giovedi` 25 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Repubblica - Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.08.2014 La Turchia elegge ancora l'islamista Erdogan
un altro passo fuori dall'Europa

Testata:La Repubblica - Corriere della Sera
Autore: Marco Ansaldo - Elisabetta Rosaspina
Titolo: «Trionfa Erdogan, il 'sultano' di Ankara - Un paese sempre più religioso e intollerante - 'Ma per noi donne sarà un passo indietro'»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 11/08/2014, a pag. 17, l'articolo di Marco Ansaldo dal titolo " Trionfa Erdogan, il 'sultano' di Ankara " e l'intervista di Marco Ansaldo al direttore del think tank Edam Sinan Ulgen, dal titolo " 'Un paese sempre più religioso e intollerante. Adesso è lui il numero uno senza rivali' ". Dal CORRIERE della SERA , a pag. 12, l'intervista di Elisabetta Rosaspina alla giornalista Beligin Alkatan, dal titolo " 'Ma per noi donne sarà un passo indietro' ".

In altra pagina di IC, la nostra critica a un editoriale di Antonio Ferrari, pubblicato dal CORRIERE della SERA, che scorge nell'autoritario Erdogan (così l'ha definito 'Le Monde') un possibile stabilizzatore del Medio Oriente:

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=54783

Di seguito, gli articoli:



Recep Tayyp Erdogan

LA REPUBBLICA
- Marco Ansaldo: "
Trionfa Erdogan, il 'sultano' di Ankara "


Marco Ansaldo

L'appellativo di sultano lo irrita. Ma ieri, dopo l’ennesima vittoria elettorale (l’ottava consecutiva, mai una sconfitta dal 2002), come i sovrani ottomani prima di assumere il potere, è andato a pregare. A Istanbul, nella moschea Eyup Sultan, tirata su per volontà di Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli. E Recep Tayyip Erdogan ha ora davvero conquistato la Turchia. Dopo 3 mandati elettorali come premier, adesso è il nuovo capo dello Stato, successore di Ataturk, con un consenso che lo ha visto sbaragliare gli avversari, e trionfare al primo turno con il 52 per cento, senza nemmeno andare al ballottaggio.
E come sempre, in serata, è apparso al balcone del partito, quello islamico conservatore da lui fondato, e circondato da moglie e figlie strette nel velo, ha fatto un discorso in apparenza non divisivo: «Oggi il popolo ha dimostrato la sua volontà alle urne. Ringrazio tutti, anche chi non mi ha votato. Ha vinto la democrazia. Stiamo chiudendo un’era, e ne apriamo un’altra. Ha vinto la Nuova Turchia. Le vecchie discussioni le lasciamo a quella vecchia. Lo dico con il cuore in mano: cominciamo un nuovo periodo di riconciliazione sociale. Quelli che dicono che sono un dittatore, che sono autoritario, devono guardare a dove è la Turchia oggi rispetto a 12 anni fa. Sarò il presidente del popolo».
E il Sultano, o il Dittatore, a seconda del fronte politico da cui lo si guarda, è in ogni caso il protagonista di una cavalcata politica invidiabile. Da sindaco di Istanbul, metropoli che contribuisce a far risorgere, a primo ministro impegnato nella candidatura della Turchia all’ingresso nell’Unione Europea, la prima fase di Erdogan conosce un percorso nettamente riformista. Nelle sue mani, la Turchia si trasforma e sorprende il mondo. L’Anatolia diventa il Far West dalle mille risorse, l’economia viaggia a ritmi di crescita superiori alla Cina, il potente esercito è ridotto a sola forza militare e non più politica, Ankara acquista nelle cancellerie un ruolo di potenza rampante. È qui, alla fine del primo decennio del 2000, che Erdogan si blocca. Sempre più insofferente alle critiche, con il pugno duro contro la stampa locale e straniera, viaggia spedito verso una deriva fatta di intolleranza e autoritarismo. Finisce per favorire le istanze più vicine alla religione, è accusato di corruzione, imbavaglia giornali e social network, reprime nel sangue la rivolta pacifica di Gezi Park, sposa la causa di Hamas e dei Fratelli musulmani, si inimica Europa, Israele e Stati Uniti.
Ma il suo potere interno è intatto. Il fiuto politico è straordinario. Il suo carisma nei confronti del popolo, che vede in lui non un esponente dell’elite, ma un uomo comune, della strada, da cui difatti proviene, lo premia a tutte le consultazioni, e anche alle delicate amministrative dello scorso marzo, portandolo ora in trionfo al palazzo presidenziale. E tuttavia, il suo successo allarma non solo l’opposizione laica, ma i leader occidentali che da tempo non lo amano più. A tutti, adesso, Erdogan dice di voler restare fino al 2023, centenario della Repubblica fondata da Mustafa Kemal, detto Ataturk, il padre dei turchi. Promette una “Nuova Turchia”, e di innalzarla entro 10 anni a decima potenza economica mondiale. Grandi incertezze, però, lo aspettano. A partire dall’ultima minaccia in tempo reale: quella dei jihadisti del Califfato islamico, che lui stesso ha lasciato liberi di scorrazzare al confine siriano per indebolire l’odiato Assad a Damasco, e dopo il Nord Iraq minacciano adesso di liberare Istanbul. Un boomerang, per il nuovo sultano, giusto dietro l’angolo.

