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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale - La Stampa - L'Unità Rassegna Stampa
01.12.2011 Egitto, elezioni: i Fratelli Musulmani vittoriosi, seguiti dai salafiti
Commento di Fiamma Nirenstein, cronaca di Domenico Quirico. Udg crede ancora che ci sarà democrazia

Testata:Il Giornale - La Stampa - L'Unità
Autore: Fiamma Nirenstein - Domenico Quirico - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «La facile profezia del voto egiziano agli islamici - I Fratelli musulmani: abbiamo vinto noi - Dal Cairo a Casablanca. Se l’onda lunga islamica porta alla democrazia»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 01/12/2011, a pag. 20, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " La facile profezia del voto egiziano agli islamici ". Dalla STAMPA, a pag. 21, l'articolo di Domenico Quirico dal titolo "I Fratelli musulmani: abbiamo vinto noi ", preceduto dal nostro commento. Dall'UNITA', a pag. 34, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " Dal Cairo a Casablanca. Se l’onda lunga islamica porta alla democrazia ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " La facile profezia del voto egiziano agli islamici "


Fiamma Nirenstein

Negli anni ’50 dall’Egitto, quando i Liberi Ufficiali presero il potere con Nasser alla testa, tutto il Medio Orien­te d­ivenne preda del panarabismo na­zionalismo, con le sue guerre, il suo odio anti occidentale, il suo furore fi­lo sovietico. Ora, sta cominciando con le elezioni in Egitto un’altra era, quella del rinnovato potere islamico, ha il volto della vittoria di ieri della Fratellanza Musulmana alle elezio­ni.
Non poteva andare diversamen­te, le speranze che la fila davanti ai seggi egiziani volesse dire moderni­tà, attesa di un domani di libertà sono andate in fumo non appena i primi ri­­sultati sono venuti alla luce: la quota presa dai Fratelli Musulmani, sotto forma del Partito Giustizia e libertà, ne fa di gran lunga il primo partito con una percentuale fra il 40 e il 50 per cento,mentre al secondo c’è Al Nour, un raggruppamento ancora più estre­mista, salafita, ultra religioso.
Il Blocco Egiziano di cui fanno par­te Egiziani Liberi, Tagammù e Egitto Social Democratico, i laici, prendo­no circa il 22%. Sono dati riferiti a un terzo della popolazione che com­prende 85 milioni di cittadini, ma il lo­ro significato è evidente. Il governo militare si vanta che l’affluenza alle urne del 70%dimostra che l’Egitto dà un grande segnale di partecipazione democratica. Però si dice che tanto gli interessa la democrazia da aver aiutato in ogni modo i partiti religio­si. L’affluenza ha portato alla vittoria un Partito che della libertà ha un con­cetto di cui non fanno parte parità dei sessi, certezza del giudizio, bando della pena di morte, libertà di vestir­si, di alimentarsi, di scrivere e leggere come si vuole. Stavolta peccato che le votazioni siano un cavallo che si mon­ta solo per imporre la propria legge. Nata dal pensiero di Hassan Al Ban­na nel 1928, la Fratellanza pensa che
l’Occidente abbia corrotto l’Islam per opprimerlo, e che recuperato alla sua purezza potrà riconquistare l’ege­monia. Il motto è: «Allah è il nostro fi­ne, il Profeta è il nostro leader, il Cora­no la nostra legge, la jihad la nostra strada, morire sulla strada di Allah la nostra speranza».I Fratelli Musulma­ni e Al Nour hanno vinto la prima tor­nata. Cosa significa una vittoria della Fratellanza, unica forza organizzata? I Fratelli intendono presentarsi co­me un interlocutore degno degli aiuti internazionali promessi. Ma in breve tempo la sharia non ammette repli­che, e possiamo prevedere che non sarà cortese con i copti; che imporrà il bando sulla musica, i divertimenti, gli alcolici, i vestiti occidentali. Le donne soffriranno per la poligamia, le mutilazioni genitali, l’oppressio­ne. Gli omosessuali avranno vita du­ra. Potrà prevalere un atteggiamento ostile verso Israele, anche se è diffici­le dire se verrà cancellato il trattato di pace. Dipende da noi e da Obama mo­derare le peggiori tendenze.

La STAMPA - Domenico Quirico : " I Fratelli musulmani: abbiamo vinto noi "


Domenico Quirico

Domenico Quirico crede ancora alla bontà delle rivoluzioni laiche, lo dimostra la citazione finale di Nasser : " Un ragazzo, disperato, sdraiato su un tappeto sudicio nel disfatto accampamento di Tahrir, ieri ripeteva: «Avremmo bisogno di un nuovo Nasser, ma dove lo troviamo?». ". Nasser non fu un esempio di democrazia. Anzi, fu la radice dei mali dell'Egitto. Non ci sono dittature laiche buone e dittature teocratiche cattive, tutte le dittature sono da combattere.
 Ci auguriamo che Quirico lo comprenda presto.
Ecco il pezzo:

Si vede che i tempi stanno mutando. I Fratelli musulmani sono sempre stati, per metodo e per necessità, discretissimi (hanno sperimentato le benevolenze dei commissari di polizia di Nasser, Sadat, Mubarak), ma questa volta hanno annunciato con un comunicato secco secco, già da padroni, di essere i vincitori della prima fase delle elezioni del dopo Mubarak. Meticolosi, i Fratelli, fino a enumerare nel silenzio dei dati ufficiali (rinviati a oggi) la nuova geografia politica del Paese: «Il nostro partito della Libertà e della giustizia (Plj) è in testa seguito da al Nour (i salafiti); terzo il Blocco egiziano». Vero, verissimo: nei nove governatorati dove si è votato lunedì (17,5 milioni di elettori su 50, 168 seggi in palio) i Fratelli, secondo i primi dati, sono al 50%, i salafiti sfiorano il 20%. Cifre, se confermate, da sbaragliare anche la più allenata immaginazione. Plj ha dominato nelle zone rurali. Ma ad Alessandria i «taleban», che hanno minacciato di dichiarare infedele chi vota per cristiani e laici, sono arrivati addirittura al 24% e sono il primo partito a Kafr al Sheikh nel Delta.

Ieri pomeriggio al caffè Groppi dove nei tavolini è rappresa la veneranda storia del Cairo, gli abitudinari scrutavano un cliente intento al suo succo di frutta. Lunga barba, il pantalone corto sulle caviglie, il salafita sembrava un grosso gatto soddisfatto e goloso venuto a prender possesso delle nuove proprietà. Inutile dedicarsi alla casistica delle differenze dottrinali tra l’islam dei moderati e quello degli intransigenti. Certo: i salafiti vogliono lo Stato islamico, la denuncia del trattato di pace con Israele e la rinuncia agli empi miliardi di aiuti americani; i Fratelli si affannano a sfumare, tranquillizzare. È un gioco delle parti, alla fine faranno alleanza. Da decenni si frequentano, in strada e in galera. Il Potere li unirà per creare ai vinti guai memorandi.

Il partito di dio ha ben ragione di pensare che anche qui il vento della storia gonfi le vele delle loro speranze e dei loro assunti. Li conforta il calamitoso risultato dei liberali e gauchiste del Blocco egiziano guidato dal magnate cristiano Naguib Sawiris; arenato, pare, al 16%. Risultano, questi liberali nostrani, monotoni, insipidi, divisi. Hanno realizzato quote decenti, sembra, solo nei quartieri residenziali. Quelli dei ricchi. Che è quasi una colpa. E poi è difficile battere un partito che ogni venerdì può organizzare centomila comizi. Nelle moschee del Paese. Le tribolazioni di questo Egitto liberale sembrano destinate a perpetuarsi sotto nuova forma.

Certo, questa è solo la prima fase di elezioni diluite e bizzarre dal punto di vista costituzionale, studiate apposta per consentire al Consiglio militare che ha controllato finora il dopo Mubarak di avere il tempo di correggere, se necessario, un voto sgradevole. O meglio: di avviare con i vincitori i mercanteggiamenti necessari a mantenere i propri privilegi e abbuiare le decennali connivenze con Mubarak.

Difficile però aggirare l’impressione che il più popoloso e il più decisivo Paese del mondo arabo si avvii come le altre Primavere di quaggiù sulla strada del potere islamico.

Mohammed Morsy, che dirige Giustizia e libertà, ha già messo le carte in tavola: «È la maggioranza parlamentare che formerà il governo e sarà di coalizione. Noi non rivendichiamo uno Stato islamico». Addendo che non conforta il consiglio militare che invece intendeva mantenere fino al prossimo anno il diritto di scelta del governo. Ieri i generali hanno avviato «consultazioni», sfumando a domani l’entrata in carica del premier designato, Ganzouri, uno stagionato voltagabbana dei tempi di Mubarak, dai capelli posticci come le sue promesse di nuovo.

Ora sono di fronte i due rivali veri, l’esercito e gli islamici. È scomparso il terzo incomodo, piazza Tahrir e i suoi rivoluzionari, i veri sconfitti. Mentre gli egiziani commentavano i risultati elettorali, la piazza era ormai semivuota, esausta e sbracata, dopo una battaglia notturna a colpi di bastone e di molotov che ha provocato decine di feriti. Ma questa volta non era contro i gendarmi e i nemici della rivoluzione, ci si è battuti contro ambulanti e ramazzaglia che avevano trasformato il luogo dei martiri in un sudicio e ambiguo bazar.

Per domani c’è ancora un appello alla mobilitazione. E lo sceicco della università islamica di al Azhar si è offerto di far da mediatore tra i militari e la piazza, per offrir loro una via di uscita onorevole. Ma la rigenerazione di un mondo è risultata un compito leggermente superiore a quanto questi ragazzi avevano previsto, per cui non basta qualche blog e un po’ di bric-à-brac rivoluzionario. Hanno sciupato e esaurito la loro energia, dilapidato la loro iliade. Un ragazzo, disperato, sdraiato su un tappeto sudicio nel disfatto accampamento di Tahrir, ieri ripeteva: «Avremmo bisogno di un nuovo Nasser, ma dove lo troviamo?».

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Dal Cairo a Casablanca. Se l’onda lunga islamica porta alla democrazia "


Fratelli Musulmani, la situazione degli egiziani con i Fratelli Musulmani

Bravo Udg, scambiare per democrazia l'onda islamista prodotta dalle 'primavere arabe'.
La sharia che cosa ha in comune con la democrazia? Udg saprebbe spiegarlo ai suoi lettori?
Facciamo notare a Udg che anche Adolf Hitler venne eletto democraticamente nel 1933, questo non cambia il fatto che fu un dittatore criminale. Le elezioni non testimoniano necessariamente democrazia. I risultati elettorali in Egitto danno per vittoriosi i Fratelli Musulmani, seguiti dai salafiti. Questo non significa democrazia, ma solo che gli egiziani dopo Mubarak sono passati dalla padella alla brace.
Ecco il pezzo:

Partiti islamisti al potere. Non è il Jihad globale, ma è la via «islamica» alle urne. Più Ankara che Teheran.Unavia che dalla Tunisia si estende al Marocco, e dal Marocco all’Egitto. Laddove non si vota, si spara: in Siria, nello Yemen, nel «dimenticato» Bahrein. E la piazza comincia a infiammarsi anche in Arabia Saudita. Occhi puntati sull’Egitto, il più popolato Paese arabo. I Fratelli musulmani sono il primo partito in Egitto, secondo le prime indiscrezioni riferite dalla stampa locale. Mentre continua lo spoglio delle schede per la quota uninominale nelle prime elezioni legislative del dopo Mubarak, le indicazioni sono che Giustizia e Libertà, il partito affiliato alla confraternita, e la coalizione di partiti salafiti al Nour sono in testa i sei governatorati, scrive il quotidiano Al Ahram. Secondo il quotidiano al Shouruk, Giustizia e libertà ha preso il 47% dei voti mentre la coalizione laica e moderata del Blocco egiziano ha incassato il 22% dei voti. Nella prima tornata di voto, che si è chiusa l’altro ieri, sono andati a votare di nove governatorati fra i quali il Cairo Alessandria, Luxor, Assiut, porto Said.Di successo elettorale parlano i Fratelli musulmani in un loro comunicato, nel quale sostengono che «in base ai dati preliminari», il partito Giustizia e Libertà è in testa. Il secondo partito sarebbe la coalizione salafita di el Nour e il terzo classificato è l’alleanza moderata del Blocco egiziano, nel quale figurano gli Egiziani liberi del tycoon copto Naguib Sawiris. Nel comunicato i fratelli musulmani segnalano che nella regione di Fayyoum,a sud del Cairo,hannoraggiunto il maggior numero di consensi, seguiti dal Mar Rosso e dal Cairo. La competizione è serrata con i salafiti di al Nour ad Alessandria, storica roccaforte della confraternita, e Kar el Sheikh a nord del Cairo. I primi dati indicano che numerosi candidati individuali dei Fratelli sono già passati e che esponenti dell'ex partito di Mubarak, il partito nazionale democratico, sono stati «esclusi dal popolo». Questo dimostra che il popolo egiziano ha esercitato il suo diritto di «isolare politicamente» gli eredi del Pnd. L’annuncio ufficiale dei risultati del primo turno, comunica la Commissione elettorale, slitta ad oggi. Il prossimo governo sarà di coalizione e sarà la maggioranza parlamentare che uscirà dalle urne a formare il nuovo governo. Ad affermarlo è MohamedMorsi, capo del partito Giustizia e libertà, secondo quanto riferisce al Ahram online. Morsi ha anche spiegato di nonimmaginare la Costituzione egiziana senza l'articolo 2, che prevede che la legge islamica della sharia sia la base giuridica nazionale Altre elezioni partecipate. Altro successo islamista. Il re del Marocco, Mohammed VI, ha designato il filo- islamico Abelillah Benkirane a primo ministro, dopo che il suo Partito per la Giustizia e lo sviluppo (Pjd) aveva conquistato 107 seggi parlamentari su 395 nelle elezioni di venerdì scorso. È la prima volta che un partito islamico guida una coalizione di governo nel Paese nordafricano, anche se il Pjd a differenza dei partiti più estremisti non si oppone al re. Benkirane ha giurato fedeltà alla monarchia dopo un breve colloquio con Mohammed VI. Il 57enne premier designato ha poi dato il via alle consultazione per la formazione dell'esecutivo che sarà di ampia coalizione e avrà come priorità «la democrazia e il buon governo». Per ora si sono dette disponibili tre formazioni che facevano parte della precedente maggioranza, il partito indipendente Istiqlal, i liberali della Coalizione indipendente e l'Unione socialista delle Forze popolari. L’onda islamica conquista anche Tunisi. Ennahda (Rinascita), il partito islamista vince le prime elezioni del dopo-Ben Ali, con poco meno del 40 per cento dei voti, tradotti in 90 deputati su 217 nel nuovo parlamento che avrà il compito di completare la transizione seguita alla caduta del regime di Zine el Abidine Ben Alì, scegliereungoverno provvisorio e scrivere la nuova Costituzione nazionale, prima di indire nuove elezioni presidenziali e parlamentari. Come in Marocco così anche in Tunisia, Il primo messaggio lanciato dai vincitori è in linea con la campagna elettorale.Moderato, rassicurante: «Faremo tutti gli sforzi per dare stabilità al Paese». Vincitori – Ennahda conquista 89 dei 217 seggi nella nuova Assemblea costituente della Tunisia - ma non «padroni ». Perché in Tunisia comein Marocco e, con ogni probabilità, in Egitto, i partiti islamisti dovranno fare i conti coni giochi della politica: alleanze, mediazioni, governi di coalizione. In Tunisia, in particolare, la forza politica guidata da Rachid Ghannouchi non diventa il padrone assoluto del Paese: al secondo posto si colloca il Congress for the Republic (CPR), che ottiene 29 seggi, seguito dal Popular Petition con 26 seggi. Il partito di sinistra Ettakatol conquista 20 seggi, il Partito Progressist Democratic Party 16, mentre il Democratic Modernist Pole 5. «Ennahda ha vinto perché è all’opposizione da 25 anni, durante i quali sono stati incarcerati 30mila militanti e altrettanti mandati in esilio», spiega uno dei leader del partito, Abdel Fattah Mourou. «Ennahda è stata la maggiore vittima politica di Ben Ali. Questo la gente lo sa. Non solo, gli altri partiti hanno polarizzato la campagna insistendo sul laicismo: i tunisini sono dei moderatimaattaccati profondamente alla loro identità musulmana». Coniugare tradizione e modernità, identità e sviluppo: è la sfida che ha di fronte a sé l’Islam politico, chiamato ora alla prova decisiva: quella di governo.

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