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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/11/2015, a pag. 5, con il titolo "Il fronte africano della jihad dove i nemici sono i cristiani", l'analisi di Maurizio Molinari; dal CORRIERE della SERA, a pag. 5, con il titolo "La guerra santa a sud del Sahara", l'analisi di Guido Olimpio. Ecco gli articoli:
LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Il fronte africano della jihad dove i nemici sono i cristiani"
Cattura di ostaggi stranieri, assalto a un simbolo della presenza occidentale e selezione dei cristiani incapaci di pronunciare la «Shahada», la professione di fede islamica: sull’attacco al Radisson Blu di Bamako, in Mali, ci sono le impronte dei salafiti del Sahel, protagonisti del fronte africano della Jihad contro la Francia. CORRIERE della SERA - Guido Olimpio: "La guerra santa a sud del Sahara"
Si formano e si dividono, ma convergono su un modus operandi univoco: attacchi a bersagli facili, alto numero di vittime, uso di commando, tecniche di guerriglia mescolate al terrorismo indiscriminato. E questo a prescindere dalle sigle. II jihadismo a sud della linea del Sahel innalza i vessilli di Al Qaeda, dello Stato Islamico e di milizie locali. Ci sono tutti, nessuno escluso, con legami non sempre solidi con le rispettive case madri, spesso in concorrenza. C'è la gara a chi massacra di più. La crisi in Mali è il quadro che racchiude tutti i colori. La rivolta tuareg è stata dirottata dalla componente islamista di Ansar Dine, guidata dall'opportunista Iyad Ag Ghali. Come altri, ha sfruttato il collasso libico per trasformare il suo movimento in un mini esercito, ha saldato rapporti con Al Qaeda nella terra del Maghreb (Aqim), poi ha virato verso i concorrenti dell'Isis. Odia la Francia, non perdona la presenza sulla porta d'Africa dei 3 mila soldati inviati da Parigi, con avamposti che evocano l'epopea della Legione. Non sono diverse le ragioni di Aqim. Organizzazione storica della regione, ha vissuto una stagione difficile, alcune «brigate» si sono ribellate al vertice. Ansar, al Ghuraba, il GSPC hanno dichiarato fedeltà al Califfo. Non lo ha fatto Mokhtar Belmokhtar, carismatico, ambizioso, leader del Murabitun, anche se alcuni dei suoi sono passati con l'Isis. L'imprendibile, il guercio, il trafficante-terrorista, dato per morto in un raid Usa in giugno, è ancora lì, con il kalashnikov in mano. Belmokhtar ha rivendicato l'assalto all'hotel di Bamako insieme ad Al Qaeda, una risposta al Califfato: anche noi siamo capaci. Ripetizione di altri attacchi come la presa d'ostaggi a In Amenas (in Algeria), condotta da militanti africani e volontari d'origine canadese. Nel sud del Paese è invece attivo il Fronte di liberazione di Macina del predicatore salafita Amadou Kufa. Piccola ma agguerrita dimostrazione di un sentiero che si allunga. L'insieme di queste fazioni non può competere con la macchina da sterminio di Boko Haram, in Nigeria, Camerun, Ciad. Un recente rapporto ha sostenuto che gli estremisti hanno assassinato nel 2014 più persone dello Stato Islamico, quasi 7 mila vittime per firmare con il sangue la fedeltà ad al Baghdadi. Impiegano le kamikaze, spesso bambine mandate a morire in coppia; annientano villaggi; hanno ancora in mano centinaia di ragazze. Hanno patito qualche sconfitta, non sufficiente però a fermare gli eccidi. U n percorso non dissimile dagli Shebab somali. Rimasti con Al Qaeda (a parte defezioni minori), si comportano come i loro «colleghi» e rivali. Micidiali le loro incursioni in Kenya, gli agguati alla forza africana, azioni suicide a volte condotte da kamikaze cresciuti in America ed Europa. Come dimenticare il massacro al centro commerciale di Nairobi e quello nell'università di Garissa? Tutto questo è avvenuto nonostante esercito del Kenya e americani li abbiano martellati in modo aperto e con missioni coperte. II Pentagono ha riprodotto nel continente lo schema della guerra leggera. Aerei spia, droni, unità scelte in appoggio agli eserciti locali, una miriade di basi. Un contenimento che guarda a sud ma deve badare anche al nord. II caos libico ha favorito il jihadismo: qui si incontrano, acquistano mitragliatrici e granate, stipulano alleanze. Punto di fusione tra problemi endemici, rivalità di clan, crimini d'ogni tipo, dal racket dei clandestini a quello droga-armi. Focolaio perenne accanto a quello in Egitto che, per storia e posizione, è connesso alla violenza mediorientale. Basta una mappa per capire come il fronte africano sia troppo ampio specie quando ti sorprendono a Parigi, Ankara e Beirut. Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare: lettere@lastampa.it lettere@corriere.it |
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