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La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
18.08.2014 Matrimonio tra un arabo e un'ebrea israeliana: uno stupore che rivela il pregiudizio
Cronache di Alberto Flores D' Arcais e Francesca Paci

Testata:La Repubblica - La Stampa
Autore: Alberto Flores D'Arcais - Francesca Paci
Titolo: «Romeo e Giulietta nozze sotto assedio ai tempi di Gaza - Israele, nozze arabo-ebrea. Schierate le forze speciali»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 18/08/2014, a pag. 8, l'articolo di Alberto Flores D'Arcais dal titolo "Romeo e Giulietta nozze sotto assedio ai tempi di Gaza" e dalla STAMPA, a pag. 15, l'articolo di Francesca Paci dal titolo  "Israele, nozze arabo-ebrea. Schierate le forze speciali".

Ci stupiamo dello stupore che ha generato questo matrimonio tra due israeliani - lui arabo e lei ebrea. Non dovrebbe essere così per chiunque conosca la realtà di Israele. Gli arabi israeliani - circa il 20% della popolazione - sono israeliani a pieno titolo, come altri cittadini di Israele di altra fede o etnia: cristiani, drusi, bahai, ecc.
Anche la conversione all' islam della sposa è una scelta individuale che la legge israeliana rispetta e tutela come tale (mentre per l'islam la conversione a un'altre fede è proibita).
Lo stupore denota quanto le radici del pregiudizio verso lo Stato di Israele siano profonde.
Bene ha fatto Flores D'Arcais  a citare nel suo articolo la dichiarazione del presidente dello Stato Reuven Rivlin.
Il dissenso, in ogni democrazia, è sinonimo di libertà, per questo deve potersi esprimere, anche quando, come in questo caso, è espressione negativa, giustamente stigmatizzata da Rivlin, senza però che questo comporti l'imposizione del silenzio (diverso sarebbe il discorso, naturalmente, per le minacce di morte di cui scrive Francesca Paci, ma di cui non c'è traccia nella ricostruzione di Flores D'Arcais).

Dispiace vedere, d'altro canto, come nel pezzo di Francesca Paci manchi la citazione del Presidente dello Stato d'Israele, essenziale per capire il rispetto dei diritti civili garantiti a tutti dallo Stato ebraico.

Di seguito, gli articoli:


Il matrimonio di Morel Malka e Mahmud Mansour


Reuven Rivlin

LA REPUBBLICA - Alberto Flores D'Arcais: " Romeo e Giulietta nozze sotto assedio ai tempi di Gaza"


Alberto Flores D'Arcais

C’ è voluto un giudice di buon senso, ma alla fine il sospirato matrimonio s’è fatto: con chi voleva impedirlo che urlava slogan a duecento metri di distanza e gli sposi (con familiari ed amici) difesi da trentatre robuste guardie armate. Con un post su Facebook del presidente di Israele. E con decine di poliziotti nelle vicinanze, a controllare che tutto filasse liscio.
Finisce felicemente (per il momento) la storia d’amore di Morel e Mahmud, promessi sposi al tempo del conflitto di Gaza. Lei ebrea, 23 anni, un padre severo e uno spirito ribelle, lui, 26 anni, musulmano. Si erano conosciuti cinque anni fa ed era stato amore a prima vista. Tutti e due dell’area di Jaffa, pochi chilometri dal centro di Tel Aviv, non avevano mai avuto particolari problemi, a parte qualche borbottio del padre di lei, poco convinto del fidanzamento. Quando hanno annunciato che volevano sposarsi quel borbottio si è trasformato in diniego: «mai». Morel ha la testa dura, con l’appoggio (un po’ nascosto) della madre e degli altri parenti è andata dritta per la sua strada. Il matrimonio viene programmato per il 17 agosto, centinaia gli amici invitati, sulla rete un sito viene dedicato all’avvenimento.
E qui iniziano i guai. Perché anche i social network vengono controllati in ogni dettaglio dai militanti di Lehava, il gruppo di destra che ha come obiettivo quello di «bloccare i matrimoni misti nella Terra Santa». Che iniziano a postare su Facebook ultimatum e minacce. E a poco è servito che — proprio per evitare polemiche o scontri — i due promessi sposini non avessero voluto simboli religiosi e che la pagina web dedicata al matrimonio (con tanto di inviti e nomi di invitati) fosse imbellita solo da una citazione di un verso di Ariel Zilber: popolare cantautore israeliano settantenne di cui sono note le simpatie per l’estrema destra, il pieno appoggio ai coloni e i giudizi al vetriolo su omosessuali ed ebrei laici.
Quelli di Lehava non hanno abboccato. Organizzazione che ha avuto un momento di cefanno lebrità internazionale nel 2010 (quando scrissero una durissima lettera alla famosa modella israeliana Bar Refaeli, “colpevole” di essere fidanzata con Leonardo DiCaprio, intimandogli di lasciarlo) e i cui militanti da allora passano il proprio tempo a cercare possibili matrimoni tra ebrei e musulmani, pronti a scatenare una campagna intimidatoria per farli saltare. Come hanno fatto in questo caso, con minacce (pubbliche e private) non solo ai protagonisti e ai loro familiari più stretti ma anche alle centinaia di invitati. Prima sulla rete, poi con minacce telefoniche vere e proprie e infine con l’annuncio di una mobilitazione in grande stile davanti alla sala di Rishon LeZion dove è prevista la cerimonia: «Venite tutti con energia positiva e portate megafoni e clacson. Chiediamo alla nostra sorella di tornare a casa con noi, nella nazione ebraica che la sta aspettando». Nell’appello vengono riportati i numeri di telefono della sala matrimoni e si chiede di tempestare di telefonate i proprietari spiegandogli «che la loro reputazione sarà distrutta per sempre perché si sono resi complici di un matrimonio misto».
Morel Malka e Mahmud Mansour non si intimidire. Mentre il padre di lei grida ai quattro venti che non andrà al matrimonio (ricevendo il plauso di Lehava) loro si rivolgono al giudice. E Iriya Mordechai (un giudice donna del tribunale di Tel Aviv) pur costringendoli ad assoldare 33 guardie del corpo (al prezzo di 15mila shekel, più di 4mila dollari) stabilisce che le proteste sono legittime ma potranno svolgersi solo a duecento metri dalla sala della cerimonia. E lo sposo, alla vigilia, schernisce i contestatori: «In fondo è solo un party», visto che Morel si è convertita per amore all’Islam e i due sono già sposati davanti a un funzionario musulmano. Per Lehava ( e per il padre) quella conversione non ha invece alcun valore.
Ieri finalmente l’agognato “sì”. Con la benedizione di un personaggio di eccezione, il presidente di Israele Reuven Rivlin. Che nella sua pagina Facebook ha scritto: «Mahmud e Morel hanno deciso di sposarsi e di esercitare la propria libertà in un paese democratico. Nessuno è obbligato a dividere con loro la felicità ma tutti devono rispettarla. Violenza e razzismo non hanno posto nella società israeliana ».

LA STAMPA - Francesca Paci:  "Israele, nozze arabo-ebrea. Schierate le forze speciali "


Francesca Paci

Così vicini e così lontani israeliani e palestinesi forse non lo sono stati mai. E le ferite dell’ultima guerra rischiano di scavare un solco ancor più profondo tra due popoli condannati a convivere per non morire come i soldati nemici protagonisti del film «No Man’s Land». Ma le avverse condizioni geopolitiche non sono bastate a scoraggiare la 21enne ebrea Moral Malca e il 26enne musulmano Mahmud Mansur che ieri hanno coronato il loro sogno d’amore sposandosi in un quartiere di Tel Aviv blindato da 200 agenti antisommossa schierati per contenere la protesta di centinaia di estremisti della destra ebraica.
Moral e Mahmud si sono fidanzati 5 anni fa. Jaffa, il quartiere misto a Sud di Tel Aviv dove abitano entrambi, è un susseguirsi di locali trendy popolari tra i giovani israeliani e di tradizionali caffè arabi, la finestra sul mondo che potrebbe essere se il futuro avesse la meglio sul passato. A Jaffa le nozze di Mahmoud e Moral, che si è convertita all’Islam, sono state accompagnate da applausi e lanci di fiori e nessuno ha disturbato il servizio fotografico scattato ieri mattina sulla spiaggia che poi sarebbe la stessa di Gaza, lo stesso mare, come nel libro di Amos Oz.
Certo il padre della sposa, Yoram, non l’ha presa bene. Avrebbe voluto per la figlia la benedizione di un rabbino e fino all’ultimo ha tentato di dissuaderla. Ma la storia sarebbe finita lì, un piccolo dramma famigliare, se un gruppo della destra ebraica, Lehava, non avesse soffiato sul fuoco fino a convincere il ministero della sicurezza interna a proteggere il ricevimento nuziale allestito a Rishon le-Zion dalla manifestazione nel frattempo autorizzata da un tribunale di Tel Aviv. Così Moral e Mahmoud si sono ritrovati a brindare in una sala pattugliata dalla polizia a cavallo, isolati rispetto ai fanatici che li assediavano minacciandoli di morte ma non rispetto alla Tel Aviv in cui il giorno precedente migliaia di loro coetanei erano scesi in piazza per la pace.

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