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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale-La Stampa Rassegna Stampa
10.01.2015 Islam/la radice: Analisi
Fiamma Nirenstein-Maurizio Molinari-Domenico Quirico

Testata:Il Giornale-La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein-Maurizio Molinari-Domenico Quirico
Titolo: «Così la Francia si è scoperta Israele-I terroristi addestrati nello Yemen per portare la paura tra gli 'infedeli'-La globalità del nuovo islamismo»

Riprendiamo oggi, 10/01/2015, le analisi più rilevanti apparse sui quotidiani:

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Così la Francia si è scoperta Israele "


Fiamma Nirenstein

Cade la neve su Gerusalemme. Silenzio. Bianco. C'è un attimo di silenzio totale nell'istante subito dopo le esplosioni, è una beffa che dura un istante prima delle urla dei feriti e delle sirene delle ambulanze e della polizia. Ne abbiamo visto fino a contare circa duemilamorti. Adesso mentre qui è bianco, il silenzio è amico, si parla in casa di piccole cose (riscaldamento, elettricità) e il paradosso è enorme: lagenteguarda fissalatvperchèilterroresièrovesciato su Parigi. Guarda con ansia particolare, partecipata, quelle scene purtroppofamiliari senon si svolgessero tanto lontano: Israele soffre con Parigi e in diretta su tutti i canali, Netanyahu chiede se può mandare aiuto, con un ghigno di soddisfazione l'estremismo islamico che qui è sgradito compagno di strada adesso ha ridotto in ginocchio la Francia. Com'è possibile che accada a una città protetta dalla sua infinita bellezza e dalla sua storia, che fino ad oggi ha creduto di non potere umanamente essere messa in discussione? A differenza di Parigi, Gerusalemme ha sempre saputo di avere tanti nemici: le forze di polizia, l'esercito, il loro training, la noiosa procedura che fruga i cittadini ad ogni ingresso di un luogo pubblico, l'osservanza delle norme di sicurezza per cui ogni pacco abbandonato è in potenza una bomba, l'eroismo personale dimostrato dai guidatori di autobus come dai camerieri e dai commessi... insomma lo scudo di difesa di questo Paese ha fornito una certa grinta ai cittadini, non hanno dubbi che
sconfiggeranno il nemico nonostante la nuova era dei «lupi solitari».
Israele l'ha detto e ripetuto, ed ora è vero: se non si combatte il terrore, si moltiplicherà in tutto ilmondo. Parigi è stata colta alla sprovvista, un pò non sapeva, un pò non ha voluto sapere, i segnali e gli indizi c'erano:ma la guerra terrorista ha mostrato le zanne ancora di più di quanto non avesse già fatto nei pure immensi attentati di Madrid e di Londra. L'altissimo simbolismo degli obiettivi, un giornale che osava dire quello che pensava e un supermarket kasher, frequentato solo dalla comunità ebraica, assalito di venerdì sera quando le famiglie fanno gli acquisti per il santo Sabato, dice ai francesi per primi, che a seconda dello sviluppo del folle piano degli islamisti ciascuno può diventare carne da macello, una pietra miliare sulla strada del Califatto mondiale.
Parigi ieri cosa si è chiusa in casa: le strade di tradizione ebraica, il Marais, Rue de Rosiers, sono state chiuse dalla polizia ai turisti e al passaggio degli abitanti; intorno alla Porte de Vincennes, quartiere del supermercato Hypercosher non si vedeva un'anima. La città ha respirato quando si è saputo che tutti i rapitori, in ambeduegli attentati terroristi uccisi; ma il risultato non convince, resta la paura di che cosa accadrà la prossima volta, quattro morti innocenti dopo i dodici di mercoledì sono tanti, possono essere qualsiasi compratore al super. Come è potuto accadere che personaggi legati alla jihad islamica, che si conoscevano, che il giorno avanti avevano già ucciso, abbiano subito colpito di nuovo, come hanno potuto tenere in pugno una capitale del mondo... La città ha cominciato a segnalare bombe al Trocadero, alla Tour Eiffel, la polizia ha messo transenne ovunque, varie scuole sono state chiuse, le istituzioni ebraiche sono state piantonate tutte. Non vale molto che la maggiorparte delle strade fosse sorvegliata da parte di quegli 88mila uomini delle forze dell'ordine che lo Stato ha sfoderato. Altri quattro innocenti sono stati massacrati subito il giorno dopo Charlie Hebdo, la gente se lo ripete e sente che può capitare ancora, e sente che mancano le arm in questa guerra senza soluzione in vista. Chiese, stazioni, sinagoghe, treni. Tutto può essere il prossimo obiettivo, ma in particolare, gli ebrei sono attaccati dai musulmani estremisti, uno ad uno. Per loro, camminare per strada da tempo significa botte e insulti nella loro città, a Parigi. La comunità terrorizzata è perseguitata ormai da anni dagli attacchi dei musulmani estremisti che odiano e condannano a morte i «sionisti»: la prima orribile vicenda fu quella di Ilan Halimi, un ragazzo rapito, torturato per giorni al ritmo dei versi del Corano, gettato in fin di vita in una discarica. La polizia si rifiutò di esplorare la pista antisemita, che pure la madre di Halimi le indicava con sicurezza. Così Halimi è morto, e lo hanno seguito i bambini della scuola di Tolosa, uccisi da un jihadista francese.

La Stampa-Maurizio Molinari " I terroristi addestrati nello Yemen per portare la paura tra gli 'infedeli' "


Maurizio Molinari

 Creati da Osama bin Laden per far rinascere Al Qaeda dopo la sconfitta afghana, divenuti la cerniera fra i jihadisti del Golfo e dell'Africa, protetti dalle impervie montagne Mahfad fino al punto da dichiararsi Emirato: sono i campi di addestramento di «Al Qaeda in Yemen» dove Said Kouachi si reca nel 2011 per ricevere l'addestramento ad uccidere messo in mostra nel blitz di Parigi. Il franco-algerino Kouachi arriva in particolare a Shabwa, uno dei maggiori campi paramilitari, dove incontra l'imam Anwar Al-Awlaki che nel settembre di quell'anno viene eliminato dai droni americani. AlAwlaki è il leader jihadista yemenita che viene dal New Mexico, teorizzatore del ricorso ai musulmani occidentali per colpire i Paesi «infedeli». E' lui che nel 2009 spinge il maggiore dell'Us Army Nidal Malik Hasan a sparare sul commilitoni nella base texana di Fort Hood, facendo 13 vittime, e convince il nigeriano Umar Faruk Abdulmutallab a salire ad Amsterdam sul volo 253 della Northwest Airlines con l'esplosivo nelle mutande nel tentativo di farlo esplodere su Detroit. AlAwlaki forse ha già qualcosa in mente per Kouachi e se lo accoglie a Shabwa è perché è una zona sicura della sua «Al Qaeda in Yemen». E' uno dei campi meglio protetto e gestiti fra quelli creati da Al Qaeda, su mandato di Bin Laden, a partire dal 2006 nel tentativo di avere nuove roccaforti per sostituire quelle perdute in Afghanistan dopo il rovesciamento dei taleban da parte dell'intervento Usa. Bin Laden sceglie lo Yemen perché Abu Ali al-Hariti e Muhammad Hamdi al-Ahdal vi misero a segno l'attacco alla nave Usa USS Cole nel 2000 dimostrando di voler rivaleggiare con le cellule afghane. Nel 2006 entrambi sono stati uccisi dai droni Usa ma i loro eredi riescono a scappare dal carcere di Sanaa grazie ad una fuga spettacolare che umilia il governo locale e pone le basi per la nascita di «Al Qaeda in Yemen». Il primo campo sorge a Ja'ar, sulle montagne Abush, sul modello afghano, ha successo e nel 2009 viene creato il più grande Al-Majalah, sempre nel Sud, nel distretto di Mudiyah nella provincia di Abyan dove le tribù locali sostengono i jihadisti. E' ad Al-Majalah che Al-Awlaki mette in atto il piano di addestrare assieme volontari sauditi, yemeniti e somali. E' la genesi della convergenza operativa fra «AI Qaeda nella Penisola Arabica» e gli shaabab delle milizie islamiche che riescono ad assumere il controllo di Mogadiscio. «AI Qaeda in Yemen» diventa l'anello di congiunzione fra le cellule nel Golfo e quelle in Africa, che hanno nel Sahel e nel Maghreb le basi più importanti. Ma l'ambizione di Al-Awlaki resta portare la morte sul territorio del nemico e per coronarla si affida a Hassan AlAsiri, l'ingegnere dei microesplosivi ad alto potenziale che inventa come inserirli dentro le cavità umane, nelle protesi al silicone, nelle mutande o nei pacchi spediti per FedEx obbligando l'antiterrorismo a ridisegnare la difesa di aerei e passeggeri. La risposta degli Stati Uniti sono i raid con i droni - oltre cento a partire dal 2002 - che Obama intensifica, riuscendo a distruggere molti campi ed eliminare quasi tutti i leader - a cominciare da Al-Alwaki - ma l'intesa fra jihadisti e tribù nel Sud Yemen è talmente solida da portare alla moltiplicazione dei centri di addestramento, questa volta sulle montagne Mahfad nel Sud ed anche nella provincia di Hadhramaut, nell'Est, dove nel 2012 viene proclamata la nascita di un «Emirato» qaedista che più offensive governative non riescono a smantellare. Consentendo agli eredi di Al-Awlaki si ipotizzare il distacco da Sanaa se il governo dovesse accordarsi con gli sciiti Houti, acerrimi nemici. E' a questa anima della Jihad che Kouachi pensava quando ad una vittima ha detto: «Sono Al Qaeda in Yemen».

