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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.05.2015 Stato Islamico: avanza l'onda nera
Cronaca e commento di Maurizio Molinari, analisi di guido Olimpio

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Maurizio Molinari - Guido Olimpio
Titolo: «L'Isis marcia su Damasco e Baghdad: l'ultima difesa sono le milizie dell'Iran - Camion-bomba e unità mobili: così avanza il Califfato»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/05/2015, a pag. 9, con il titolo "L'Isis marcia su Damasco e Baghdad: l'ultima difesa sono le milizie dell'Iran", la cronaca e commento di Maurizio Molinari; dal CORRIERE della SERA, con il titolo "Camion-bomba e unità mobili: così avanza il Califfato", l'analisi di Guido Olimpio.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "L'Isis marcia su Damasco e Baghdad: l'ultima difesa sono le milizie dell'Iran"


Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"

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Il progetto finale dello Stato Islamico

L’imam iracheno ribelle, il generale siriano a corto di truppe ed il regista iraniano dell’«Asse di resistenza» delle milizie sciite: sono i capi militari che difendono Baghdad e Damasco dall’avanzata delle truppe del Califfo dello Stato Islamico (Isis).

L’imam ribelle è Moqtada al Sadr, già leader della rivolta sciita anti-Usa, guida l’«Esercito del Mahdi» ovvero almeno 20 mila armati con la roccaforte a Sadr City, cuore di Baghdad. Appena Ramadi è caduta, con Isis a soli 112 km e il Califfo intento a preannunciare la «liberazione di Baghdad e Kerbala», è stato l’imam ribelle a rispondere: «Venite avanti, riempiremo la terra con i vostri cadaveri».

Se il Califfo Abu Bakr al-Baghdadi teorizza il genocidio degli sciiti - che sono maggioranza a Baghdad e Kerbala - Al Sadr è il leader più carismatico e violento dell’Hashd al-Shaabi, la Forza di mobilitazione popolare che riunisce 90 mila miliziani sciiti addestrati dall’Iran, agli ordini del generale Falih al Fayyadh e di Hadi Al Amiri. Ciò significa che a difendere la capitale, e a guidare i tentativi di allontanare Isis, non sono i soldati dell’esercito del premier Al Abadi ma i miliziani che, dall’inizio della guerriglia anti-Usa nel 2003, combattono con metodi simili a Isis. I Kataeb Hezbollah, per esempio, dopo la presa di Tikrit hanno fatto scempio dei sunniti al punto da dover essere ritirati in fretta.

Un mini-Stato di Hezbollah
La difesa di Damasco è in condizioni più critiche perché dopo quattro anni di guerra civile l’esercito di Bashar Assad è allo stremo: dei 250 mila soldati che aveva ne sono rimasti la metà, a cui si aggiungono 125 mila miliziani sciiti - libanesi, iracheni, pakistani ed afghani - dell’«Asse della resistenza». È un esercito senza gli armamenti Usa lasciati all’Iraq, ridotto a difendere sacche isolate ed alle prese non solo con l’avanzata di Isis - giunto a Palmira, 210 km della capitale - ma anche con quella dell’Esercito della Conquista, la coalizione di ribelli sostenuti da Turchia, Qatar e sauditi, che in aprile ha catturato la provincia di Iblib.

Questi motivi hanno spinto il ministro della Difesa siriano, Fahd Jassem al-Freij, a recarsi a Teheran per chiedere l’invio di reparti di terra. «L’Iran sta costruendo uno Stato dentro lo Stato in Siria come polizza di assicurazione sul dopo-Assad» spiega Charles Lister, analista del Brookings Doha Center in Qatar, secondo cui il crollo del regime portebbe ad un mini-Stato Hezbollah, la milizia libanese che ha 5000 combattenti in Siria e non ha mai perso una battaglia con Isis.