LA REPUBBLICA - Marco Ansaldo: "
'Un paese sempre più religioso e intollerante. Adesso è lui il numero uno senza rivali "


Sinan Ulgen

Sinan Ulgen, ex diplomatico, oggi direttore del think tank Edam, come cambierà la Turchia con Erdogan ora incontrastato numero uno?
«La risposta dipende dalle elezioni generali del 2015, perché si vedrà se Erdogan sarà in grado di trasformare il Paese in una Repubblica presidenziale. Il risultato di ieri tutto sommato era abbastanza scontato. Ma il voto del prossimo anno sarà cruciale».
L’Europa teme che adesso la Turchia possa diventare più religiosa e intollerante. Qual è la sua analisi?
«Che certamente fa parte dell’agenda di Erdogan un Paese più conservatore, più religioso, più attento a temi come quello delle scuole per gli imam».
Ma in tutto questo l’opposizione di
destra e di sinistra non ha delle responsabilità?
«I loro partiti non hanno avuto un’azione efficace. Nè hanno saputo cogliere le difficoltà in cui è incappata la compagine di Erdogan lo scorso anno, dopo la rivolta di Gezi Park e le accuse di corruzione al governo».
Il prossimo premier al posto del leader sarà autonomo o Erdogan dipendente?
«Sarà di sicuro un fedelissimo, un premier malleabile».
Nomi?
«Il vice premier Mehmet Ali Sahin, il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, l’ex ministro Binali Yildirim».

CORRIERE della SERA - Elisabetta Rosaspina:  "
'Ma per noi donne sarà un passo indietro' "



Elisabetta Rosaspina


ISTANBUL — Un’Erdogan Republic ? Sarebbe meglio di no, grazie. Belgin Alkatan, che dalle colonne del quotidiano Hürriyet fustiga il maschilismo a tutti i livelli della società turca, è tutto sommato ottimista. Se l’è appena presa, nella sua rubrica, con un giudice che ha condannato una divorzianda tradita e malmenata a risarcire con 7 mila lire turche (circa 2.500 euro) il marito, insoddisfatto dalle sue doti di casalinga: «Meglio andarsene subito in Scandinavia» conclude amara la columnist.
Donne che ridono a crepapelle, a dispetto dei richiami del vice premier, giornaliste che non stanno «al loro posto» come vorrebbe il nuovo presidente: qualcosa sta cambiando?
«Oh, sì, qualcosa stava cambiando nella società turca, da 90 anni. Finché questo governo non è andato al potere e ha cominciato a riportare le cose indietro. La novità non è il cambiamento ma il tentativo di fermarlo. Come l’acqua, anche il mondo e la società turca, seguono il loro corso. Si cambierà, sì, speriamo in meglio».
Una Repubblica presidenziale frenerà le ambizioni femminili?
«Una Repubblica presidenziale no, ma una “Repubblica Erdogan” sicuramente sì. Anche se solo temporaneamente. Ci rimetteremo in piedi. Erdogan non sarà lì per sempre».
S’immagina un futuro presidente donna?
«Certamente! Ci sarà un giorno una donna al palazzo di Çankaya. Abbiamo donne in politica e abbiamo già avuto donne ministro, anche se non eccellenti. La strada per le posizioni ai vertici è aperta alle donne in Turchia. È soltanto questione di tempo».

Per esprimere la propria opinione a Repubblica e Corriere della Sera telefonare ai numeri seguenti oppure cliccare sulle e-mail sottostanti

La Repubblica: 06/49821

Corriere della Sera:02/62821


rubrica.lettere@repubblica.it
lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT