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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
02.02.2012 Egitto: l'inverno islamista e le sue catastrofiche conseguenze
analisi di Domenico Quirico, Pio Pompa

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Domenico Quirico - Pio Pompa
Titolo: «Gli inganni della rivoluzione - Servizi in allarme»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 02/02/2012, a pag. 1-39, l'articolo di Domenico Quirico dal titolo "Gli inganni della rivoluzione". Dal FOGLIO, a pag. 4, l'articolo di Pio Pompa dal titolo " Servizi in allarme ".

La STAMPA - Domenico Quirico : "Gli inganni della rivoluzione"


Domenico Quirico, Fratelli Musulmani, esercito egiziano

Un anno fa a Porto Said Mustafa Ragab fu il primo a morire sotto le fucilate dei poliziotti di Mubarak. Il primo martire della Primavera egiziana. Ieri altri morti, settanta, forse più, ma allo stadio, dopo una partita di calcio. Il tempo fa e il tempo disfa, anche le rivoluzioni.
Un anno fa in Egitto tutto era chiaro: da una parte i rivoluzionari, i giovani di piazza Tahrir, con le speranze la rabbia un tumulto di pure passioni. Dall’altra il tiranno Mubarak, che guizzava e lottava per restare al potere. Oggi tutto è confuso, sudicio, di sospetti provocazioni ambiguità. Così anche un folle tumulto legato a una partita di calcio si intinge di dubbi: forse il tifo criminale è solo una scusa per nascondere altre rabbie, altri loschi disegni. Lo dicono i Fratelli musulmani. Islamisti sulla soglia ormai del potere, che accusano le squadracce del vecchio regime, formate da ultras delle squadre di calcio arruolate per incendiare la piazza, provocare, saccheggiare ritorcere la violenza contro i rivoluzionari. E’ successo anche a Tahrir, dove l’infiltrazione dei «baltagheia», i teppisti di periferia, manovalanza del caos, ossessionava i rivoluzionari.

Forse è vero, forse l’accusa è a sua volta provocazione, subdolo disegno. Il calcio non è mai innocente in questi regimi che la primavera araba si era illusa di aver emendato. Nella Tunisia di Ben Ali dove ogni manifestazione era proibita, le risse furiose allo stadio e fuori servivano a sfogare la rabbia dei giovani e offrivano una scusa per aggredire la polizia. Nella Libia di Gheddafi fischiare la squadra del figlio del Colonnello era una manifestazione di dissenso politico; e ben lo sapeva il despota che proprio allo stadio scatenò feroci repressioni e massacri.

Purtroppo in Egitto la rivoluzione si è corrotta, è sfuggita di mano a chi ha pagato con un migliaio di morti la fragile vittoria in piazza. Mubarak non c’è più, il regime resta, solido e perverso. In tre lottano, a colpi bassi, ognuno si proclama vero rivoluzionario e vuole escludere gli altri. I militari che non vogliono lasciare il potere, non per ragioni ideologiche ma perché è la garanzia dei lori privilegi e delle loro redditizie baratterie. I Fratelli musulmani che della rivoluzione non sono stati protagonisti ma di cui hanno raccolto con l’organizzazione e l’astuzia i frutti, vincendo le elezioni. E poi ci sono i rivoluzionari veri, quelli della strada e della piazza, coraggiosi e confusi, senza capi e senza una ideologia: lottano per non perderla, sapendo che forse è già accaduto. Ogni giorno la partita tra queste tre forze fatta di inganni di alleanze piene di sottintesi e di segreti, di lotta aperta si combina e si ricombina in un equilibrio perennemente instabile. Venerdì giorno dell’anniversario portando in piazza un milione di persone i ragazzi di Tahrir hanno aperto, a sorpresa, una seconda rivoluzione. I Fratelli musulmani hanno scatenato contro di loro le loro squadre per intimorire e ristabilire l’ordine. I generali sono pronti ad approfittarne: vedete, dobbiamo restare al potere per impedire la guerra civile, l’Egitto senza di noi è ingovernabile.

Il FOGLIO - Pio Pompa : " Servizi in allarme "


Pio Pompa         Cia                                   Mossad                   MI6

L’occidente ha commesso un errore imperdonabile nel sostenere la primavera araba senza porsi alcun interrogativo su possibili derive fondamentaliste e sul passaggio di mano di informazioni e documenti d’intelligence altamente sensibili”.
E’ quanto rivela al Foglio una fonte diplomatica araba, allarmata dal fatto che documenti riservati starebbero fuoriuscendo da ambienti dei servizi segreti egiziani per essere consegnati al neo costituito “Comitato clandestino d’intelligence”, un gruppo di cui fanno parte elementi di spicco della Fratellanza musulmana e del movimento salafita, fortemente determinato a minare alle fondamenta la credibilità della giunta militare al potere al Cairo, compromettendo al contempo i residui rapporti con gli Stati Uniti e Israele. La preoccupazione maggiore è per gli elenchi (corredati di foto) con i nominativi degli agenti e informatori utilizzati in medio oriente dalla Cia e da altre agenzie d’intelligence; materiale determinante nelle attività di controspionaggio poste in essere non soltanto dal regime di Mubarak, ma anche dalla Siria e dal Libano. “E’ evidente – spiega la nostra fonte – che il Comitato clandestino d’intelligence ha esteso le proprie ramificazioni fino a Damasco e a Beirut, assumendo un carattere transnazionale”.
A essere allarmata non è solo la Cia, ma anche l’MI6, il Mossad e altri servizi collegati. Altri documenti in procinto di passare di mano riguarderebbero lo scambio di informazioni tra l’intelligence egiziana e i servizi di Washington, Londra e Gerusalemme sul fronte della guerra al terrorismo globale. “Una buona parte di tale patrimonio informativo – continua il nostro interlocutore – sarebbe già stata portata all’attenzione di Hamas, compreso un delicatissimo carteggio riguardante Abu Mazen e il contenuto di alcune conversazioni riservate intercorse tra vari capi di stato”. Tra questi ci sarebbero Barack Obama, Benjamin Netanyahu e il deposto Hosni Mubarak.
Le autorità israeliane avevano avvertito che i cambi di regime provocati dalla primavera araba avrebbero potuto vanificare anni di attività di intelligence e di contrasto al terrorismo. Oggi questo sta avvenendo in Egitto, la cui linea politica è sempre più dettata dalla Fratellanza musulmana e, in subordine, dai salafiti. L’obiettivo dei servizi d’intelligence è evitare che altri gruppi poco controllabili possano entrare in possesso di materiale delicato e riservato. Un’operazione che si presenta estremamente complessa, considerato quanto sta avvenendo nella regione mediorientale.

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