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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Sole 24 Ore - Il Manifesto - Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.01.2015 E' guerra contro il terrorismo, non una faida
La disinformazione di Ugo Tramballi e del Manifesto; Francesco Battistini intervista Luciano Portolano, comandante delle forze Unifil nel Libano del Sud

Testata:Il Sole 24 Ore - Il Manifesto - Corriere della Sera
Autore: Ugo Tramballi - Francesco Battistini
Titolo: «Un nuovo conflitto avrebbe conseguenze inimmaginabili - Unifil protesta per l' 'errore di mira'»

Riprendiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 29/01/2015, a pag. 16, con il titolo "Un nuovo conflitto avrebbe conseguenze inimmaginabili", l'analisi di Ugo Tramballi; segue un nostro commento a un titolo del MANIFESTO a pag. 1 e all'articolo di Michele Giorgio a pag. 9; dal CORRIERE della SERA, con il titolo "Unifil protesta per l' 'errore di mira' ", riprendiamo l'articolo di Francesco Battistini.


Le bandiere di Iran e Hezbollah: c'è il paese degli ayatollah dietro l'organizzazione terroristica sciita libanese che ieri ha ucciso due israeliani

Ecco gli articoli:

IL SOLE 24 ORE - Ugo Tramballi: "Un nuovo conflitto avrebbe conseguenze inimmaginabili"

L'analisi di Ugo Tramballi si fonda su un presupposto iniziale errato: la considerazione della guerra tra il terrorismo palestinese (in questo caso le milizie di Hezbollah) e Israele come una faida. Tramballi è molto lontano dal vero, dal momento che il conflitto è mosso unicamente dall'ostilità cieca del movimento terrorista islamo-fascista nei confronti dello Stato ebraico e dei suoi abitanti. La guerra in corso è la guerra dei terroristi sciiti di Hezbollah (dietro cui si staglia la minaccia dell'Iran, sempre più vicino all'arma nucleare) contro Israele, che si difende nei limiti del possibile.
Ma Ugo Tramballi si guarda bene dal definire Hezbollah un gruppo terroristico, e parla invece di "sciiti libanesi". Ecco invece alcune immagini che mostrano con chiarezza chi sono questi "militanti".
Continuiamo a chiederci come sia compatibile Tramballi con il giornale della Confindustria, ce lo chiediamo ogni volta, anche se la risposta la conosciamo già. Pecunia non olet, non puzzava sotto il nazismo e non puzza oggi con i petrodollari.


Ugo Tramballi

Nei dettagli è solo una faida senza fine. Sia gli israeliani che Hezbollah, gli uni colpendo gli altri, ogni volta possono dire di aver compiuto una vendetta: la settimana scorsa i primi avevano ucciso un capo hezbollah e un generale iraniano, ieri gli sciiti libanesi hanno colpito due soldati israeliani. Così da mesi, di risposta in risposta, in un conflitto tenuto sempre sotto traccia. Ma se si alza lo sguardo, alle spalle della faida c'è una regione il cui caos arriva fino alle terre controllate dall'Isis. E davanti a questa mischia, nell'immediato futuro, c'è il pericolo di un nuovo conflitto del quale non possiamo immaginare la potenzialità distruttiva né le conseguenze.

Israele e Hezbollah avevano interrotto la loro guerra nell'estate del 2006, limitandosi a sottoscrivere un fragile cessate il fuoco. La milizia sciita libanese era riuscita a lanciare su Israele migliaia di razzi e gli israeliani avevano raso al suolo l'intero Libano del Sud, provocando seri danni alle strutture del Paese anche più a Nord. Il bilancio delle perdite dell'una e dell'altra parte fu pesantissimo. Ma le conseguenze rimasero circoscritte all'instabilità del Libano e del governo israeliano che perse consensi interni, in seguito agli errori dello stato maggiore. Le guerre con il Libano non hanno mai portato fortuna ai leader israeliani.

Oggi, nove anni più tardi, la situazione è molto diversa. Non è più solo la faida fra israeliani e Hezbollah, con il resto dello sfortunato Libano che ne paga le spese. Dalla Libia all'Iraq si combattono molte guerre diverse ma con alcuni pericolosi denominatori comuni. Nel Sinai a Sud, sul Golan a Nord e forse ormai anche a Gaza, i qaedisti sono già ai confini d'Israele.

C'è la speranza che israeliani e Hezbollah abbiano interesse a restare dentro i limiti della faida: a Gerusalemme si vota fra un mese; nei Territori occupati i palestinesi stanno conducendo un'Intifada minore ma pericolosa; fino ad ora Israele ha sempre tenuto le distanze dal caos siriano nel quale sarebbe fagocitato da una nuova guerra nel Libano Sud. Hezbollah già combatte in Siria e Iraq: sta consumando uomini e risorse materiali. La sopravvivenza del regime siriano è vitale per gli sciti libanesi, la guerra a Israele per ora no. Ma gli animi sono eccitati e l'ostilità è profonda.

Negli altri sanguinosi conflitti mediorientali l'Italia si è sempre responsabilmente chiesta se e come partecipare: se inviare una forza di pace in Libia; se limitarsi in Iraq a un aiuto militare e umanitario, senza partecipare ai bombardamenti delle postazioni dell'Isis. In Libano non esistono dubbi di questo genere: abbiamo già sul campo una forza di 1.200 donne e uomini inquadrati nell'Unifil, i caschi blu dell'Onu incaricati di tenere separati israeliani e palestinesi. Anche il comandante dell'intera forza Unifil - meno di 13mila uomini di 36 Paesi, impiegati in varie forme - è un parà italiano, il generale Luciano Portolano. Se israeliani e Hezbollah decidessero di riprendere la loro guerra, nessuna forza potrebbe fermarli.

IL MANIFESTO titola in prima pagina: "Israele/Hezbollah: duro scambio di colpi, muore un casco blu spagnolo": non si fa cenno dell'attacco terroristico di Hezbollah in Israele, costato la vita di due soldati e il ferimento di altri sette. Non male per un giornale che si richiama allo slogan "restiamo umani" !
  Nelle pagine interne del quotidiano comunista, il solito articolo di Michele Giorgio, che non riportiamo, disinforma sull'attacco di ieri rovesciando - come di consueto - la realtà dei fatti.
In evidenza la frase di Giorgio: "Israele bombarda subito e uccide casco blu spagnolo dell'Onu". Israele, che ieri mattina ha subito un attacco terroristico, per Il Manifesto diventa l'aggressore: "bombarda", e lo fa "subito" - così da togliere al lettore ogni residuo di dubbio sulla presunta natura militarista e aggressiva dello Stato ebraico. Ma c'è di più: Israele "uccide".
Una volta di più, Il Manifesto si dimostra l'erede della propaganda goebbelsiana, ancora una volta Il Manifesto soffia sul fuoco mai sopito dell'ostilità per gli ebrei.

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini: "Unifil protesta per l' 'errore di mira' "

Un titolo ambiguo, l'Unifil protesta solo per la morte del sodato spagnolo ? dei due morti israeliani niente da dire ? Che ci sta a fare l' Unifil ?


Francesco Battistini   Luciano Portolano

Perché voi israeliani non state più attenti, se dovete rispondere agli Hezbollah? E perché voi dell'Onu non controllate i missili che gli Hezbollah vi piazzano sotto il naso? Quando si telefonano tra Naqoura e Tel Aviv, fra il comando delle forze onusiane in Libano e i generali all'ombra delle Azrieli Towers, le domande sono sempre le stesse; le risposte, regolarmente evasive; i toni, spesso duri.

È andata così anche ieri: raccomandando «massima moderazione», il generale Luciano Portolano ha in realtà preteso chiarimenti sulla morte di Francisco Toledo, l'ufficiale spagnolo ucciso da un mortaio israeliano. Un errore di mira, chiaro: c'era da reagire agli scilti che avevano appena ammazzato due soldati di Tsahal. «L'ennesimo episodio che innervosisce tutti, dice un diplomatico italiano: questa missione sta nell'area più calda, a due passi dalla Siria, con un mandato limitatissimo. E l'ordine è di voltarsi dall'altra parte».

L'aria a sud del Libano si rifà pesante e la missione Unifil — 10mila caschi blu di 37 Paesi, 1.100 italiani, il comando per la terza volta a un nostro generale - si ritrova con la solita coperta leggera della risoluzione 1701 approvata dopo la guerra del 2006: vigilare, supportare, se proprio va male scappare. L'escalation preoccupa, anche se i razzi degli sciiti erano tutto meno che inattesi: a metà gennaio, dopo l'esecuzione del superpasdaran che addestrava gli Hezbollah, il grado d'allerta è stato elevato. Ogni mese, Portolano incontra ufficiali libanesi e israeliani perché «teniamo aperti tutti i canali».

Poi però c'è un patto non scritto fra noi e gli Hezbollah: «Loro sanno che devono lasciarci stare - rivela una fonte italiana -. Infatti non ci attaccano mai direttamente: quando ci sono state le auto-bombe, erano di gruppi sunniti che volevano visibilità. I problemi li abbiamo di più con gl'israeliani . I quali non hanno mai risparmiato critiche alla missione: «Hezbollah viola ogni giorno la risoluzione Onu - ha ripetuto un alto ufficiale a Maariv - e lo fa sotto il naso di Unifil. Gli sciiti non possono avere armi in quell'area, eppure le hanno. Armi con le impronte digitali dell'Iran».

Fra razzi e mortai, il difficile equilibrio su cui si regge Unifil dovrebbe comunque durare: «Hezbollah non ha interesse a usare ora i Fajr che tiene sotto il Litani, a fare scoprire i tunnel che sarebbero stati scavati lungo il confine». E a due mesi dal voto, Netanyahu non può desiderare avventure rischiose. «I nuovi Fajr non sono i ferravecchi di Hamas» l'ha avvertito l'alto ufficiale: possono colpire ovunque e «Iron Dome non può intercettarli tutti». Gl'israeliani stanno già addestrando piccole unità rapide d'autodifesa.

Perché dal Libano ci si aspetta il peggio e dall'Onu non ci si aspetta niente: «Pur di non avere grane dagli Hezbollah - accusa la stampa israeliana - Ban Ki-moon ha prorogato fino al 2018 l'inchiesta sull'assassinio di Rafik Hariri, il presidente libanese». Dodici anni per non avere un colpevole. «E tutti sanno chi è stato».

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