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Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
21.08.2010 Tra Occidente e islam c'è scontro di civiltà
Commenti di Ayaan Hirsi Ali, Giulio Meotti

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Ayaan Hirsi Ali - Giulio Meotti
Titolo: «La Casa Bianca sbaglia. Tra Islam e Occidente lo scontro è di civiltà - Obama paga un tour all’imam di Ground Zero. Buono per ogni stagione»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/08/2010, a pag. 21, l'articolo di Ayaan Hirsi Ali dal titolo " La Casa Bianca sbaglia. Tra Islam e Occidente lo scontro è di civiltà ". Dal FOGLIO, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Obama paga un tour all’imam di Ground Zero. Buono per ogni stagione ".
Ecco i due articoli:

CORRIERE della SERA - Ayaan Hirsi Ali : " La Casa Bianca sbaglia. Tra Islam e Occidente lo scontro è di civiltà "


Ayaan Hirsi Ali, Samuel Huntigton

Che cosa hanno in comune le polemiche sulla costruzione di una moschea a due isolati da Ground Zero, l’espulsione di missionari americani dal Marocco all’inizio di quest’anno, il divieto, l’anno scorso, di costruire minareti in Svizzera e la recente proibizione di indossare il burqa in Francia? Sono quattro questioni che i media occidentali considerano legate alla tolleranza religiosa. Non è questo, però, il loro significato profondo. In realtà sono tutti sintomi di quello che il politologo di Harvard Samuel Huntington ha chiamato «lo scontro delle civiltà», in particolare lo scontro tra l’Islam e l’Occidente.

Per chi ora ricorda solo il celebre titolo del suo libro, è utile riassumere le tesi di Huntington. Le componenti essenziali del mondo post-Guerra Fredda sono sette o otto civiltà storiche di cui l’occidentale, la musulmana e la confuciana sono le principali. L’equilibrio di potere tra queste civiltà, sosteneva Huntington, si sta spostando. Il potere dell’Occidente è in declino, l’Islam sta esplodendo demograficamente e le civiltà asiatiche — specie la Cina — sono in ascesa economica. Huntington diceva che sta emergendo un ordine mondiale in cui gli Stati che hanno affinità culturali collaboreranno tra loro e si raggrupperanno intorno agli Stati-guida della loro civiltà. Le pretese universalistiche dell’Occidente lo stanno sempre più spesso contrapponendo con le altre civiltà, particolarmente con l’Islam e la Cina. La sopravvivenza dell’Occidente dipende dal fatto che americani, europei e altri occidentali riaffermino l’unicità della civiltà che li accomuna — e si uniscano per difenderla dalle sfide altrui.

Il modello di Huntington, soprattutto dopo la caduta del comunismo, non era stato accolto con favore. Più popolare era l’idea espressa da Francis Fukuyama nel suo saggio del 1989 «La fine della storia», secondo cui vi sarebbe stata una convergenza di tutti gli Stati su un unico standard istituzionale, la democrazia liberale capitalista, e non vi sarebbero più state guerre. Il presidente Obama, a modo suo, pare credere alla teoria del mondo unico. Nel discorso al Cairo del 2009 auspicava una nuova era di comprensione tra l’America e il mondo musulmano. Sarebbe stato un mondo fondato «sul reciproco rispetto... e sul riconoscimento del fatto che l’America e l’Islam non si escludono a vicenda e non sono in competizione. Anzi, i nostri Paesi hanno in comune molti principi». La speranza del Presidente era che i musulmani moderati avrebbero accettato volentieri questo invito a un rapporto di amicizia. La minoranza estremista — agenti non legati a uno Stato, come Al Qaeda — sarebbe poi stata isolata e colpita con i droni.

Le cose non sono andate secondo i piani. Un perfetto esempio della futilità di questo approccio e della superiorità del modello di Huntington è il recente comportamento della Turchia. Secondo la concezione del mondo unico, la Turchia è un’isola di moderazione musulmana in un mare di estremismo. Vari presidenti americani hanno invitato l’Ue ad accogliere la candidatura turca basandosi su questo presupposto. Ma l’illusione che la Turchia sia l’amica moderata dell’Occidente nel mondo musulmano è andata in pezzi. Un anno fa il primo ministro turco Erdogan si è congratulato con l’iraniano Ahmadinejad per la sua rielezione, ottenuta con brogli eclatanti. La Turchia si è unita al Brasile nel cercare di allentare le pressioni condotte dagli americani per inasprire le sanzioni Onu volte a fermare il programma di armi nucleari dell’Iran. Ankara ha poi appoggiato la flottiglia di attivisti che voleva rompere il blocco israeliano di Gaza, dando a Hamas una vittoria d’immagine.

Se non si può più contare sul fatto che la Turchia vada verso l’Occidente chi, nel mondo musulmano, potrebbe farlo? Tutti i Paesi arabi, ad eccezione dell’Iraq — una democrazia precaria creata dagli Usa — sono governati da despoti di vario tipo. E tutti i gruppi di opposizione che hanno un qualche sostegno significativo tra le popolazioni locali sono formati da organizzazioni islamiste, come i Fratelli Musulmani egiziani. In Indonesia e in Malaysia i movimenti islamisti chiedono un’estensione della Shariah. In Egitto la stagione di Hosni Mubarak volge al termine. Gli Usa dovrebbero appoggiare l’insediamento di suo figlio? Il resto del mondo musulmano accuserebbe l’amministrazione Obama di due pesi e due misure: perché elezioni in Iraq e non in Egitto? Gli analisti hanno osservato che in elezioni libere e regolari una vittoria dei Fratelli Musulmani non può essere esclusa.

E l’Algeria? La Somalia? Il Sudan? È difficile pensare a un solo Paese a maggioranza musulmana che segua il copione del mondo unico. Quel che più avvalora il modello di Huntington è che riflette il mondo così com’è, non come vorremmo che fosse. Ci permette di distinguere gli amici dai nemici. Ci aiuta a identificare i conflitti interni a una civiltà, in particolare la rivalità storica tra arabi, turchi e persiani per la leadership del mondo islamico.

Ma «divide et impera» non può essere la nostra sola politica. Dobbiamo riconoscere quanto l’avanzata dell’Islam radicale sia il risultato di una attiva campagna di propaganda. I sauditi hanno investito 2 miliardi di dollari all’anno per 30 anni per diffondere la loro versione del fondamentalismo islamico. La risposta occidentale è stata al confronto trascurabile. La nostra civiltà non è indistruttibile: ha bisogno di essere difesa attivamente. Questa è stata probabilmente l’intuizione più importante di Huntington. Il primo passo per vincere questo scontro di civiltà è cercare di capire come si stia muovendo l’altra parte — e liberarci dell’illusione del mondo unico.

Il FOGLIO - Giulio Meotti : " Obama paga un tour all’imam di Ground Zero. Buono per ogni stagione "


Giulio Meotti

Roma. “L’America è islamofobica?”, si chiede la copertina di Time Magazine. Al centro della discordia c’è sempre l’imam Feisal Abdul Rauf e la sua moschea da costruire a Ground Zero, sul cimitero dell’11 settembre. Adesso spunta anche un tour dell’imam a spese del dipartimento di stato di Hillary Clinton. A rappresentare la mano tesa dell’America all’islam sarà proprio il controverso protagonista della Cordoba House, il centro islamico che dovrebbe sorgere a pochi isolati da Ground Zero. A scatenare le polemiche l’annuncio del portavoce del dipartimento di stato, Philip J. Crowley, che ha spiegato come la trasferta mediorientale di Rauf sia “sponsorizzata” dal governo. L’“imam Feisal”, così è conosciuto negli Stati Uniti, farà tappa in Qatar, Bahrain ed Emirati arabi uniti. Nei tre paesi del Golfo Persico discuterà della vita dei musulmani d’America e “promuoverà la tolleranza religiosa”. Crowley ha anche precisato che si tratta del terzo viaggio del genere per l’imam. La prima volta risale al 2007 con tappe in Qatar, Bahrain, Emirati arabi uniti e Marocco, la seconda volta è stata in Egitto a gennaio di quest’anno. Il portavoce del dipartimento di stato ha detto che quella con il religioso musulmano è “una relazione a lungo termine”, alludendo al fatto che uno dei due viaggi risale alla presidenza Bush. Due deputati repubblicani, Ileana Ros- Lehtinen della Florida e Peter T. King di New York, hanno definito “inaccettabile” la decisione del dipartimento di stato di sponsorizzare il viaggio dell’imam Feisal, di cui si ricorda spesso la mancata condanna di Hamas e l’elogio della sharia. Ma emerge anche un personaggio buono per ogni stagione e che era stato già un uomo di fiducia dell’ex presidente George W. Bush. Il dipartimento di stato guidato da Condoleezza Rice aveva già mandato l’imam Rauf in tournée in diversi paesi arabi nel 2007. La sua missione, concordata con l’Amministrazione Bush, era stata quella di spiegare ai paesi arabi che l’America non è un nemico dell’islam. E’ questa la tesi che Rauf ha illustrato nel suo libro più famoso, intitolato “Cosa è giusto nell’islam, cosa è giusto dell’America”. In quel testo l’imam sostiene addirittura che gli Stati Uniti sono la società più vicina agli ideali del Corano perché incoraggiano la diversità e promuovono la libertà di tutte le religioni. Bush lo interpellava regolarmente come consigliere sul mondo islamico. Lo stesso incarico gli è stato rinnovato dall’Amministrazione Obama. Hillary Clinton lo ha mandato in Egitto a gennaio, sempre nell’ambito di un programma di missioni per conquistare il consenso nel mondo arabo. Rauf è grande amico anche del segretario di stato dell’Amministrazione Clinton, Madeleine Albright, la quale ha nominato l’imam tra coloro dai quali aveva avuto ispirazione per il suo libro “The Mighty and the Almighty”, assieme a Clinton, Carter e re Abdullah di Giordania. Due giorni fa è stato scoperto anche un file dell’Fbi in cui uno dei loro speaker principali sul terrorismo e l’islam era stato proprio Rauf. Che si direbbe proprio un uomo di establishment. Numerose sono state le apparizioni dell’imam al blasonato Aspen Institute. Nel novembre del 2004 accettò di parlare in pubblico con Rauf anche il giudice conservatore della Corte suprema, Antonin Scalia. A volerlo con sè nel 2006 a Doha fu persino Karen Hughes, che è stata a lungo la confidente più ascoltata dall’ex presidente Bush, ancora più di Karl Rove. Il mistero più grande resta quello sui fondi con i quali Rauf intende costruire la moschea. Si parla da mesi dell’Arabia Saudita, che in passato ha lautamente sostenuto le iniziative di Rauf, ma anche dell’Iran. A far insospettire l’opinione pubblica è stata la risposta di Oz Sultan, portavoce della moschea a Ground Zero, alla domanda se ci fosse Teheran dietro il progetto: “Non commento su questo”. La moschea dovrebbe costare cento milioni di dollari e Rauf aveva già confermato che parte dei fondi sarebbero arrivati da potenze islamiche straniere. In passato per i suoi tour e progetti culturali, Rauf aveva ricevuto soldi anche dalla Libia. L’America vuole sapere se a finanziare la moschea dell’11 settembre sarà la nazione da cui venivano la maggior parte dei kamikaze, l’Arabia Saudita, oppure un regime teocratico e antisemita come l’Iran. Intanto contro la moschea si è schierato anche il direttore della tv al Arabiya, Abd Al Rahman Al Rashed: “La moschea diventerà un’arena per i promotori dell’odio e un monumento a coloro che commissero quel crimine”.

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