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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale - Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.06.2007 Boicottaggio antisemita in Gran Bretagna, contro le università israeliane
l'editoriale di Fiamma Nirenstein e la cronaca di Davide Frattini

Testata:Il Giornale - Corriere della Sera
Autore: Fiamma Nirenstein - Davide Frattini
Titolo: «Se Cambridge si scopre antisemita - Boicottaggio britannico Israele accusa: «Ipocriti»»

Dalla prima pagina del GIORNALE del 1 giugno 2007, l'editoriale di Fiamma Nirenstein:

Ben prima di fondare nel 1948 lo Stato, gli ebrei fondarono l’Università: il Politecnico di Haifa nel 1924 e nel 1925, a Gerusalemme, la Hebrew University. Ambedue, con altri atenei israeliani, oggi si trovano nell’ambito dell’eccellenza. Ma questo non importa all’accademia inglese, accecata da un’ideologia di cui sarebbe andato fiero Sdanov. Il boicottaggio contro le università israeliane dell’associazione dei docenti universitari «lecturer» (Ucu, University and College Union) è un gesto di estremismo inaudito: i distinti docenti di Cambridge, secondo il voto di mercoledì, non andranno in Israele per studi e conferenze, non riceveranno professori e studenti israeliani, cancelleranno ogni programma di collaborazione con uno dei Paesi più ricchi di idee e di premi Nobel del mondo. L’Ucu rappresenta oltre 100mila docenti. Il voto è passato con 158 voti contro 99, in un’atmosfera di guerra e trionfo, con urla e accuse sanguinose («nazisti») agli studenti e ai professori israeliani che con un cartellone pregavano, gli illusi: «Parlate con l’accademia Israeliana». Intanto su Sderot piovevano i missili kassam, un bambino paralitico colpito insieme ad altri due su un pulmino fra Sderot e Ashkelon moriva all’ospedale; si sono levate urla di gioia per la mozione, come se sui professori si librasse lo spirito, come se il senso dell’impegno per i diritti stesse tutto nell’uccidere virtualmente, mettendone al bando la cultura, l’unico Stato democratico del Medio Oriente, come se la lotta per la libertà consistesse nel passaggio libero degli uomini di Hamas dai check point, nell’impedire a Israele di combattere l’attacco terroristico che non si ferma. Come se l’impegno trovasse valore nell’escludere dalla cultura europea gli ottimi studenti e professori dell’accademia di Gerusalemme e Tel Aviv, città a suo tempo bombardate da Saddam Hussein; come se fosse una medaglia al valore segregare l’università di Haifa, bombardata dagli hezbollah nella guerra di agosto; o Beersheba, città universitaria del Negev, nella zona di Sderot, la cui gente vive nel terrore dei missili di Hamas. Questo, anche dopo che Israele ha deciso, nonostante il bombardamento continuo, di non invadere Gaza ma di limitarsi a contrattacchi ai responsabili diretti e alle strutture. Ma che importa, la realtà di Israele è virtuale, non fattuale: Israele è oppressore anche se si limita a difendersi con la mano sinistra.
E infatti in queste ore la Unison, il sindacato dei servizi pubblici del Regno Unito, sta considerando di votare nella conferenza annuale di metà giugno una proposta di boicottaggio generale a Israele. Bella impresa, unificante. La più grande federazione delle Trade Union sudafricane sta lanciando una campagna per il boicottaggio su tutti i beni israeliani e per rompere i rapporti diplomatici. Altre iniziative di boicottaggio si risvegliano in Europa, e ricordiamo che nel passato se ne sono avute anche negli atenei italiani.
Pensiamoci un attimo: i docenti inglesi, che lamentano la violazione dei diritti civili da parte israeliana, se la sono mai presa con le università cinesi, dato che in quel Paese la pena di morte falcia i dissidenti, o che la Cina opprime il Tibet? abbiamo mai sentito parlare di un boicottaggio contro l’università russa, dato che Putin ha liquidato migliaia di musulmani in Cecenia? I prof britannici hanno boicottato i siriani, che hanno soppresso le minoranze e che tengono in carcere l’opposizione? Come la mettiamo con le università di tutti i Paesi in cui le minoranze sono oppresse, torturate, incarcerate per le loro idee, in cui le donne sono segregate o picchiate, gli omosessuali soppressi, come nei territori palestinesi? Con i Paesi che opprimono le loro minoranze? Ci se la prende con un Paese dove niente di questo genere accade, i cui soldati si comportano in guerra secondo un codice morale certamente più severo, e alquanto, di quello dei soldati britannici o anche americani, che sparano solo se attaccati e per prevenire il prossimo attacco terrorista o missilistico. Perché gli accademici britannici non hanno boicottato l’Università di Nablus, An Naja, che organizzò una mostra fatta di pizza e sangue, con tanto di immagine esaltante del terrorista con maschera e cintura, sull’attentato della Pizzeria Sbarro di Gerusalemme, esplosa il 9 agosto del 2001, 15 morti, quasi tutti bambini, 130 feriti? Né è mai stata messa in mora l’università di Teheran dove i docenti e gli studenti vengono bollati da uno speciale comitato che controlla la fedeltà al regime attribuendo «stelle» che giunte a tre portano all’espulsione. Perché? Diciamolo una buona volta che si tratta dell’antisemitismo del nostro tempo, spinto avanti da una deprecabile condizione culturale in cui l’estremismo islamico più omicida è promosso a Londra, anche dal sindaco Ken Livingstone, a rango di cultura delle minoranze, in cui possono fiorire i terroristi come quelli del «tube» e degli autobus di Londonstan, in cui l’Europa perde l’anima. Uno studente arabo israeliano, Amal Hassan Shehadeh, dell’università di Bar Ilan, a Bournemouth dove si svolgeva la discussione, ha passato tutta la notte davanti all’edificio dell’assemblea cercando di spiegare a quei grandi combattenti dei diritti civili che il boicottaggio degli israeliani avrebbe incluso anche parecchi arabi. Ma quelli erano troppo intelligenti per capire.

Da pagina 20 del CORRIERE della SERA, la cronaca di Davide Frattini: 

GERUSALEMME — Una lettera inviata al ministero della Difesa per difendere il diritto allo studio dei giovani palestinesi che vivono a Gaza. Firmata dagli scrittori Amos Oz, David Grossman, Abraham Yehoshua e dai rettori di quattro università, Haifa, Tel Aviv, la Ben Gurion a Bersheeva e quella ebraica di Gerusalemme. Proprio gli atenei che i 120 mila membri della University and College Union britannica hanno deciso di boicottare, quando mercoledì hanno votato una mozione presentata al congresso del più grande sindacato che rappresenta i professori in Gran Bretagna.
L'appello indirizzato dagli intellettuali ad Amir Peretz è partito lo stesso giorno. «Mentre Israele sta combattendo contro un boicottaggio, continua con una politica che nega la libertà accademica degli studenti palestinesi, impedendo loro di andare ai corsi in Cisgiordania», commenta Kenneth Mann, docente all'università ebraica di Tel Aviv. La coincidenza tra le due iniziative è servita a Bradley Burston, in un commento sul quotidiano liberal Haaretz, per scrivere uno degli attacchi più duri contro la decisione britannica. «La cecità della sinistra radicale è dimostrata dal fatto che hanno scelto di punire il gruppo che, fin dall'inizio, ha combattuto per i diritti dei palestinesi all'autodeterminazione, che ha gridato contro l'occupazione. I docenti, prendendosi rischi professionali, fisici e legali, hanno sfidato da dentro le istituzioni il nazionalismo israeliano». «È un'ipocrisia — commenta il quotidiano
Maariv —. Perché Israele, invece della Siria o la Russia? Perché non consacrare tutta questa energia a fermare i massacri in Darfur?».
I due sindacati britannici, che si sono fusi nella University and College Union, avevano già approvato in passato forme di boicottaggio, ritirate dopo le polemiche. La mozione votata mercoledì condanna «la complicità della comunità accademica israeliana nell'occupazione. La passività o la neutralità in questi casi sono inaccettabili. Le critiche allo Stato ebraico non possono essere respinte come antisemitismo». In teoria, il boicottaggio potrebbe cancellare qualunque contatto e scambio tra gli atenei dei due Paesi. «Il documento approvato — ha voluto precisare Sally Hunt, segretaria generale del sindacato — impone alle sezioni di consultare gli iscritti su questo problema e tutti avranno la possibilità di esprimere quello che pensano. Sul boicottaggio non c'è ancora una decisione finale». Yuli Tamir, ministro dell'Educazione israeliano e fondatrice del movimento Pace Adesso, è convinta che non ci saranno conseguenze pratiche: «Le migliori università si rifiuteranno di applicarlo». L'ambasciatore britannico ha confermato che il governo di Londra si oppone all'iniziativa. Ma il sindacato del pubblico impiego, con quasi un milione e mezzo di iscritti, vuole votare fra due settimane un embargo sui prodotti con marchio israeliano.
Tra i ministri di Ehud Olmert, c'è chi prepara le contromisure. Zeev Boim, responsabile per l'Integrazione dei nuovi immigrati, propone un appello ai mecenati ebrei nel mondo perché taglino le sponsorizzazioni agli istituti che assumano atteggiamenti ostili. Il Fondo Goldhirsh ha già escluso gli scienziati britannici da un finanziamento di 150 milioni di dollari per la ricerca sui tumori cerebrali.

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