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Il Giornale Rassegna Stampa
23.03.2024 Lasciate la mia gente a Rafah. O il mare dell’odio vi sommergerà
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 23 marzo 2024
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Lasciate la mia gente a Rafah. O il mare dell’odio vi sommergerà»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 23/03/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Lasciate la mia gente a Rafah. O il mare dell’odio vi sommergerà".

Fiamma Nirenstein
Fiamma Nirenstein

Antony Blinken (Segretario di Stato Usa) incontra a Tel Aviv il premier Benjamin Netanyahu. Proprio lo stesso giorno in cui gli Usa presentavano al Consiglio di Sicurezza dell'ONU una risoluzione per il cessate il fuoco, dimostrando di non saper distinguere fra aggressore e aggredito

Let my people go. Il faraone rifiutò a lungo il diritto del popolo ebraico alla libertà. Ma il mare che alla fine si aprì per Mosè e il suo popolo, si rovesciò alla fine sulle sue truppe all’inseguimento degli ebrei che camminavano verso Israele. Israele è abituata alle sirene di allarme, ma oggi l’ululato si dovrebbe avvertire in tutto il mondo: sia pure avvolte in parole flautate, nella stessa giornata si sono votate due risoluzioni per fermare Israele, uno da parte della maggiore istituzione mondiale, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e l’altra dalla Casa in cui si è generata la democrazia e che tuttavia conosce il male assoluto, l’Europa. Cercare di bloccare Israele è segno di oblio della storia, delle atrocità del 7 ottobre, di incomprensione del loro significato universale, è una firma sulla condanna di decine di migliaia di profughi a non tornare a casa, una consapevole acquiescenza al ritorno di Hamas al potere e a una nuova guerra terrorista, oltre che una chiara condanna per il destino dei palestinesi. Non è utile a nessuno. Al contrario, battere Hamas è indispensabile al mondo, ed è sconcertante, triste, che si agisca al contrario. Poiché le risoluzioni sono formulate con una certa cautela, si ricorda la strage del 7 ottobre, si chiede dall’ONU la restituzione degli ostaggi, nella seconda, quella europea, è meno chiaro quello che si pretende. Israele è l’obiettivo.

Gli si chiede di fermarsi prima di Rafah (un nome ormai diventato una bandiera per biasimare Israele di una sua supposta noncuranza verso la folla palestinese, ipotesi inconsistente, dato che ancora l’attacco non ci è stato proprio per consentire uno sgombero e una cura della gente efficaci e dato che una delegazione israeliana è in America proprio per parlare di questo, bontà sua) e in sostanza lo si condanna per le sofferenze della gente di Gaza. Sì, Israele è colpevole, gli ebrei lo sono, devono stare attenti, anche rinunciare a obiettivi essenziali, anche lasciar perdere Sinwar, o i rapiti se sono a Rafah. Rafah, non si tocca. Non devono stare attenti i cinesi con gli Uiguri, non gli iraniani, non i siriani, a suo tempo non gli americani, non gli inglesi. È solo Israele che deve stare attenta a come gestisce la guerra. Un paio di deputati europei hanno persino osato utilizzare un parallelo osceno, accusando di doppio standard chi non colpevolizza Israele come i russi. Un piccolo particolare: Israele è stata aggredita, e come. Ma non importa. Tutto il mondo le sta addosso. E anche se perde, è chiaro che non importa. Forse, è meglio. Non si rinunciato all’uso della parola “sproporzionato” e quella della richiesta di fermarsi.

Sinwar di certo oggi festeggia coi suoi boia, se aveva in mente di portare a conclusione un accordo sul rilascio degli ostaggi, il prezzo sale. Hamas è un problema privato di Israele, l’Occidente nega la necessità complessiva di vincerlo e dà a Gaza il suo appoggio, senza ammettere che cercare di fermare Israele è un appoggio a Hamas e una condanna per Israele. In più la colpevolizzazione ulteriore di Israele solleverà le onde nere dell’antisemitismo mondiale in crescita. Sulla politica dell’ONU e dell’UE si affollano gli opportunismi, la mancanza di chiarezza morale, la confusione di un Occidente preda della paura di folle sgangherate come quella che ha imposto al collegio accademico di Torino una risoluzione simile a quella imposte dal fascismo. È un accerchiamento che proviene dal martellamento elettorale americano, dalla decisione del Canada di non vendere armi a Israele, dalle minacce di isolamento di Germania, Spagna, Olanda, Inghilterra, dall’odio belga e irlandese… Sono il seguito delle posizioni sia di António Guterres che di Borrell, il primo che a pochi giorni dalle atrocità di Hamas commentava l’attacco del 7 ottobre colpevolizzando Israele: “non avviene in un vuoto”; l’altro, fra le tante uscite, una geniale su Project Sindicate: “l’estremismo sta aumentando da entrambe le parti”. La parola proporzionalità appare nelle due risoluzioni, una bestemmia quando si combatte su un terreno in cui ogni struttura civile è una casamatta, e soprattutto quando il nemico è un tagliagole di bambini e uno stupratore seriale che usa la sua gente su un’area nazificata; gli altri punti, aiuti umanitari, salvaguardia dal fuoco, è quello che Israele ha fatto sin dall’inizio della guerra più di qualsiasi altro esercito, sapendo che gli aiuti umanitari li sequestra Hamas, e che la gente viene usata in difesa da Sinwar, mentre si sparano cifre fantasiose sui morti. Realismo, questo devono offrire le istituzioni, e non opportunismo politico. Gaza non può essere salvata se non si elimina Hamas, Israele non può sopravvivere se non lo cancella, i Palestinesi non avranno mai una leadership se non viene affrontata la fissazione omicida in cui vengono cresciuti i loro bambini.

Su Rafah ha risposto già ovunque il governo di Israele, non è possibile lasciar sopravvivere i quattro battaglioni di Hamas che con Sinwar la occupano. Let my people go to Rafah, o il mare dell’odio prima o dopo sommergerà anche voi.

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