La Stampa-Domenico Quirico: " La globalità del nuovo islamismo "


Domenico Quirico

Nei jihadisti che ho conosciuto, platealmente feroci o ipocritamente machiavellici, c'era un elemento comune: ciascuno di loro si sentiva la piccola parte di un tutto, e il tutto era visibilmente una parte di loro. E se fosse questa globali-ta, psicologica ma anche pratica, operativa, militare, il segreto della loro pestifera potenza, e quello che ci impedisce di capire? Il totalitarismo islamico è, nella sua essenza, senza confini. Li vuole distruggere i confini, le frontiere, le nazioni: un'unica ecumene, quella di Dio. Mentre noi occidentali, laudatori della globalizzazione, in realtà, penosamente, continuiamo a ragionare nei limiti dei vecchi confini nazionali: soprattutto quando sono i nostri. In fondo cosa pub legare il cuore di Parigi con una città di lamiera e capanne nel Nord della Nigeria e il deserto della Libia? Apparentemente nulla, se non qualche slogan «non c'è altro dio fuori che dio» che noi, autoproclamati sudditi della modernità ascoltiamo distrattamente e archiviamo come medioevali ed esotiche sopravvivenze. I boko haram annichiliscono intere città come nelle guerre assire? Ma quella è (Africa... La Libia è in pezzi,un emiro buccina fatwa omicide a Bengasi? Periferie desertiche, alla fine il dio petrolio riunirà tutti attorno a un assegno, pagato da noi... Un commando colpisce a Parigi? Una scaglia sciaguratamente immigrata della follia siriana. II «nostro» Islam resta acquattato sotto la giacobina uniformità francese, largamente maggioritario, tollerante e tollerato. Bin Laden era una provvidenziale semplificazione. Comandava già il terrore diffuso, non più localistico. Un Serpente terribile e velenoso, macchinante continue vendette. Ma bastava tagliare una testa e il resto del corpo dopo una serie di frenetiche convulsioni, sarebbe morto. Un assolutismo criminale che poteva avere  mediocri epigoni, non eredi. Oggi l'Internazionale islamista non ha testa, al Baghdadi è soltanto un nome, la pedina di una globalità. La Bestia non è più il serpente che esiste in natura, è il Leviatano, l'idra che rinasce ad ogni testa mozzata, si ricostruisce per partenogenesi. Il commando francese è annientato? Un altro colpirà, senza ricevere ordini, come in una catena di montaggio. Qualche forza militare al servizio dell'Occidente, curdi, sciiti, nigeriani, kenioti, riconquista zone di territorio piegate alla Sharia? La ribellione globale in nome del califfo si reinfiamma in un'altra parte del mondo, non hanno fine le terre del jihad. E' il fochismo guevarista convertito al teologico, un ingranaggio che si autoalimenta, inghiotte come un combustibile soldati martiri vittime... Non ci sono gerarchie, parole d'ordine, tutti sanno per cosa si battono: allargare la terra della sharia, riconquistare terreno alla vera fede, disarticolare il mondo di apostati e empi. Non c'è nessuno che da Mosul o da Raqqa ha inviato un messaggio in codice, via internet, ai killer di Parigi o ha ordinato al capo dei boko haram di dar fuoco a una città. La intuizione «politica» della ricostruzione del Califfato ha trasformato, con la predica di uno sconosciuto ribelle iracheno nella moschea di Mosul, i fanatismi di migliaia di singoli e una manciata di insurrezioni tribali in un Tutto: le ferite che ciascuno riesce a infliggere allargano lo squarcio, la smagliatura, un colpo dopo l'altro arriveremo ad essere assediati nelle nostre città. E' come se negli Anni Trenta il Comintern della rivoluzione permanente si fosse affrancato dalla dispotica centrale moscovita, muovendosi come un corpo autonomo. Solo se riusciamo a leggere il nuovo islamismo nella globalità riusciremo a capire la minaccia. Il califfato è un libro di ferro, squadrato, atroce, un libro che nessuno leggerebbe volentieri, ma i cui capitoli sono collegati. Per noi invece la terribile strage di Parigi è un attacco alla civiltà universale, il massacro nigeriano un episodio di una remota guerra locale, l'assassinio di due giornalisti tunisini cronaca nera sahariana... I governi occidentali sono certi di controllare tutto: con i satelliti i servizi di sicurezza, la tecnologia. Invece il califfato muove migliaia di uomini da un continente all'altro con armi piani informazioni senza che nessuno riesca a fermarli: forma reggimenti in Siria Iraq Libia e commandos sulle rive della Senna. Ammettiamolo: non conosciamo chi ci sta di fronte, le nostre onnipotente sono fittizie. Se prendete la metropolitana in boulevard Saint-Germain arrivate direttamente nel califfato: sì, ci sono città intere attorno alla capitale francese che vivono in un altro universo, dove si possono comprare armi da guerra, avere più mogli, ascoltare, non su internet, dal vivo, le prediche di ossessi, come nelle madrase afghane o della Arabia salafita. I ragazzi di banlieue hanno cominciato a partire per la guerra santa quando si combatteva contro Bush, in Iraq . Allora la prospettiva era il martirio, oggi si battono per il califfato «che sarà più grande della Francia». Sanno che un giorno i bravi musulmani moderati e pazienti a cui noi chiediamo di isolare il fanatismo accetteranno le loro regole, per paura o per comodo, con la stessa obbedienza con cui hanno *** accettato le regole dei tiranni «laicisti», dei bizzosi sultani e dei pascià della loro storia immemorabile. «Al sabr gamil» la pazienza è bella, un proverbio arabo. «L'Islam è una grazia, cristiano - mi ha detto un capo jihadista di cui ero prigioniero - vi illudete che abbiamo bisogno delle vostre porcherie per vivere, che siamo ormai deboli e obbedienti... ti racconto una storia: c'era nel deserto un cucciolo di leone che era cresciuto tra le pecore e il cucciolo pensava di essere una pecora anche lui, e belava e scappava di fronte ai cani. Poi un giorno un leone passò di h e gli mostrò il riflesso in una pozza d'acqua e scoprì ciò che era davvero. Cominciò a ruggire. I cani fuggirono. Ecco: noi siamo musulmani non pecore, non dimenticarlo più, ci avete umiliato e sfruttato per secoli. E' finita».

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