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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Foglio-Libero-La Stampa-Il Giornale Rassegna Stampa
05.03.2010 Olanda, vince Geert Wilders alle municipali. L'Europa dorme e non si accorge di ciò che significa
Tutti schierati contro di lui (meno tre) i giornali italiani

Testata:Il Foglio-Libero-La Stampa-Il Giornale
Autore: Andrea Morigi,Marco Zatterin,Livio Caputo, la direzione del Foglio
Titolo: «Geert Wilders vince in Olanda»

Geert Wilders è il vincitore alle elezioni municipali in Olanda, in attesa dei quelle politiche di giugno. E' la notizia del giorno, riportata correttamente solo da tre quotidiani a diffusione nazionale, LIBERO, GIORNALE e FOGLIO. Tutti, ripetiamo tutti, gli altri hanno pubblicato cronache pressochè simili, senza distinzione. Geert Wilders, come è successo fino a ieri, viene definito xenofobo, anti islam, non ha attenuanti, è il diavolo. A nessuno passa per la mente di cercare di capire come mai, proprio in Olanda, il paese che più di ogni altro è stato la culla della tolleranza, religiosa e civile, si sia sviluppato un movimento così forte contro la penetrazione dell'islamismo. Gli olandesi, mentre l'Europa dorme, si stanno svegliando, e vedono prima di altri il terrificante arrivo di Eurabia. L'articolo più scorrettio è quello di Marco Zatterin sulla STAMPA, dove il cronista se la prende persino con il colore dei capelli di Wilders, " ossigenati", una ossessione che gli fa notare di nuovo lo stesso colore, nei capelli dell'unico intervistato che esprime la sua soddisfazione per la vittoria di Wilders.
Seguono i pezzi dal FOGLIO, LIBERO, LA STAMPA,IL GIORNALE

Il Foglio- Quello "xenofobo" di Wilders

Nonostante le centinaia di minacce di morte e un surreale processo sulla libertà di parola, Geert Wilders ha vinto le elezioni municipali in Olanda. Il suo Partito per la libertà sembra avviato al successo anche alle elezioni di giugno. I liberal hanno relegato il fenomeno Wilders allo spettro della xenofobia, ignorando che la denuncia del corsaro olandese è rivolta all’islamismo come ideologia e non ai musulmani come popolo. E’ la differenza fra critica e razzismo. L’accusa di xenofobia è allora una foglia di fico che copre il vacuum dell’Europa, la sua democrazia erosa, la sua libertà religiosa che traballa sotto lo stigma dell’intolleranza, la sua crisi multiculturale. Wilders rappresenta però anche un certo rischio isolazionista per l’Europa, soprattutto sull’invio di truppe in Afghanistan, ostacolo sul quale il governo Balkenende è caduto. Resta il triste, sconcertante paradosso che l’uomo sotto processo per aver espresso idee piuttosto diffuse, seppur in tono oltraggioso e spesso feroce, sia anche quello di maggior successo in un continente alle prese con una forte crisi identitaria e la minaccia islamista. Un movimento capace di minare i principi cardine di una democrazia avanzata, dall’eguaglianza fra i sessi alla libertà d’espressione (specie nel paese di Theo van Gogh). C’è un’ombra dietro Wilders. E non è quella dei suoi elettori “razzisti”, olandesi che hanno visto la tolleranza perire sotto i colpi di lame ben affilate. E’ l’ombra dell’Europa, di cui l’Olanda è laboratorio privilegiato. E’ legittimo non essere d’accordo con l’analisi di Wilders, ma bruciarlo in effigie non aiuterà a risolvere i problemi. C’era un altro olandese a cui, prima di Wilders, diedero dello “xenofobo”. Si chiamava Pim Fortuyn e finì con tre pallottole in testa. Oggi le sue idee sono giudicate profetiche anche da chi lo chiamava “untermensch”. Il gaio subuomo.

Libero-Andrea Morigi: "Napolitano s'impiccia del boom di Wilders. E si prende un insulto "

  Scende in campo perfino il Quirinale contro il risultato delle urne olandesi. Ma «purtroppo il vostro Presidente si sbaglia di grosso. Siamo un partito pienamente democratico, che vuole preservare la nostra cultura, che è fondata sul cristianesimo e il giudaismo e perciò vuole meno islam. E gli elettori ci hanno dato ragione», replica Geert Wilders parlando al telefono con Libero. In una giornata convulsa, in cui l’Olanda lo ha incoronato come la speranza, il leader del Pvv deve prestarsi anche a farsi tradurre le dichiarazioni rese a Bruxelles in mattinata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Ma cos’ha detto precisamente il vostro Presidente?», vuol sapere.
IL QUIRINALE ATTACCA
Ecco qui quel che riportano le agenzie di stampa. Dunque l’af fermazione del Partito della Libertà in Olanda «è un segno preoccupante anche se si tratta di una tendenza fuori dalla storia », aveva detto il capo dello Stato, parlando ai giornalisti al termine di un incontro con il presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek. È un attacco a sorpresa, il suo: «Se si pensa di tornare al passato, si tratta di un pericolosissimo anacronismo», secondo Napolitano, che accusa implicitamente il partito di Wilders di puntare alla disgregazione dell’Unione europea. La sua ricetta consiste in un fumoso auspicio: «Forse serve che le forze più tradizionalmente europeiste si battano in modo più persuasivo per affermare il ruolo dell’Eu - ropa». Proseguendo poi in inglese, al fianco di Buzek, Napolitano aveva condannato le scelte democraticamente espresse dagli elettori dei Paesi Bassi, lanciando un avvertimento: «I cittadini europei non possono aspettarsi niente di nuovo da un angusto approccio nazionale». Wilders ascolta quelle parole, la cui eco è così flebile da non riuscire nemmeno a percorrere la breve distanza fra Bruxelles e L’Aja: «Queicommenti mirattristano », è la sua prima reazione. Si tratta comunque, rileva, di un’analisi tipica delle «vecchie élite politiche, di cui il vostro Presidente fa parte e di cui gli elettori si sono chiaramente stancati». Perciò, la reazione è la stessa degli elettori che lo hanno votato in numero crescente dal 2006 all’altro ieri: «Non siamo contro l’Europa, ma vogliamo un’Euro - pa federalista. Siamo contro l’Europa del Trattato di Lisbona », precisa. Su questo tema, fra l’altro, meno di un anno fa, il Partito della Libertà ha conquistato il 17 per cento, eleggendo ben quattro deputati al Parlamento europeo.
LE ÉLITE DEL PASSATO
Su chi rappresenti il futuro e chi il passato, poi, Wilders non ha dubbi: «Il vostro presidente sta combattendo una battaglia contro il numero crescente di persone che non ne possono più delle élite politiche. Dunque è chiaro che non sono certo io a combattere per il passato. Guardo avanti io, verso le prossime elezioni politiche che si terranno il 9 giugno in Olanda. Il risultato delle amministrative indica che oggi saremmo il primo partito del Paese con 29 deputati al Parlamento.

Libero-Andrea Morigi: " E ora Geert punta anche al governo "

Si tratta solo di attendere altri tre mesi e poi «diventeremo il maggior partito in Olanda il prossimo 9 giugno», prevede Geert Wilders, vincitore delle ultime elezioni amministrative olandesi. Se il suo Partito della Libertà – Pvv, è primo nella capitale e secondo in un sobborgo di Amsterdam, allora «ciò che è stato possibile all’Aja e Almere è possibile in tutto il Paese».
ANCORA CENTO GIORNI
Con il conto alla rovescia già iniziato, i prossimi cento giorni si annunciano decisivi per i laburisti del PdvA di Wouter Bos e i democristiani della Cda del premier Jan Peter Balkenende. Davanti a loro si prospetta un bivio. Possono accentuare il proprio declino insistendo con l’approccio immigrazionista rivelatosi tanto fallimentare quanto l’utilizzo dello strumento controproducente dell’accu - sa di xenofobia agli avversari. Oppure, cambiando strategia politica, potrebbero decidersi a ripensare il modello di convivenza, sconfitto alle urne, dei Paesi Bassi dove, su tredici milioni di residenti, oltre tre milioni – cioè il 23 per cento - sono immigrati extracomunitari e fra di loro i musulmani raggiungono quota 800mila. Finora, le istituzioni sono riuscite a compiere una quantità impressionante di passi falsi. Il più clamoroso dei quali risale a quando sono stati sottoposti i presunti «valori olandesi» alla visione dei nuovi immigrati, condensando in un video obbligatorio le scene di gay che si scambiano effusioni in pubblico e di topless balneari. Non che Wilders sia omofobo. Ha dichiarato in varie circostanze di ritenere barbare le consuetudini sharaitiche che prevedono la punizione degli omosessuali, così come l’im - posizione di norme religiose nella sfera della morale pubblica. L’elemento centrale sul quale fa leva il Pvv, tuttavia, è un altro: concedere la medesima libertà d’espressione ai predicatori della guerra santa ha causato l’omicidio del regista Theo van Gogh, accoltellato ad Amsterdam nel 2004 da un immigrato marocchino che lo aveva condannato a morte per aver osato descrivere l’islam, nel film Submission, come una religione violenta nei confronti delle donne. Perciò l’antidoto laicista e relativista non funziona. Semmai, otterrebbe l’effetto di scatenare ancora più odio verso l’Occidente decadente.
LE SCELTE SUICIDE
 Né ha premiato il cedimento nella lotta contro il terrorismo. I laburisti, facendo cadere il governo perché contrari al prolungamento della missione militare olandese in Afghanistan, si sono suicidati dal punto di vista elettorale, riducendo i propri consensi al 16%, rispetto al 23,45% delle precedenti amministrative, con una calo di circa sei punti. Seppure contro la loro volontà, saranno considerati i maggiori sponsor di Wilders, che a 48 anni si prepara ormai a diventare il prossimo premier olandese. Il suo partito, che era il quinto del Paese alle ultime elezioni europee, è salito al terzo, ma secondo alcuni sondaggi già al primo posto, proiettando a livello nazionale il risultato uscito mercoledì dalle urne, che «è un trampolino per la nostra vittoria », ha preannunciato il capo del governo in pectore.

La Stampa-Marco Zatterin- " L'Aja si scopre xenofoba, No al multiculturalismo "

Le prime parole che pronuncia nell’attimo del trionfo sembrano suggerite da un ghostwriter con un debole per Chaplin e «Il Grande dittatore». «Oggi Almere e l’Aia, domani l’intera l’Olanda» proclama Geert Wilders senza un filo di autoironia ai sostenitori osannanti nella notte che l’ossigenato leader dell’ultradestra aspettava da sempre. Le elezioni comunali di mercoledì hanno portato il suo Partito della Libertà (Pvv), populista, xenofobo e sopratutto antislamico, a un passo dalle forze che da sempre governano i Paesi Bassi, i cristiano democratici in rotta di Jan Peter Balkenende, i socialisti di Wouter Bos, in calo anche se meno del previsto. Se fosse stata una tornata politica come quella in programma il 9 giugno Wilders sarebbe a 24 seggi, cinque dalla maggioranza relativa. Un vero trionfo, ma non solitario. Gli olandesi hanno punito la litigiosa classe dirigente tradizionale, hanno scelto liberali, populisti e progressisti. «L’Olanda è in piena turbolenza, la società è confusa», riassume Naïma Azough, 37 anni, nata in Marocco, dal 2002 deputato della Sinistra verde, che sulla carta ha raddoppiato gli scranni a l’Aia, da 7 a 14.
Gli effetti dello tsunami che inquieta l’Europa democratica si misurano nel clamore mediatico che segue lo spoglio e nel silenzio che regna in Parlamento, un edificio in cui vecchio e nuovo si intrecciano come l’Olanda d’un tempo. In giro non c’è un’anima. Il vertice democristiano è chiuso a ragionare sulla debacle. Più in là c’è Wilders coi suoi, le guardie del corpo fuori della porta. I laburisti del Pvda hanno già fatto autoanalisi e Bos si autoconsola: «In febbraio valevamo 15 seggi, ora siamo a 27, altro che spacciati».
Sul tavolo di una brasserie dietro la Mauritshuis una copia di un giornale popolare annuncia che «Wilders Slaat Slag», titolo che suona come «Wilders ha fatto strike». Due trentenni incravattati passano e fanno una smorfia. A chiedere in giro sono pochi a ammettere di stare col votato Pvv. Caroline, 25 anni, risponde «non lo so» alla domanda sul leader populista. Anche lei non lo ha votato, «ma dei miei amici si, è una questione di principio: sono stufi, in tre anni il governo non ha fatto nulla».
Qualcosa è successo, invece. Due settimane fa i laburisti (Pvda) sono usciti dal governo e hanno sciolto il patto che dal 2007 li univa ai popolari e alla piccola Unione cristiana. La rottura è venuta sull’Afghanistan, il premier Balkenende voleva rinnovare il mandato ai soldati olandesi, Bos era contrario poiché la maggioranza aveva promesso il ritiro. Compromesso impossibile, crisi inevitabile. Elezioni anticipate per la quarta volta consecutiva, indette per il 9 giugno. Radicali gioiosi, convinti che il vicino voto locale avrebbe portato buone nuove.
Wilders lo sapeva. Nonostante il processo che lo vede come imputato per «incitamento all’odio», ha pagato la sua ossessiva politica contro l’islamizzazione, la lotta al Corano definito il nuovo «Mein Kampf», il rifiuto del velo. Deluso dai partiti tradizionali e impaurito dal futuro, un olandese su cinque gli ha dato fiducia. «Dopo l’11 settembre la gente ha scoperto nuove paure - ammette Khadija Arib, un’altra donna, un’altra marocchina, 49 anni, simbolo di integrazione, parlamentare socialista dal 1998 -. Wilders fa leva sulla voglia di sicurezza, sulle emozioni elementari, così nasconde l’assenza di un programma vero».
Vero o falso che sia, dovrà trovarsene uno. L’Olanda ha rinnovato i consigli di 394 comuni e il furbo Partito della Libertà ha corso solo a Almere - affollatissima città a nordest di Amsterdam - e all’Aja, il cuore della politica. Sulla prima piazza si è affermato con forza (21,6%) e potrebbe conquistare il municipio. Nella capitale amministrativa è arrivato secondo, a un soffio dai socialisti. «L’elite di sinistra crede nel multiculturalismo, nel superstato Ue - esulta Wilders -. Gli altri la pensano differentemente. Per questo io diventerò primo ministro».
«Oggi si scopre che gli olandesi non erano tolleranti, ma indifferenti», sentenzia Naïma Azough. «Wilders ci difende, è nuovo ed è estremo», rincara dietro il bancone di un Nightshop il biondo Klaas, 21 anni. «Non mi sento più rappresentato», ribatte deluso l’egiziano Karim, taxista da dodici anni. Vuol dire che il sogno di eguaglianza Orange è infranto. Lentamente, il potere diventa conservatore, chiude coffee shop e bordelli. La crisi ha gonfiato la deriva populista. I democristiani restano leader (avrebbero 29 seggi a l’Aia) e tacciono. L’ex alleato socialista Jeroen Dijsselbloem non la vede così male, stima che «il 40% del voto per Wilders è di protesta».
«Ci vorrà un compromesso difficile», ammette Khadija Arib. I sondaggi dicono che Balkenende resta il più gradito, il buon senso suggerisce di cambiare. «Basta con la solita gente», mugugna Annik, 21 anni, studentessa, mentre entra in un locale argentino. A giugno si vota nella buriana. Gli editorialisti rammentano che alle politiche non si sceglie con la stessa leggerezza e che l’affluenza è stata bassa (56%). Chi sarà il premier? «Cercheremo una maggioranza nel caos - sorride la verde Azough -. Qualche consiglio dall’Italia, a proposito, potrebbe essere utile».

IL Giornale-Livio Caputo: " L'Olanda è a rischio solo perchè vince l'uomo anti-islam"

In tempi normali, le elezioni amministrative olandesi vertono sulle tariffe dei parcheggi, le tasse sui cani e la raccolta della spazzatura. Ma questi, per il Paese dei tulipani, non sono tempi normali. Dopo che la coalizione di centro-sinistra del premier Balkenende è saltata sul mantenimento del corpo di spedizione in Afghanistan e il Parlamento ha dovuto essere sciolto in anticipo, la consultazione locale di martedì ha assunto la funzione di sondaggio d'opinione per le legislative del 9 giugno, con particolare attenzione per le prospettive del Partito della Libertà (Pvv) di Geert Wilders, che gli avversari definiscono xenofobo, anti-musulmano e ultranazionalista, e che si propone di «sottrarre l'Olanda al dominio di una élite sinistrorsa che coccola i criminali e favorisce l'islamizzazione del Paese». Il risultato non avrebbe potuto essere più eloquente: pur essendosi presentato con le proprie liste soltanto in due municipalità su 394 - Almere e la capitale l'Aja - il Pvv ha ottenuto tali consensi che, proiettando il risultato sul piano nazionale, tra tre mesi passerebbe dagli attuali 9 a 24 deputati, diventerebbe il terzo partito del Paese e potrebbe diventare essenziale per la formazione di qualsiasi governo di coalizione.
Wilders, 46 anni, chioma biondissima, è uno dei politici più controversi dell'Unione Europea. Accusato in patria di incitamento all'odio razziale, irriducibile avversario dell’uso del velo nei luoghi pubblici, si è visto negare recentemente il permesso di entrare in Gran Bretagna per presentare il suo film «Fitna», in cui equipara il Corano all'hitleriano «Mein Kampf» e sovrappone la lettura di alcuni dei suoi versetti più controversi a scene di terrorismo islamista. Ma un giudice d'appello ha cassato questa decisione, e proprio oggi Wilders sarà ricevuto alla Camera dei Comuni per una proiezione della controversa pellicola, che ha fatto infuriare tutte le comunità musulmane d'Europa e indotto vari imam a pronunciare fatwe contro il suo autore. Da allora, il fondatore del Pvv vive sotto scorta e non dorme mai per due notti consecutive nello stesso letto.
Milioni di olandesi «politicamente corretti» si stanno stracciando le vesti per questi risultati, obliquamente criticati perfino dal presidente Napolitano durante la sua visita a Bruxelles. La prospettiva di un governo condizionato dal Pvv, anche solo attraverso l'appoggio esterno, spaventa l'elettorato moderato sia in vista di un possibile acuirsi delle tensioni razziali, sia per possibili ritorsioni di alcuni Paesi islamici. Ma, se sarà confermata alle politiche, l'affermazione di Wilders sarà soltanto il risultato di una politica dell'immigrazione per lunghi anni troppo tollerante, di una presenza di musulmani al limite del tollerabile e di un clima di violenza e di insicurezza diffusa, simboleggiata dall'assassinio del regista Theo Van Gogh da parte di un fanatico marocchino ma che produce ogni giorno scontri e risse. «È la democrazia, bellezza», ribattono i seguaci di Wilders, parafrasando la famosa battuta di Clinton, e si preparano a promuovere il loro programma di contrasto all'invasione islamica; tra i punti più stravaganti, c'è l'imposizione di una tassa sui tessuti usati dai musulmani per i loro abiti tradizionali, che secondo il Pvv «inquinano il Paese».
È significativo che il partito più penalizzato dagli elettori sia stato quello laburista, che oltre a chiedere il ritiro dall'Afghanistan è anche il più morbido in materia di immigrazione e soprattutto il più favorevole a un grande sforzo di integrazione: secondo le proiezioni, scenderebbe il 9 giugno dall'attuale 23,4% al 16, meno del Pvv. Se, come dicono, l'Olanda è una specie di laboratorio politico della Ue, ci aspettano altre sorprese.

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