domenica 19 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Libero - il Foglio - La Stampa Rassegna Stampa
01.09.2010 Hamas boicotta i negoziati assassinando quattro israeliani a Hebron
Commenti di Angelo Pezzana, Redazione del Foglio. Cronaca di Giordano Stabile

Testata:Libero - il Foglio - La Stampa
Autore: Angelo Pezzana - Redazione del Foglio - Giordano Stabile
Titolo: «Hamas boicotta il tavolo della pace Uccisi quattro coloni - Cisgiordania, agguato ai coloni. Sterminata una famiglia in auto»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 01/09/2010, a pag. 19, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Hamas boicotta il tavolo della pace. Uccisi quattro coloni". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Contro i negoziati quattro settlers israeliani uccisi a Hebron". Dalla STAMPA,a  pag. 16, la cronaca di Giordano Stabile dal titolo " Cisgiordania, agguato ai coloni. Sterminata una famiglia in auto ", preceduta dal nostro commento.
Ecco gli articoli:

LIBERO - Angelo Pezzana : " Hamas boicotta il tavolo della pace. Uccisi quattro coloni "


Angelo Pezzana

Due uomini e due donne, una delle quali incinta, sono stati uccisi ieri sera in un attentato nei pressi di Kiriat Arba, una cittadina abitata in gran parte da ortodossi. Un attentato dalla chiara matrice palestinese, un avvertimento per minare quei colloqui che stanno per iniziare a Washington.
E dire che dopo anni di trattative andate in fumo non  c’era nemmeno più l’ansia, o la curiosità, di fare pronostici. Se Herb Keinon sul Jerusalem Post, si era chiesto perchè Netanyahu e Abu Mazen devono percorrere 10.000 km, quando la distanza fra Gerusalemme e Ramallah è di 15 minuti, la risposta sta probabilmente nella necessità assoluta di Obama di poter esibire un anche minimo risultato positivo della sua presidenza. In Israele l’estate era trascorsa tranquilla, nessun vento di guerra, l’economia, a differenza di quelle occidentali, tira, Bibi gode di notevole considerazione persino sulla stampa di opposizione (Aluf Benn, su Haaretz), per la volontà positiva che lo guida nel fare di tutto perchè i colloqui non saltino prima ancora di iniziare. Anche il governo va, ma con il 26 settembre, se non ci sono  risultati positivi dai colloqui, termina  il congelamento delle costruzioni, e una loro riconferma procurerà di certo una crisi di governo. Le proposte di Israele a sostegno della tesi 'Due Stati per due popoli', sono essenzialmente queste: 1) uno stato palestinese smilitarizzato e il controllo della valle del Giordano, per impedire che non entrino armamenti nel nuovo stato. 2) il riconoscimento di Israele quale stato degli ebrei. 3) il ritorno dei rifugiati solo nello stato palestinese 4) la dichiarazione di 'fine del conflitto', per evitare che da parte arabo-israeliana possano esserci poi richieste di autonomia o indipendenza in Galilea e nel Negev. Ma la posizione di Abu Mazen è problematica. La sua carica di presidente è infatti abusiva, essendosi rifiutato di indire nuove elezioni nel timore quasi certo di perderle. La presenza di Hamas in Cisgiordania è tale da creare preoccupazioni non solo a Israele, ma ad Abu Mazen per primo. Non si contano più gli attacchi contro di lui, da servo degli Usa, a venduto ai sionisti, è in atto una azione di delegittimazione nei suoi confronti, mentre lui si difende nel peggiore dei  modi, invece di attaccare i fondamentalisti, continua ad addebitare un probabile insuccesso dei colloqui ad Israele.  Anche se sa che le richieste di Israele sono più che accettabili, lo Stato palestinese è lì bell’e pronto, ma ci vuole una statura da leader forte, determinato ad andare anche contro una parte dei suoi. Adesso arriva un attentato terrorista, vedremo come lo affronterà.
Ieri Bibi si è augurato che, dopo Washington, i colloqui tra lui e Abu Mazen possano riprendere al più presto e con scadenza quindicinale. Una dichiarazione che aiuta a capire quanto da un lato siano deboli le speranze che i colloqui americani lasciano intravedere, ma dall’altro anche una forte volontà per arrivare ad una separazione consensuale, l’unica traduzione realista della parola pace.

Il FOGLIO - "  Contro i negoziati quattro settlers israeliani uccisi a Hebron"


Yasser Arafat

Gerusalemme. Ieri sera, a un solo giorno dai negoziati diretti di Washington tra il governo di Gerusalemme e quello palestinese, un’automobile con quattro settlers israeliani è stata crivellata di proiettili sulla Route 60, vicino Hebron, l’enclave ebraica in Cisgiordania che da sempre vive in stato d’assedio. Tutti e quattro i passeggeri, due uomini e due donne – una incinta – appartenenti alla stessa famiglia, sono morti. Soltanto una settimana fa il capo di stato maggiore uscente, Gabi Ashkenazi, aveva fatto il giro dell’area assieme al generale Nitzi Alon, il responsabile di settore, per capire come fronteggiare un’eventuale fiammata di violenza diretta a far fallire i colloqui di pace. L’appuntamento americano, fissato per stasera con una cena alla Casa Bianca, nasceva già sotto cattivi auspici. In queste ore l’incontro segreto tra il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, e Abu Mazen, tenutosi ad Amman domenica a cui è seguito un vertice a due dello stesso Barak col re di Giordania Abdullah II, tiene banco tra gli analisti che cercano di comprendere quante chance abbia il tentativo di trattativa fortemente voluto da Barack Obama. Di sicuro Barak è il leader israeliano che ha più conoscenze tecniche sui negoziati e altrettanto di sicuro avrà riproposto ad Abu Mazen lo schema complessivo di accordo che – da premier – aveva accettato nella trattativa voluta da Bill Clinton nel 2000 e che sciaguratamente Yasser Arafat aveva rifiutato. Un accordo che prevedeva la restituzione del 95 per cento della Cisgiordania occupata, la divisione in due di Gerusalemme e la soluzione del problema del ritorno dei profughi in territorio israeliano attraverso robusti indennizzi economici (e null’altro). La scelta di Amman quale sede per trattative segrete di così alto livello non è casuale. Innanzitutto perché re Abdullah II, più ancora di suo padre re Hussein, sa bene che anche il suo regno può vivere e svilupparsi soltanto se si risolve la questione palestinese, che letteralmente lo strozza da 62 anni; poi perché il 40 per cento dei cittadini giordani è costituito da profughi palestinesi che – unico caso tra tutti i paesi arabi – sono stati perfettamente integrati nella società giordana (in Libano, Siria, Egitto e altrove i profughi palestinesi non godono neanche dei diritti civili) e che possono influenzare enormemente le scelte di Abu Mazen; infine, perché lo schema dell’accordo di pace tra Israele e Giordania firmato il 26 ottobre 1994 da Yitzhak Rabin e re Hussein prevedeva quello scambio di territori che è la chiave della possibile soluzione della trattativa che si apre domani alla Casa Bianca. Chi c’è alla Casa Bianca La rigidità di Netanyahu nel difendere l’acquisizione di territorio attorno a Gerusalemme può essere dribblata offrendo ai palestinesi cospicue controparti territoriali. Restano altri nodi. Il primo è il riconoscimento da parte palestinese e araba del carattere ebraico dello stato di Israele. Così vuole la risoluzione dell’Onu del 29 novembre del 1947 che stabilì la costituzione di “uno stato arabo e uno stato ebraico”, così la realtà dei fatti. Ma su questo le resistenze di Abu Mazen sono enormi, perché se accettasse di riconoscere il carattere ebraico di Israele sarebbe forse travolto dall’indignazione religiosa degli oltranzisti che la considererebbero un atto apostatico. Anche perché porterebbe come conseguenza la fine del diritto dei profughi al ritorno e obbligherebbe i paesi arabi che ne ospitano i campi a cessare di farli vivere come parìa e a integrarli nelle loro società. Infine, la spartizione di Gerusalemme; ma forse, se questo fosse l’ultimo nodo da sciogliere potrebbe subire un compromesso. Compromesso che ha una e una sola ragione forte oggi per essere ricercato. Netanyahu, Mubarak, re Abdallah II e Abu Mazen hanno un enorme, urgente, interesse comune: fare la pace per potere usare il nuovo stato di Palestina come perno per fronteggiare un Iran nucleare che minaccia i regimi arabi come Israele. Infine, una notizia interessante: alle cene, ai colloqui e a tutte le fasi della trattativa alla Casa Bianca parteciperà, assieme al padre, anche Gamal Mubarak. Segnale certo della sua carica di erede designato e forse anche di prossimo candidato, al posto del padre malato, alle imminenti presidenziali egiziane.

La STAMPA - Giordano Stabile : "  Cisgiordania, agguato ai coloni. Sterminata una famiglia in auto "

I quotidiani italiani di questa mattina hanno scritto articoli sull'attentato terroristico palestinese contro quattro israeliani a Hebron. Pubblichiamo la cronaca di Giordano Stabile perchè è la più equilibrata. Non si può scrivere altrettanto del titolo del pezzo. Come su quasi tutti gli altri quotidiani, le vittime dell'attentato vengono qualificate come 'coloni' o 'settlers'. Prima che coloni erano israeliani, una famiglia disarmata.
Se fosse stato il contrario, una famiglia palestinese crivellata da terroristi israeliani, i quotidiani avrebbero usato le stesse titolazioni? Ne dubitiamo.
Ecco la cronaca di Giordano Stabile:

GERUSALEMME
Quattro israeliani sono morti in un agguato ieri sera in Cisgiordania, vicino a Hebron. Secondo «Ynet», il sito Web del quotidiano Yedioth Ahronoth,un’automobile israeliana stava viaggiando lungo una strada quando è stata bersagliata da un altro veicolo. Per la radio dei coloni, dopo il primo attacco gli aggressori si sono avvicinati all’auto e hanno colpito i passeggeri da distanza ravvicinata. Secondo «Ynet», le vittime sono tutte membri della stessa famiglia. Tra loro vi sono due uomini, tra i 25 e i 40 anni, e due donne, una delle quali incinta. Per gli agenti delle forze di sicurezza si è trattato di un’imboscata ben pianificata. Una prima rivendicazione dell’attentato è giunta dalle Brigate dei martiri di Al Aqsa (Al Fatah) con un messaggio via e-mail. L’autenticità però non è chiara. Poi è arrivata quella dell’ala militare di Hamas, le Brigate Ezzedin Al Qassam. In un primo comunicato hanno detto che l’attacco «è la risposta naturale ai crimini dell’occupazione israeliana». Poco dopo Hamas ha fatto sapere che l’attentato era opera del suo braccio armato.
Quello di ieri è il primo attacco mortale in Cisgiordania dallo scorso giugno. Arriva in un momento delicatissimo delle trattative di pace tra Israele e l’Autorità nazionale palestinese. Il premier Benjamin Netanyahu e il presidente dell’Anp Abu Mazen sono a Washington dove avranno il primo colloquio diretto dopo quasi due anni. Netanyahu ha chiarito subito che «il terrore non deciderà i confini d’Israele». Dagli Usa Abu Mazen ha denunciato fermamente l’episodio. Condanna «nel mondo più forte possibile» anche da parte della Casa Bianca mentre il premier dell’Anp, Salam Fayyad, ha affermato che l’attacco «è contro gli interessi palestinesi» e che perciò ulteriori misure verranno prese per evitare il ripetersi di episodi di questo genere «che ostacolano il processo politico che mira a ottenere libertà e indipendenza per il nostro popolo». In tarda serata il villaggio di Bani Naim è stato posto sotto coprifuoco. Secondo alcune fonti le forze israeliane sembravano in procinto ad entrare nel settore palestinese della città di Hebron.

Per inviare la propria opinione a Libero, Foglio e Stampa, cliccare sulle e-mail sottostanti


segreteria@libero-news.eu
lettere@ilfoglio.it
lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT