dolore. «Il mio dolore — dice al Corriere — non è nulla in confronto a quello di 3.500 ragazze e bambini che sono ancora prigionieri in Iraq e Siria». Come molti yazidi non sa cosa aspettarsi. Da una parte spera che le operazioni militari portino alla liberazione dei prigionieri, dall’altra teme che siano usati come scudi umani o portati altrove. Mosul è il posto dove «ho visto cose peggiori della morte: bambine di 9 anni vendute al mercato come schiave sessuali» — racconta —; è la città dove un uomo «mi costrinse a indossare un vestito, a truccarmi e poi in quella notte nera, lo fece», e infine, per punire il suo tentativo di fuga, «mi picchiò, mi spogliò e mi mise in una stanza con sei miliziani che abusarono del mio corpo finché non svenni». Nadia sa che ci vorrà più di una vittoria militare. Non sono stati solo i miliziani dell’Isis ma anche i «vicini di casa» sunniti ad uccidere e rapire gli yazidi. Ma Mosul è anche la città dove «una famiglia musulmana mi ha nascosta e mi ha aiutata a scappare», ricorda Nadia. «Non hanno voluto nulla in cambio». Molto dipenderà dalla ricostruzione. Il mondo ha riconosciuto i crimini di guerra contro gli yazidi, i cristiani e altre comunità. Ma nessun responsabile finora è stato punito. Assistita dall’avvocata Amal Clooney, Nadia chiede l’intervento della Corte penale internazionale. Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare: direttore@lastampa.it lettere@corriere.it |
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