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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/05/2015, a pag. 13, con i titoli "L'Isis minaccia Baghdad, in campo le milizie sciite" e "Reclute fantasma, odi settari: buttati 60 miliardi in dieci anni", due servizi di Maurizio Molinari; dalla REPUBBLICA, a apg. 17, con il titolo "La conquista di Damasco è il vero nodo della partita", l'analisi di Gilles Kepel. Ecco gli articoli: LA STAMPA - Maurizio Molinari: "L'Isis minaccia Baghdad, in campo le milizie sciite"
La caduta di Ramadi consente al Califfo di minacciare Baghdad e per evitare il peggio il governo iracheno affida il tentativo di riconquista della città alle milizie sciite addestrate dall’Iran. LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Reclute fantasma, odi settari: buttati 60 miliardi in dieci anni "
Costruite da americani e britannici con un spesa di 25 miliardi dollari in dieci anni, che diventano 60 miliardi considerando anche la costruzione di infrastrutture, le forze armate irachene si sono sciolte come neve al sole nel giugno del 2014 davanti all’offensiva dei jihadisti di Isis che portò alla cattura di Mosul. Ed ora sono tornate a fuggire a Ramadi, davanti all’avanzata degli stessi avversari. LA REPUBBLICA - Gilles Kepel: "La conquista di Damasco è il vero nodo della partita"
La rapida offensiva delle diverse componenti dell’opposizione sunnita siriana, rivali fra loro, ai danni del regime di Bashar al-Assad, apre la prospettive di far cadere Damasco prima della fine di giugno, data entro la quale dovrebbe concludersi il negoziato nucleare fra Iran e Occidente. La caduta di Assad - o almeno la conquista della sua capitale – sarebbe un disastro per l’Iran: Damasco è per Teheran un alleato fondamentale e un pilastro della sua sicurezza, considerando che il legame con Hezbollah gli permette di fare pressione su Israele. Conquistare Damasco sarebbe una vittoria militare, politica e psicologica per gli stati del Golfo guidati dall’Arabia Saudita che vivono nell’angoscia di un Iran capace di dominare il Golfo Persico contro i loro interessi. Nella capitale diverse cose confermano che il regime è stanco: il sanguinoso regolamento di conti fra i capi della sicurezza - alcuni morti assassinati, altri imprigionati - la dice lunga sulla crisi all’apice del governo. In questo contesto il peso dell’Iran, che oggi a Damasco ha un’importanza straordinaria, scontenta molti ufficiali siriani, che si sentono governati da una potenza straniera. Il problema è capire, se la città cade, chi sarà il vincitore: se l’Is o la nuova “Armata della Conquista”, Jaish al-Fatah, raggruppamento islamista finanziato e armato da Arabia Saudita, Turchia e Qatar, che raccoglie anche Fratelli musulmani e il braccio siriano di Al Qaeda, il fronte al-Nusra. I tre si sono impegnati a sorvolare sulle loro rivalità reciproche e sostenere questa nuova coalizione perché vorrebbero essere più veloci dell’Is. Nella dottrina islamica e nell’escatologia la caduta di Damasco è infatti equiparata a una virtù apocalittica. I musulmani pii sono infatti convinti che permetterà all’Islam di conquistare il mondo. Per lo Stato Islamico rappresenta un beneficio politico enorme che lo trasformerebbe nel principale rivale dell’Arabia Saudita nel dominio del mondo sunnita. Lo Stato Islamico nel frattempo ha lanciato un’offensiva su Palmira: da cui sta per essere respinto dall’esercito di Assad. Vittoria che a Damasco potrebbe costare: ha infatti sguarnito il fronte Nord permettendo all’“Armata della Conquista” di guadagnare altri territori, fino a minacciare la costa siriana dove risiedono gli alauiti, setta sciita cui appartengono la maggior parte dei dirigenti del regime. In questo contesto è chiaro che l’Iran metterà tutte le sue forze nella battaglia per impedire la caduta di Damasco: bisognerà dunque attendersi un terribile aumento della violenza che andrà avanti fin quando il rapporto di forza fra clan sunnita sostenuto dall’Arabia Saudita e quello sciita sostenuto dall’Iran riusciranno a stabilizzarsi in Medio Oriente. Stando così la questione non si capisce come le grandi potenze – Stati Uniti, Europa, Russia - possano disinteressarsi di questo annunciato parossismo della violenza, che rischia di estendersi a tutta la regione e minacciare il mercato del gas e del petrolio. La palla oggi si trova a Washington, Bruxelles, Mosca, lì dove ciascuno di questi paesi rifiuta d’impegnare truppe in Medio Oriente. La difficoltà è dunque reintegrare l’Iran nella comunità internazionale senza alienarsi l’Arabia saudita e i suoi alleati sunniti. E non può accadere senza che ci siano garanzie credibili, fornite dall’Occidente e da Mosca, a Teheran e a Riad, impegnate fino alla firma dell’accordo fra l’Iran e i 5+1 in un rilancio continuo. Ancora una volta vittime saranno le popolazioni civili siriane che rischiano di andare nuovamente ad ingrossare il numero dei rifugiati disperati che cercano in ogni modo di raggiungere l’Europa attraverso Lampedusa. Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare: lettere@lastampa.it rubrica.lettere@repubblica.it |
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