Che si tratti di dover coordinare le milizie sciite irachene o di sostenere il traballante esercito siriano, a decidere con quali risorse e metodi farlo è Qassem Soleimani, il leader della forza Al Quds dei guardiani della rivoluzione che dal 1998 è dietro ogni fazione alleata di Teheran in Medio Oriente. È lui ad aver creato l’«Asse della resistenza» sciita e non lo cela. Quando nel 2007 il comandante americano David Petraeus gli rendeva la vita difficile in Iraq, reagì inviandogli un sms sul cellulare: «Dovrebbe sapere che sono io a guidare la politica iraniana in Iraq, Libano, Gaza e Afghanistan, l’ambasciatore a Baghdad è un mio uomo e anche il prossimo lo sarà». Come dire, qui comando io.

Il generale Suleimani
Se allora Suleimani si muoveva di nascosto, oggi le sue foto a fianco dei miliziani, dentro e fuori Baghdad, dilagano sul web perché vuole far sapere al Califfo che, in ultima istanza, il duello è con lui. A intuire quanto matura è la Casa Bianca che con il portavoce Josh Earnest dice: «Siamo molto preoccupati per la cattura di Palmira da parte di Isis, vi saranno sfide difficili».

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio: "Camion-bomba e unità mobili: così avanza il Califfato"

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Guido Olimpio

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Terroristi dello Stato Islamico

Ramadi e Palmira, due teatri diversi. Il doppio successo dell’Isis in Iraq e in Siria nell’arco di una settimana conferma l’abilità bellica e l’inconsistenza dei suoi avversari locali. Con l’eccezione dei curdi, gli unici a strappare porzioni consistenti di territorio ai jihadisti, specie nel nord-est siriano. L’Isis punta sulla mobilità delle sue unità, che si disperdono e si concentrano in vista degli attacchi. Questo per ridurre l’impatto dei raid. Quindi i jihadisti impiegano tattiche che, pur con varianti, sono quasi sempre simili. Intanto le manovre diversive, con le quali costringono il nemico a spostarsi su falsi target. È avvenuto anche a Ramadi. Quindi arriva la spallata affidata ai veicoli bomba usati in quantità. Per distruggere le difese del capoluogo iracheno ne hanno usati una trentina. Tra questi: bulldozer blindati riempiti d’esplosivo, camion corazzati imbottiti di fertilizzante e proiettili d’artiglieria. Non chili ma tonnellate di «miscela» devastante. Mezzi affidati ai kamikaze. Il Pentagono sostiene che in questo modo hanno spazzato via interi isolati e demoralizzato i difensori.

Gli Usa stanno inviando mille sistemi anti tank AT4 promessi in aprile: razzi che dovrebbero fermare la corsa dei veicoli bomba. Solo che servivano prima. Il movimento ha infiltrato combattenti travestiti da soldati, ha usato i mezzi conquistati all’esercito, ha attivato cellule presenti da tempo dietro le linee. Nulla di nuovo. Anche durante la campagna d’estate è ricorso alla quinta colonna che ha colpito in modo preventivo. Molti ufficiali sono stati assassinati, altri sono scomparsi. Una guerra psicologica logorante su un dispositivo già debole. A Ramadi le forze locali non avevano pezzi di ricambio, hanno atteso invano rinforzi, non c’era alcun coordinamento. Dinamismo e determinazione, unita alla capacità dei «colonnelli», hanno permesso a Isis di tenere testa anche a forze superiori in numero.

Lo si è visto a Tikrit e Baiji. Così come hanno sfruttato le divisioni etniche — anche a Palmira — per portare dalla propria parte clan tribali e altri gruppi armati. Nell’antica città ha giocato anche il fattore sorpresa: i governativi non erano preparati, si sono ritirati. Lasciando, forse, enormi depositi d’armi che alimenteranno l’arsenale islamista. In questo modo, l’Isis potrà fare scorta e sostituire mezzi che non sarebbe in grado «mantenere» per poi puntare su assi stradali che portano alle più importanti città della Siria e legano questo scacchiere a quello iracheno. Una risposta a quanti hanno ipotizzato che alla lunga l’Isis non sarebbe riuscito ad avere un pieno controllo su un’area estesa. Il Califfo, per ora, è in marcia .

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