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La Repubblica-Il Giornale Rassegna Stampa
20.09.2014 Guerra all' Isis: incompleta e disorganizzata
Articoli di Arturo Zampaglione, Gian Micalessin

Testata:La Repubblica-Il Giornale
Autore: Arturo Zampaglione-Gian Micalessin
Titolo: «Iraq, primi raid francesi contro l'Isis-Peggio che in Libia, a questa guerra manca una strategia»

A che punto è la guerra all'Isis ? IC pubblica oggi l'analisi di Mordechai Kedar, una interpretazione che permette di conoscere le realtà tribali del mondo islamico mediorientale.
Ecco il link: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=55339  
Riprendiamo oggi, 20/09/2014, da REPUBBLICA e dal GIORNALE gli articolo di Arturo Zampaglione e Gian Micalessin.

La Repubblica-Arturo Zampaglione: " Iraq, primi raid francesi contro l'Isis"


Arturo Zampaglione        Coalizione anti-Isis

NEW YORK - Assistiti da un aereo di ricognizione e uno per il rifornimento in volo, due jet Rafale hanno condotto ieri quattro raid vicino a Mosul, distruggendo un deposito di armi e carburante dell'Is. La Francia di François Hollande è stata così il primo Paese europeo che ha cominciato ad affiancare l'azione militare degli Stati Uniti per distruggere i jihadisti dello Stato Islamico. Barack Obama se ne è rallegrato: l'intervento di Parigi , che nel passato si rifiutò sdegnosamente di partecipare alla guerra di George Bush contro Saddam Hussein, aiuterà la Casa Bianca che si trova in una posizione difficile. Da un lato, infatti, il presidente è in rotta di collisione con i suoi generali, che lo accusano di aver escluso l'intervento di truppe di terra, mentre potrebbero rivelarsi essenziali, più in là, per sconfiggere definitivamente il Califfato. Da un altro lato, dopo un sostegno iniziale, l'opinione pubblica americana appare nervosa e sempre più scettica per questa ennesima guerra del Pentagono. L'Italia non ha alcuna intenzione, per il momento, di seguire l'esempio francese di un coinvolgimento militare diretto. Il nostro contributo alla coalizione si baserà, come nelle settimane scorse, su interventi di natura umanitaria e sulla fornitura di armi e munizioni ai curdi», ha chiarito il ministro degli Esteri Federica Mogherini, che ieri ha partecipato a un consiglio di sicurezza sull'Iraq e che resterà a New York tutta la settimana prossima per l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove parlerà anche il premier Matteo Renzi. «L'Italia — ha continuato la Mogherini — ha dato la disponibilità per l'addestramento di truppe irachene, per il sostegno logistico e i rifornimenti in volo, ma non per le azioni militari». Convocata dal segretario di stato John Kerry ( gli Stati Uniti hanno a settembre la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza ), la riunione di ieri sera al Palazzo di vetro doveva servire a discutere della situazione ( ieri ci sono stati altri attacchi dell'Is contro i villaggi curdi ) e ad allargare e consolidare la coalizione internazionale. »Tutti hanno un ruolo per distruggere l'Is, anche l'Iran», ha detto Kerry. "Dobbiamo evitare che la propaganda dei jihadisti la consideri un'offensiva del solo Occidente», ha detto la Mogherini, fornendo, nel suo discorso all'Onu, un quadro del contributo italiano alla coalizione e insistendo sulla necessità di un'azione in Iraq anche sul piano politico. E proprio in questa ottica, la Mogherini ha incontrato nella serata di ieri i due rappresentanti del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon per l'iraq (Nickolay Mladenov) e per la Siria ( Steffan de Mistura ). «L'Italia ha chiesto un approccio integrato per i due Paesi», ha osservato il ministro, mentre il Fronte al Nusra, affiliato di Al Qaeda in Siria, su Twitter ha rivendicato l'uccisione di uno dei soldati libanesi in ostaggio come «prima vittima dell'instransigenza dell'esercito libanese».

