mercoledi` 01 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Giornale-Il Foglio Rassegna Stampa
26.07.2011 Strage in Norvegia: torniamo a ragionare con il cervello
Come Fiamma Nirenstein, Giulio Meotti e il Foglio

Testata:Il Giornale-Il Foglio
Autore: Fiamma Nirenstein-Giulio Meotti- Editoriale del Foglio
Titolo: «Se il multiculturalismo ha fallito-Lo scrittore Bruce Bawer decifra il doppio volto della strage di Utoya-Un cretino apocalittico»

Fiamma Niresntein sul GIORNALE, Giulio Meotti sul FOGLIO, che pubblica anche un acuto editoriale, intervengono sulla strage norvegese. Ne condividiamo le argomentazioni, l'atto criminale di un assassino razzista bianco, dalle poche idee, confuse e malate, non modifica di una virgola il pericolo del terrorismo islamista e del multiculturalismo, che ha avuto la massima responsabilità nel favorire quella a buon titolo possiamo definire l'invasione non ancora percepita dell'islam in Europa. Che nulla ha a che vedere con la normale immigrazione, che può e deve svolgersi secondo le leggi europee. Ma l'islam, non ci stancheremo mai di ripeterlo, è una religione strattamente unita ad una concezione statuale, il cui obiettivo è la penetrazione in Europa, fino a diventarne maggioranza. Non capirlo, anche questa è follia, come quella che ha armato il killer norvegese.

Su IC di oggi l'analisi di Manfred Gerstenfeld sullo stesso argomento:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=40730
Ecco gli articoli:

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Se il multiculturalismo ha fallito "


Fiamma Nirenstein 

 

Solo in Italia, Paese in cui tutto diventa un tentativo di dimostrare che c’è nei dintorni qualcuno da disprezzare e mettere all’indice, qualcuno a cui sei superiore, un opportunista strumentalizzatore, un pecione, un cretino, un essere moralmente inferiore, la tragica vicenda di Oslo è diventata terreno di insulti e di colpe. Io sono fra quei giornalisti, come quasi tutti quelli che hanno chiuso in orario normale, intorno alle nove, che, occupandosi da lunghi anni di terrorismo (fra i tanti, un mio pezzo fu usato il 12 settembre del 2001 dal Wall Street Journal per spiegare che cosa è, in essenza, un terrorista), aveva stavolta potuto approfondire quasi solo la parte relativa all’autobomba di Oslo; e poco ancora sapeva dell’isola, della micidiale vicenda dei ragazzi uccisi, che ha poi molto chiarito il contesto.

Sull’attacco al centro di Oslo, gli elementi raccolti, fra cui la rivendicazione di Al Qaeda, quasi non lasciavano dubbi. Non voglio appesantire i lettori ripetendo quello che già sanno: nomino appena i due contingenti norvegesi in Afghanistan e in Libia; le minacce di morte di Al Zawahiri, il successore di Bin Laden; le vignette su Maometto ripubblicate (ma ve lo ricordate che l’Europa prese fuoco per quei disegni?); e soprattutto, il grande sfondo: Al Qaeda e il fondamentalismo islamico in genere hanno coperto il mondo di un numero di attentati che sfiora i diecimila.. E ci ha annegato, insieme anche a gruppi sciiti, come gli Hezbollah, che ha già compiuti grandi attentati in Sud America, o Hamas, che i suoi attentati li fa in Israele, di una letteratura immensa e articolata, in cui l’uccisione di massa di innocenti, di passanti, di bambini secondo la modalità norvegese, è il comma indispensabile.

La variabile dell’orribile assassino pazzo non l’avevo messa in conto, confesso; e per ora egli sembra restare un vampiro solitario, uno psicopatico stragista non prevalentemente cristiano o islamofobo, ma soprattutto psicotico, un tipo che, anche se computa 1500 pagine di delirio e scrive ai siti di estrema destra, nessuna politica sociale avrebbe mai curato la sua sete di sangue. Non mi convince nemmeno il lato oscuro delle società aperte di cui si è molto scritto citando la letteratura nordica: il lato oscuro di uno che cannoneggia ottanta ragazzini a sangue freddo sta nella sua testa, quale ne sia il contesto. Tutt'altra cosa è il terrorismo islamico, ormai ricco di una tradizione, di martiri, di convinzioni teoriche, di soldi, di organizzazione, di piani. Era logico, di fronte a un così grande attentato, pensarci.

Ed ecco che il giornalista (e nel mondo sono migliaia), messo di fronte a dati già scandagliati molte volte, è giunto a conclusioni poi rivelatesi errate ma che avevano molte ragioni di essere credute: e tuttavia si è trovato di fronte a due diverse accuse, una personale, l’altra dannosa per tutti. La prima è quella di essere stato preda di una smania “frettolosa, compiaciuta e spaventosamente disinformata con cui i cantori dello scontro di civiltà hanno subito gridato alla marca islamista”. Questo l’ha scritto sul Corriere Pierluigi Battista. Ma lui, acuto analista, sa che cantore non sono, e neppure disinformata. Tutte le informazioni fino a quell’ora conducevano decisamente in quella direzione, e non in superficie. Il loro sfondo analitico l’ho rimuginato per anni: e ce n’era di che. Bali (202 morti) Madrid (191), Londra (52) Istanbul (tutte le sinagoghe 25, più altri 26), Mumbai, Algeri, Khobar, Amman e più tutti gli altri attacchi terroristi non di Al Qaeda, compresi i più di mille morti nell’Intifada in Israele. Dunque, anche la prossima volta che ci sarà un attentato mi prenderò il rischio di esaminare la pista di Al Qaeda e simili. Speriamo di chiudere il Giornale tardi.

E ora la seconda questione: è insopportabile e pretestuoso che su Repubblica Bernardo Valli sostenga, esempio di un’attitudine diffusa, che la critica al multiculturalismo, la preoccupazione in particolare per una presenza islamica in Europa, abbia creato le premesse per l’impazzimento omicida. La Merkel, Cameron, che Valli biasima, e anche Frattini, che ne hanno denunciato il fallimento non facevano altro che registrare con coraggio una realtà: e che cosa, ora non si può più dire? avevamo sbagliato nel nostro modo di guardare all’immigrazione, ci siamo innamorati dei colori e dei costumi, e anche dello sfruttamento a basso costo, senza guardare se c’era quella “passione inquieta e ardente” e l’”avidità verso l’immensa preda” che Tocqueville vedeva nei nuovi immigrati in America, puntata tutta ad acquisire modernità e democrazia. Al giorno d’oggi, non è andata così. Non abbiamo verificato, contato, stabilito norme accettabili da tutti: l’immigrazione è immensa, portatrice oltre che di novità e ricchezza anche di grandi guai. Per esempio, una rinnovata oppressione della donna, il ritorno del delitto d’onore, mutilazioni genitali, famiglie poligamiche (a Parigi ci sono più di 200mila persone che ne fanno parte), una crescita smisurata di popolazione che ha usi e costumi che cambiano per sempre il modello di vita maturato in secoli, che creano paura nelle classi più deboli. In Norvegia nel 2047 la popolazione musulmana avrà pareggiato quella locale, difficile pensare che su questo dato si possa fare uno sbadiglio.

In più, c’è un Islam religioso con cui si convive pacificamente, ce n’è uno politico e conquistatore. Esso non ha intenzione di accettare la nostre scelte di vita. Lo scrittore Bruce Bawer, omosessuale che dagli USA aveva scelto Oslo dove la società aperta gli consentiva di vivere una vita più tranquilla, da tempo teme di uscire col suo compagno per via delle aggressioni di gruppi omofobi stranieri.

Le classi delle elementari in Norvegia dovrebbero includere ciascuna fino a quindici bambini immigrati contro cinque bambini locali, e i quindici giungono a scuola spesso senza sapere la lingua. E’ un problema questo? Altroché. Dimostra che l’integrazione se dilaga è un difficile affare e che ci siamo comportati leggermente? Sì. Dimostra che io, parlandone qui sto fomentando l’odio di qualche orribile mostro nascosto nei dintorni? Chi osa sostenerlo, lo denuncio.

Il Foglio-Giulio Meotti: " Lo scrittore Bruce Bawer decifra il doppio volto della strage di Utoya "

 
Bruce Bawer                     Copertine di due suoi libri

Nonostante tutte le mie critiche alla Norvegia, amo il paese, è casa mia, ho pianto per due giorni, è un paese così piccolo che quando accadono stragi simili è come se succedesse a te”, dice lo scrittore e giornalista norvegese Bruce Bawer a colloquio con il Foglio. Bawer è un giornalista gay americano che alcuni anni fa si è trasferito a Oslo, in cerca di libertinismo e tolleranza. “Gli scandinavi erano il più omogeneo popolo sulla terra e si vantavano di non avere pregiudizi, ma in verità stavano vivendo una nuova Weimar”. Bawer la propria conversione al politicamente scorretto l’ha raccontata, di getto, nel best seller “While Europe Slept”, testo in cui racconta il multiculturalismo europeo. Con il Foglio Bawer decifra l’uccisione di 76 civili da parte di Anders Behring Breivik, di cui ieri ha scritto anche sul Wall Street Journal. Nel delirante manifesto del killer di Utoya, Bawer è citato venti volte a dimostrazione del fallimento multiculturale. Per questo la strage è stata per lui un doppio choc. “Quando venerdì sono esplose le bombe nel complesso di edifici governativi nel cuore di Oslo, ho pensato, come hanno fatto tutti più o meno, che gli autori fossero terroristi islamici. Ma nel corso della giornata è emerso che questa atrocità non era opera di una organizzazione jihadista internazionale, ma di Breivik, motivato da una ostilità verso politiche multiculturali che, a suo avviso, stanno portando il suo paese lungo il sentiero dell’islamizzazione. La sua risposta era una furia omicida che ha preso la vita di quasi ottanta persone. La Norvegia era stata attaccata da un terrorista biondo, dagli occhi azzurri e anti islamico. Molti di noi hanno scritto che l’islamismo in Europa e il fallimento dei principali leader politici nell’affrontare responsabilmente le sfide avrebbero comportato l’emergere di estremisti come Breivik. Ma ero sbalordito nello scoprire che Breivik era un lettore del mio libro ‘While Europe Slept’. Nel suo manifesto, scritto in un buon inglese tanto che ci si chiede se abbia ricevuto l’aiuto di un madrelingua, Breivik cita il mio nome ventidue volte. E’ agghiacciante pensare che gli articoli che ho composto nella mia casa nella parte occidentale di Oslo nel corso degli ultimi due anni venissero letti e copiati da questo futuro assassino di massa. Inoltre è agghiacciante vedere il modo in cui si muove da una preoccupazione legittima per i veri problemi a una ‘soluzione’. Breivik considerava il partito laburista, il partito dominante in Norvegia dalla Seconda guerra mondiale, responsabile delle politiche che stanno portando alla islamizzazione d’Europa e dunque colpevole di tradimento. L’attacco a Oslo è stata l’esecuzione degli attuali leader del partito. Il massacro al campeggio, dove i giovani aspiranti politici si erano riuniti per ascoltare i discorsi del primo ministro Jens Stoltenberg e dell’ex premier Gro Harlem Brundtland, aveva lo scopo di distruggere la prossima generazione di leader”. Bawer spiega così la Norvegia multiculturale. “La Norvegia, come il resto d’Europa, è in guai seri. Milioni di musulmani europei vivono in famiglie rigidamente patriarcali in enclave in rapida crescita e dove le donne sono cittadine di seconda classe e i non musulmani non osano avventurarsi. I sondaggi mostrano che una percentuale inquietante dei musulmani in Europa rifiuta i valori occidentali, disprezza i paesi in cui vive, sostiene l’uccisione degli omosessuali, e vuole sostituire la democrazia con la legge della sharia. C’e motivo per essere profondamente preoccupati per tutte queste cose, ma questa causa è stata seriamente danneggiata da Anders Behring Breivik. In Norvegia, parlare negativamente di qualsiasi aspetto della fede musulmana è sempre stata una questione delicata, tacciabile di ‘islamofobia’ e di razzismo. Sarà, temo, sempre più difficile affrontare questi temi, ora che questo pazzo omicida è e dunque colpevole di tradimento. L’attacco a Oslo è stata l’esecuzione degli attuali leader del partito. Il massacro al campeggio, dove i giovani aspiranti politici si erano riuniti per ascoltare i discorsi del primo ministro Jens Stoltenberg e dell’ex premier Gro Harlem Brundtland, aveva lo scopo di distruggere la prossima generazione di leader”. Bawer spiega così la Norvegia multiculturale. “La Norvegia, come il resto d’Europa, è in guai seri. Milioni di musulmani europei vivono in famiglie rigidamente patriarcali in enclave in rapida crescita e dove le donne sono cittadine di seconda classe e i non musulmani non osano avventurarsi. I sondaggi mostrano che una percentuale inquietante dei musulmani in Europa rifiuta i valori occidentali, disprezza i paesi in cui vive, sostiene l’uccisione degli omosessuali, e vuole sostituire la democrazia con la legge della sharia. C’e motivo per essere profondamente preoccupati per tutte queste cose, ma questa causa è stata seriamente danneggiata da Anders Behring Breivik. In Norvegia, parlare negativamente di qualsiasi aspetto della fede musulmana è sempre stata una questione delicata, tacciabile di ‘islamofobia’ e di razzismo. Sarà, temo, sempre più difficile affrontare questi temi, ora che questo pazzo omicida èe dunque colpevole di tradimento. L’attacco a Oslo è stata l’esecuzione degli attuali leader del partito. Il massacro al campeggio, dove i giovani aspiranti politici si erano riuniti per ascoltare i discorsi del primo ministro Jens Stoltenberg e dell’ex premier Gro Harlem Brundtland, aveva lo scopo di distruggere la prossima generazione di leader”. Bawer spiega così la Norvegia multiculturale. “La Norvegia, come il resto d’Europa, è in guai seri. Milioni di musulmani europei vivono in famiglie rigidamente patriarcali in enclave in rapida crescita e dove le donne sono cittadine di seconda classe e i non musulmani non osano avventurarsi. I sondaggi mostrano che una percentuale inquietante dei musulmani in Europa rifiuta i valori occidentali, disprezza i paesi in cui vive, sostiene l’uccisione degli omosessuali, e vuole sostituire la democrazia con la legge della sharia. C’e motivo per essere profondamente preoccupati per tutte queste cose, ma questa causa è stata seriamente danneggiata da Anders Behring Breivik. In Norvegia, parlare negativamente di qualsiasi aspetto della fede musulmana è sempre stata una questione delicata, tacciabile di ‘islamofobia’ e di razzismo. Sarà, temo, sempre più difficile affrontare questi temi, ora che questo pazzo omicida è diventato il simbolo della critica dell’islam. Il massacro è quindi una doppia tragedia per la Norvegia. Non soltanto abbiamo perso 76 persone, ma temo che anche il legittimo criticismo verso l’islam sia stato profondamente discreditato dall’associazione con questo assassino lunatico”. Bawer parla dell’impreparazione della Norvegia al terrorismo. “Una certa innocenza e naïveté ha reso tutto questo possibile. Perché gli edifici governativi erano privi di protezione? Perché l’isola, dove avrebbe parlato il premier il giorno dopo e dove aveva appena parlato l’ex primo ministro, era del tutto insicura? Vivo a cinque minuti dagli edifici governativi. La mancanza di sicurezza non è inusuale per la Norvegia, qui la polizia non ha armi e la stessa idea di portare armi è considerata un passo indietro nella evoluzione umana. I media norvegesi hanno sempre scritto dei killer solitari degli Stati Uniti come cose che non sarebbero mai potute succedere in Norvegia. In norvegese si dice ‘amerikanske tilstander’, e non significa nulla di buono. La Norvegia ama definirsi ‘il paese pacifico’. I norvegesi volevano credere che il proprio paese fosse una bolla di pace e serenità, un pianeta superiore rispetto al mondo reale”.

Il Foglio-Editoriale: " Un cretino apocalittico "


Anders Breivik

La domanda dopo le stragi nelle scuole di Columbine e Virginia Tech fu perché in America succedano con tale frequenza episodi di questo tipo. La risposta è sempre stata la stessa: la proliferazione di armi automatiche. Come è stato possibile che la Norvegia, un paese dove i poliziotti vanno in giro senza pistole perché il paese si crede “in pace”, si sia svegliata venerdì con l’Apocalisse che portava il nome della piccola isola di Utoya? La domanda l’ha posta molto bene Michael Burleigh sul Daily Telegraph, decifrando il volto oscuro del paese scandinavo. Trovare una spiegazione alla strage di Anders Breivik non è semplice. Ma liquidare l’eccidio con l’emergenza legata all’islam in Europa, a letture massonico- templari bellicose, al pericolo della critica multiculturale, dare patenti intellettuali a un claustrofobico sanguinario come Breivik, è solo una forma di paranoia intellettuale. La critica al modello europeo di integrazione ha trovato casa da anni nelle classi dirigenti europee e un po’ tutti, da Angela Merkel a David Cameron fino a Nicolas Sarkozy, hanno messo in discussione il multiculturalismo. Lo stesso vale per una parte della classe intellettuale, da Niall Ferguson a Paul Johnson, dall’Economist, che a Eurabia ha dedicato una copertina, all’eurocommissario sotto Romano Prodi, Fritz Bolkestein. L’assassino norvegese non ha falciato cento musulmani in una moschea di Oslo. Non voleva scatenare una guerra etnico-religiosa. Era animato dall’odio di sé, voleva deturpare il volto della società in cui ha vissuto e che lo ha partorito, sterminando i compagni di studi, i ragazzi accampati nell’isola della convivenza, i figli e le figlie dei politici laburisti tanto odiati. Breivik non era a capo di un movimento capace di minare i princìpi di una solida democrazia avanzata, come il rispetto delle opinioni altrui, l’eguaglianza fra sessi, la dignità della persona, la laicità delle istituzioni. Quando Volkert van der Graaf, aiutato forse da frange dell’ecologismo, assassinò in Olanda Pim Fortuyn, anch’egli critico severo del multiculturalismo, non ci fu una caccia alle streghe contro la cultura animalista, liberal, vegetariana, perbenista e patologicamente corretta che aveva spinto quel ragazzo coi sandali ad abbattere con un colpo alla nuca l’“Olandese volante”. La stessa morigeratezza intellettuale va esercitata adesso sul caso Breivik. Il dato interessante è semmai la Norvegia, che si era illusa, dopo la guerra e in un’epoca di intensi conflitti ideologico-religiosi, di aver debellato per sempre l’intolleranza, la prevaricazione politica, l’odio, il terrore. Un paese che svettava da anni negli indici di felicità mondiali e che aveva costruito un modello ideale di welfare, solidarietà e accoglienza. Il killer di Utoya è soltanto un cretino apocalittico.

Per inviare al propria opinione al Giornale, il Foglio, cliccare sulle e-mail sottostanti.


segreteria@ilgiornale.it
lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT