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Libero - Il Riformista Rassegna Stampa
17.10.2007 Sanzioni europee all'Iran: la visita di Putin a Teheran dimostra che il momento è arrivato
due articoli di Emanuele Ottolenghi

Testata:Libero - Il Riformista
Autore: Emanuele Ottolenghi
Titolo: «Putin si coccola l'Iran Accordi con Teheran su petrolio e difesa - Stop alle forniture, meno scambi»
Da LIBERO del 17 ottobre 2007 (pagina 21), l'analisi di Emanuele Ottolenghi sul viaggio di Vladimir Putin a Teheran:

La visita di Vladimir Putin a Teheran avviene in un momento particolarmente difficile delle relazioni tra l'Occidente e Mosca. Da mesi queste relazioni vanno deteriorandosi e uno dei punti più controversi nel contenzioso è proprio l'Iran. Da un lato la Russia ha giocato un ruolo positivo nel cercare di contenere le ambizioni nucleari iraniane. Pur avendo firmato un accordo con Teheran per la costruzione del reattore nucleare di Bushehr, la Russia insiste sul pagamento in contanti del contratto prima di iniziare a fornire il reattore di combustibile, e nemmeno la visita di Putin a quanto pare a sbloccato la situazione. In pratica, la posizione russa è di non rinunciare al contratto e al suo valore commerciale ma di fare ostruzione, impedendo agli iraniani di fare progressi. D'altro canto la Russia ha preso posizioni ostili nei confronti dell'Occidente con riguardo in particolare alla percezione occidentale dell'Iran come una minacci! a strategica. Le tensioni sono emerse mesi fa con riguardo al dispiegamento delle batterie antimissile in Polonia e Repubblica Ceca - nonostante che le installazioni non rappresentano alcuna minaccia al territorio russo. Più di recente, la Russia ha sollecitato un impegno dei paesi che si affacciano sul Caspio a non offrire il proprio territorio per attacchi reciproci - cioè nessun paese ripario darà in pratica agli Stati Uniti basi e spazio aereo per attaccare l'Iran. Mosca fornisce armi sofisticate all'Iran e al suo alleato, la Siria - nell'ambito della visita di Putin, Russia e Iran hanno firmato, secondo notizie d'agenzia, un accordo per una fornitura di 50 aerei MiG-29. La Russia ha inoltre venduto di recente 50 sofisticati sistemi di difesa antiaerea alla Siria, di cui 14 sarebbero destinati all'Iran. E dopo che l'aviazione israeliana ne ha neutralizzato il sistema operativo nel recente raid aereo in Siria, tecnici russi avrebbero fatto visita alle installazioni in Iran per rafforzarne le difese elettroniche. Anche sul fronte diplomatico la Russia non collabora: pur avendo votato le due risoluzioni ONU contro il programma nucleare iraniano la diplomazia russa sta da mesi ostacolando ogni tentativo americano, francese o inglese di introdurne una terza che espanda il regime di sanzioni. Per la Russia l'Iran è un mercato attraente. Ma il problema Putin è un altro, e questa visita, la prima di un capo di stato russo dal 1943 quando Josip Stalin andò a Teheran, lo sottolinea. Putin ha dichiarato, prima di arrivare a Teheran, che non esistono prove sufficienti a dimostrare che l'Iran sta cercando la bomba nucleare, e questo nonostante Tehran abbia nascosto aspetti cruciali del suo programma nucleare per diciotto anni, nonostante i dubbi sollevati dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, e nonostante il suo programma di missili balistici, che si spiega solo nel contesto di un programma di armi non convenzionali. Il significato di questa visita, al termine di mesi di atti politici di sostegno alla posizione! iraniana, è che Mosca con tutta probabilità continuerà a non collaborare con l'Occidente e non permetterà ulteriori sanzioni ONU contro Tehran. Il che lascia all'Europa e gli Stati Uniti due possibilità: una, quella delle sanzioni unilaterali, che per il momento il summit di Lussemburgo, sotto la pressione congiunta di Italia, Germania e Austria, ha bocciato, e l'al tra quella dell'attacco militare, che si sta cominciando a preparare. Se l'Europa vuole impedire l'atomica iraniana, e non crede all'uso della forza, questo allora deve significare per noi la visita di Putin: che è giunto il momento di adottare sanzioni europee contro l'Iran senza ulteriori indugi e senza contare su Mosca.

A pagina 2 del RIFORMISTA indica alcune delle possibili azioni europe verso l'Iran

Il consueto appuntamento mensile dei ministri degli Esteri europei si è concluso a Lussemburgo senza dare alcuna soddisfazione al tentativo del ministro francese, Bernard Kouchner, di convincere gli altri stati membri di adottare nuove sanzioni economiche contro l'Iran. L'urgenza francese non è condivisa dal resto dell'Europa, soprattutto per le obiezioni di Germania, Italia e Austria, che preferiscono dar credito all'iniziativa dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, e dare tempo all'Iran fino a fine novembre. Politicamente, l'opposizione della Cina e della Russia all'allargamento delle sanzioni lascia poco spazio a un'ulteriore risoluzione Onu, almeno per il momento. Se ne riparlerà al prossimo summit del 19 novembre. Nel frattempo però una considerazione è d'obbligo.
Non c'è dubbio che più si amplia il sostegno e l'adesione internazionale al regime delle sanzioni, più chances ci sono che le sanzioni ottengano gli scopi che si prepongono. Tessere pazientemente la tela di un tale consenso vale la pena. Ma non c'è garanzia che a novembre la Cina e la Russia cambino idea o che l'Iaea getti la spugna. Visti i fitti rapporti commerciali e politici che l'Europa intrattiene con Teheran, l'Europa può invece adottare subito varie misure senza colpo ferire, tese ad aumentare la pressione sul regime iraniano, far capire all'Iran che le sue tattiche dilatorie comportano dei costi e soprattutto segnalare la volontà europea di mettere i propri interessi strategici davanti a quelli mercantili.
Cosa si può fare? Intanto, l'Iran dipende molto dalle forniture di pezzi di ricambio da industrie europee. Senza i ricambi, industria e infrastrutture iraniane, compreso il settore nucleare, sarebbero duramente colpite. L'Iran dipende dalle imprese europee anche per molti progetti d'ammodernamento. Rallentarne l'attuazione, per esempio nel settore energetico, in cui numerose compagnie europee tra cui l'Eni sono coinvolte, arrecherebbe gravi danni all'economia iraniana. Alcune forniture industriali poi sono cruciali non solo a progetti civili ma anche, collateralmente, al programma nucleare. Ci vogliono dunque restrizioni su questi settori. In questo senso, l'Italia dovrebbe escludere delegazioni iraniane da qualsiasi evento fieristico di rilevanza con il programma nucleare - per esempio la Samoter di Verona a marzo 2008, maggior evento internazionale sulle macchine per lo spostamento terra - e con l'apparato repressivo del regime: vendiamo gru all'Iran, e l'Iran usa gru per impiccare la gente in piazza. Non c'è ragione che compagnie europee forniscano tali strumenti al regime.
Accanto a queste misure economiche ce ne sono altre, simboliche, che meritano d'esser vagliate. Intanto, si possono rendere più complicate, lunghe e gravose le procedure di visto per diplomatici, rappresentanti d'industria e commercio iraniani che desiderano visitare l'Europa. Si potrebbero persino negare i diritti aeroportuali alla compagnia aerea iraniana, complicando le cose per la classe dirigente iraniana. Ogni parlamento nazionale intrattiene rapporti con le controparti estere, invitando delegazioni e visitando parlamenti stranieri. Non c'è ragione che il parlamento europeo e i parlamenti degli stati membri - c'è una delegazione parlamentare iraniana in visita a Praga questa settimana ad esempio - continuino questa pratica con il parlamento iraniano, specie visto che alcuni membri del Majlis, quali il presidente della commissione esteri, hanno un ruolo attivo nel programma nucleare iraniano: non dovrebbero più esser degni dell'onore d'un invito, o di ricevere nostre delegazioni. In questo senso, val la pena segnalare alla leadership iraniana che quando ministri iraniani vengono in visita ufficiale in Europa, lascino a casa le delegazioni di uomini d'affari iraniani di solito al seguito. Il dialogo va bene, ma non è nostro interesse promuovere rapporti commerciali con un paese il cui programma missilistico e nucleare minaccia le maggiori capitali europee.
Lo stesso vale per noi: quando i nostri politici visitano l'Iran, ci vadano da soli, senza il solito codazzo d'investitori. Semmai, si portino dietro sindacalisti e rappresentanti di Amnesty International, per sollevare, a ogni incontro pubblico e privato, la questione dei diritti umani prima di ogni altra cosa. In quanto alle attività dei nostri uffici del commercio estero, sarebbe saggio ridurle a Teheran, scoraggiando ulteriormente scambio e investimento. Lo stesso vale per gli scambi accademici, da ridurre al minimo, vietando in maniera tassativa ogni tipo di visto e di accesso a studenti e docenti iraniani nelle discipline scientifiche e riducendo in maniera considerevole il loro numero per le facoltà umanistiche. In fine, bisogna stabilire solidi canali di dialogo attraverso i nostri sindacati con controparti iraniane indipendenti, molte delle quali in prigione, per promuovere i diritti civili in Iran e promuovere i diritti delle minoranze in Iran dando loro spazio; invitando giornali e cittadini ad adottare un dissidente raccontandone la storia sulla stampa nazionale; dando voce ai dissidenti attraverso manifestazioni pubbliche e cercando il patrocinio istituzionale per tali eventi - per esempio il presidente del nostro Senato potrebbe far sua un'iniziativa sulla sistematica violazione dei diritti umani in Iran. Ci sono molte cose che l'Europa può fare per far capire all'Iran che le sue ambizioni nucleari non sono accettabili. Ma occorre che gli europei capiscano prima di tutto che tali ambizioni costituiscono una minaccia reale per i nostri interessi strategici e che per difendere i nostri interessi, dobbiamo essere pronti a pagarne il prezzo.

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