Il Giornale-Gian Micalessin:" Peggio che in Libia, a questa guerra manca una strategia"

Gian Micalessin

 E' iniziata la guerra, ma nessuno se n'è accorto. Non c'è da sorprendersi. La guerra all'Isis o allo Stato Islamico è, per ora, solo una messa in scena. Nella rappresentazione si è calata ieri anche la Francia di Hollande mandando i suoi Mirage Rafale a bombardare un deposito logistico dei miliziani jihadisti. Ma questo non è un passo avanti. Anzi è un passo indietro. Un balzo a ritroso che ricorda il caotico avvio della guerra al Colonnello Gheddafi. Anche allora Parigi e Washington si mossero in ordine sparso, senza neppure organizzare un comando unico. Se non ricordate com'è finita date un'occhiata alla Libia di oggi, trasformata in un Paese senza legge alla mercé delle milizie jihadiste e dei trafficanti di uomini. In Iraq e in Siria la prosecuzione di un conflitto decerebrato, privo cioè di un comandante riconosciuto e di una politica e di una strategia condivisa dai vari membri della coalizione, rischia di provocare danni molto peggiori. Incominciamo dai bombardamenti. Nell'immaginario di chi li guarda dall'alto le bombe della coalizione colpiscono i centri dei terroristi. Nella realtà di chi sta sotto quelle bombe colpiscono villaggi e città abitate dai sunniti iracheni, ovvero dalle tribù considerate dall'Isisil proprio patrimonio umano. O, per dirla con Mao, l'acqua in cui Abu BagrAl Baghdadi e i suoi nuotano come pesci. Nel 2007 quando avviò l'offensiva destinata a concludersi con la sconfitta di Al Qaida Iraq (diretto predecessore dell'Isis) il generale americano David Petraeus intraprese, prima di tutto, una politica di reintegrazione nel tessuto iracheno delle tribù sunnite . Oggi di quelle politiche non esiste neppure l'ombra. Quelle bombe rischiano quindi di rivelarsi inutili. 0 addirittura dannose se spingeranno altri sunniti dalla parte dell'Isis. Consapevole della svista Washington fa intendere, proprio in queste ore, di aver avviato i primi contatti con i capi sunniti moderati. Ricordarsene dopo aver già iniziato i bombardamenti e dopo averli abbandonati al proprio destino per oltre quattro anni non sembra però una grande idea. Il vero buco nero è però la Siria. La storiella dei 50 milioni di dollari, stanziati ieri dal Senato e destinati ad addestrare ed armare 5400 ribelli moderati in grado di contrapporsi sia all'Isis, sia al regime di Bashar Assad sembra quella delle lettere a Babbo Natale. I bimbi le scrivono, ma lui non esiste. Anche quei fondi sono, per ora, destinati ad una entità fiabesca. Sul fronte ribelle, oltre all'Isis e alla formazione yidistadi Jabat Al Nusra, suo grande nemico e awersario, esiste solo un alleanza di formazioni wahabite finanziate e armate dall'Arabia Saudita. Ma definirle moderate visto che nel nome della jihad commettono le stesse atrocità perpetrate su scala più vasta da Isis e Al Nusra, è una pericolosa ipocrisia. Dunque su quel fronte siriano dove il Califfato detiene e decapita gli ostaggi, si finanzia con il petrolio dei pozzi conquistati e controlla una sorta di stato parallelo, Obama non ha per ora alleati. E non ha neppure alcun concreto accordo con la Russia, con l'Iran e con le milizie di Hezbollah, i tre grandi compagni di Bashar Assad nella guerra all'Isis. Dunque se pensate che vi sia sfuggito qualcosa non preoccupatevi. In verità non è iniziato un bel niente. Quello a cui assistete è solo l'ennesimo brutto film. E rischia di regalarci un altro pessimo finale.

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