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Il Foglio Rassegna Stampa
14.04.2012 Günter Grass dalla A alla Z: chi lo attacca, chi lo difende
Ritratto di un moderno odiatore di Israele, di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 14 aprile 2012
Pagina: 9
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Satanico Grass»

Sul FOGLIO di oggi, 14/04/2012, a pag. IX, con il titolo "Satanico Grass", Giulio Meotti traccia un definitivo ritratto di Günter Grass dopo le polemiche uscite negli ultimi giorni. Preoccupante il fatto che la maggiornaza dei tedeschi si dica a suo favore. Ma la Germania non aveva fatto i conti con il proprio passato ?
Ecco l'articolo:

Ss! Guenni Halts Maul”. Tradotto: “Günter, chiudi il becco”, ha appena lasciato scritto qualcuno su una statua regalata da Günter Grass all’Università di Göttingen. Oltre al titolo di maggiore letterato tedesco, il premio Nobel Grass da ieri vanta un altro record: essere l’unico scrittore europeo bandito da Israele. Non è la prima volta che uno scrittore istiga all’odio contro Gerusalemme. Tom Paulin, poeta irlandese ospitato dalle maggiori università anglosassoni, ha sostenuto nel 2002 che “si dovrebbero far fuori i coloni nati a Brooklyn”. E poi: “Io non ho mai creduto che Israele abbia il diritto di esistere”. Il peggio che gli successe fu una revoca della cattedra di Harvard. Il Nobel portoghese José Saramago ha paragonato Ramallah ad Auschwitz, a giustificare l’Intifada palestinese. Fecero seguito brevi polemiche sui giornali. Grass, con il suo poema antisraeliano “Quel che deve essere detto”, uscito una settimana fa sui quotidiani tedeschi, spagnoli e italiani, è diventato il primo scrittore blasonato a subire il bando ufficiale dello stato ebraico. L’eco della sua poesia è stato tale che una commentatrice del maggiore giornale israeliano, Israel Hayom, li ha chiamati “versetti satanici”. Gerusalemme intanto ha dichiarato il Nobel “persona non gradita”. Grass non potrà più visitare Israele per il suo “tentativo di infiammare l’odio contro lo stato di Israele e il popolo di Israele, e così portare avanti l’idea alla quale si era pubblicamente affiliato indossando in passato l’uniforme delle SS”, ha scritto il ministro degli Interni Eli Yishai. Che ha poi aggiunto: “Chi ha servito agli ordini di Himmler non può visitare il paese del popolo che un tempo avrebbe voluto sterminare”. Alcuni giorni fa migliaia di dimostranti per la pace delle tradizionali “marce pasquali” in Germania hanno manifestato a sostegno di Grass. Su Facebook la pagina “Support Günter Grass” ha già oltre quattromila adesioni. L’Iran ha lodato il premio Nobel per la letteratura. In una lettera indirizzata “al distinto scrittore”, il viceministro della cultura, Javad Shamaqdari, gli ha reso omaggio per aver “detto la verità”: Teheran spera che il poema “risvegli l’addormentata coscienza occidentale”. “Ho letto il poema di avvertimento che manifesta magnificamente la vostra umanità e il vostro senso di responsabilità”, ha scritto Shamaqdari allo scrittore tedesco. Ma se l’intellighenzia tedesca lo sta abbandonando, un sondaggio del Financial Times parla del cinquantasette per cento della popolazione che dice di condividerne le idee e la poesia contro lo stato ebraico. Dallo scandalo per l’incitamento all’odio contro Israele da parte del più celebrato scrittore tedesco c’è chi sta cercando di deviare l’attenzione sulla presunta intolleranza della democrazia israeliana che lo ha bandito. Lo scrittore angloindiano Salman Rushdie, che ha preso le difese di Grass, ha detto che “bandirlo è infantile” e che “alle parole si risponde con le parole”. Grass gioca la carta del martirio usando la parola “Gleichschaltung” (allineamento), evocata in riferimento al nazismo e ai regimi totalitari, per descrivere il coro unanime contro di lui. Un editoriale sul Telegraph ha così castigato Israele: “Netanyahu, non si rende conto che si sta comportando come i nazisti, che perseguitavano i critici e bruciavano i libri?”. E così, la ex Waffen SS diventa una vittima del nuovo nazismo israeliano. Matthew Rothschild, editor del magazine Progressive: “Grass ha dimostrato di avere ragione; è impossibile criticare Israele”. Ma molti intellettuali tedeschi si sono invece schierati per il bando di Grass da Israele, come lo storico dell’Università di Monaco Michael Wolffsohn e lo scrittore e regista, sopravvissuto all’Olocausto, Ralph Giordano. E’ vero, una poesia non costituisce una minaccia alla sicurezza di un paese. Ma nel caso di Grass è incitamento all’odio antiebraico e Israele ha usato già lo strumento del bando per intellettuali che avevano sdoganato la retorica genocida dei regimi islamici. Nel 2001, allo Spiegel, Grass aveva già detto che lo stato ebraico doveva semplicemente sparire: “Anche l’essersi insediato in terra palestinese è un atto criminale. Non soltanto deve finire la politica degli insediamenti, ma bisogna proprio che Israele se ne vada. Altrimenti in quella parte di mondo non vi sarà mai pace”.Paul Spiegel, allora presidente della comunità ebraica tedesca, replicò che “se si osservano da vicino le parole di Grass il suo messaggio è: Israele deve sparire”. Nel 2010 Israele ha impedito l’ingresso a un altro intellettuale, il linguista americano Noam Chomsky. La causa non fu un capriccio di Israele, ma le ripetute frequentazioni di Chomsky con gli Hezbollah libanesi. Si chiama “intelligenza col nemico” e Chomsky ne è maestro. Quello che non era mai successo è che contro uno scrittore europeo intervenisse un primo ministro di Gerusalemme. “Vergognoso”, ma “non mi stupisce”: così il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha commentato la poesia. “Il vergognoso paragone morale di Grass fra Israele e l’Iran, un regime che nega la Shoah e minaccia di annientare Israele, dice poco di Israele stesso e molto su Grass. Per sei decenni il signor Grass ha nascosto il fatto di essere stato membro delle Waffen SS. Quindi che lui abbia indicato il solo e unico stato ebraico come la più grande minaccia alla pace mondiale, negandogli i mezzi per difendersi, forse non sorprende”. Anche il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman ci è andato giù pesante, additando “l’egoismo dei cosiddetti intellettuali occidentali, che sono pronti a sacrificare il popolo ebraico sull’altare di un folle antisemitismo per la seconda volta, solo per vendere qualche libro in più”. Da Israele è partito un appello rivolto ai letterati di tutti i paesi del mondo affinché denuncino come “immorale” il poema pubblicato di recente dal premio Nobel tedesco. E’ questa l’iniziativa senza precedenti lanciata dal presidente dell’Associazione degli scrittori israeliani, a cui non basta il bando formale di Grass, ma chiede che sia anche castigato. L’appello ha spaccato la cultura israeliana, visto che i campioni della sinistra Amos Oz e David Grossman non lo hanno voluto firmare. Nel documento, il presidente dell’associazione, Herzl Hakak, bolla come “vergognosa e immorale” l’opera di Grass, affermando che “mira a delegittimare Israele e il popolo ebraico”. “Intendiamo rivolgerci al Pen Club e al comitato per il Nobel, che si devono esprimere: qui non si tratta di politica, ma di morale, in quanto Grass si rende complice di un insabbiamento delle dichiarazioni genocide dei leader iraniani. Ancor prima che se ne siano andate le tracce della svastica dai suoi vestiti, Grass ha lanciato una crociata contro Israele”. L’Accademia di Svezia che assegna il Nobel ha già fatto sapere che non ci pensa proprio a togliere il Nobel a Grass. Con la poesia, Grass ha perso il titolo di intellettuale nobile della sinistra tedesca. A ogni elezione per la Cancelleria Grass ha apportato il suo sostegno alla Spd, a cominciare dalla tournée elettorale con il suo amico Willy Brandt. Ma dopo il suo attacco a Israele, la Spd gli ha chiuso la porta in faccia. Il responsabile della Spd al Bundestag, Christian Lange, ha dichiarato che dopo la pubblicazione della poesia “la questione dell’appoggio in campagna elettorale è chiusa”. Sulla stessa linea il deputato socialdemocratico Reinhold Robbe: “Grass non voglio più vederlo in una campagna elettorale della Spd, il suo tempo è passato”. Stiamo assistendo alla morte in effigie del nume di Germania. Con i suoi grandi baffi fluenti e le sopracciglia arruffate, Grass ha incarnato per cinquant’anni l’immagine di “vecchio leone di Danzica”, di “coscienza dolente della Germania”, di “Cassandra profetica”, di “patriarca del XXI secolo”. Adesso Grass è rimasto solo nella sua casa a Lubecca, nel centro storico della città cara a Thomas Mann, che vi era nato e che vi ambientò i “Buddenbrook”. Quando apparve sulla scena letteraria tedesca con il “Tamburo di latta” nel 1959, Grass aveva appena trentadue anni ma nasceva alla letteratura già adulto, già perfetto, già da Nobel. Come il piccolo Oskar, il treenne, “il tre volte furbo”, che viene alla luce dotato di una coscienza matura, e poi non cresce più. Contagiato dal fanatismo nazista, dalla Hitlerjugend Grass passò all’esercito. E combatté con un certo entusiasmo: “Ero certo io stesso fino all’ultimo, nel ’45”, ammise, “che fosse una guerra giusta”. Nel 2006 si scoprirà che il Nobel aveva servito anche nelle Waffen SS, il corpo di volontari, miliziani dediti ai rastrellamenti e alla pulizia etnica. Poi fu ferito e fatto prigioniero dagli americani. Cominciò “la stagione dello sconforto”. Grass costruì il mito del tedesco del Dopoguerra che lavora duro nei campi, nelle miniere di potassio, in un’officina di pietre funerarie, che forgia il pesante senso di colpa e il sentimento della “gioventù violata”. E’ l’ideologia dell’engagement che conosce tappe decisive. Il celebre scrittore americano John Updike di Grass ha detto: “Non scrive romanzi, ma dispacci dal fronte del suo impegno”. Dalla tournée elettorale con Brandt negli anni Sessanta alla campagna di Gerhard Schröder nel 1998, dall’impegno con il movimento pacifista accanto a Heinrich Böll negli anni Ottanta, alla militanza in favore delle minoranze e degli stranieri (l’accordo dell’Spd con il governo sulla limitazione del diritto d’asilo fu nel 1992 la ragione della sua uscita dal Partito socialdemocratico), Grass ha preso posizione su tutto. L’ecologia (“l’annientamento della umanità è cominciato”, disse nell’82 a Roma, ricevendo il premio Feltrinelli), il femminismo, l’atlantismo di Konrad Adenauer, l’Europa unita, le guerre al terrorismo dopo l’11 settembre, le foreste. E ora Israele. Nel 1983, a una conferenza dei socialdemocratici, Grass ebbe perfino a dire: “Non c’è differenza fra la Conferenza di Wannsee (in cui si pianificò l’Olocausto, ndr) e il cinismo delle nostre simulazione di guerra”. Adesso la crisi ha travolto Grass. Secondo Benjamin Weinthal, fellow della Foundation for the Defense of Democracies e corrispondente da Berlino del Jerusalem Post, Grass incarna l’antisemitismo tedesco del post Olocausto: “Cosa spinge un anziano scrittore tedesco a biasimare Israele per i problemi mondiali? Il filosofo ebreo tedesco Theodor W. Adorno e Max Horkheimer dicevano che i crimini dell’Olocausto hanno creato un senso di colpa così profoprofondo che alcuni tedeschi biasimano gli ebrei per la Shoah e applicano a Israele standard morali che non chiederebbero a nessun altro paese. Grass incarna la tradizione antisemita post Shoah. E’ diventato l’autore leader dell’intellighenzia europea antisraeliana”. Anche un drammaturgo come Rolf Hochhuth, che ha processato Papa Pio XII nel “Vicario”, ha scritto di Grass: “Mi vergogno per la sua stupida arroganza che vorrebbe prevenire a Israele di acquistare un sottomarino tedesco che potrebbe essere l’ultima linea di difesa per un paese minuscolo contro una potenza nucleare nella porta accanto e che potrebbe distruggerlo nottetempo. Grass, sei rimasto quel che sei sempre stato: una SS”. Frank Schirrmacher, noto editor culturale della Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha scritto che il poema di Grass è “un documento della vendetta” e che il testo, forse, lo ha scritto “per fare pace con la propria biografia” di ex SS. A Schirrmacher della poesia di Grass non è andato giù l’uso della parola “Überlebende”, sopravvissuto, da sempre associata agli ebrei dei campi di sterminio, in questo caso per descrivere l’eventuale attacco israeliano contro l’Iran. Nasrin Amirsadeghi, il più noto intellettuale iraniano esule in Germania, ha chiamato Grass “un demagogo”. Durissima la reazione del giornale Kieler Nachrichten, per il quale “un uomo vecchio sparge il suo veleno antisemita. A parlare come Grass sono gli antisemiti, per i quali la nostra amicizia con lo stato di Israele è una spina nell’occhio e che vogliono riscrivere la storia tedesca”. Secondo Richard Herzinger della Welt, Grass ha resuscitato i demoni nazisti che vedevano gli ebrei come artefici della propria scomparsa nelle camere a gas. Josef Joffe, direttore della Zeit, sostiene che Grass ha rispolverato il vecchio argomento per cui “l’ebreo è causa della nostra sfortuna”. In molti commenti il premio Nobel viene apertamente accusato di antisemitismo, come fa la Die Zeit già nel titolo “L’antisemitismo vuole uscire fuori”. Persino la Taz, il quotidiano della sinistra estrema, batte sullo stesso tasto, scrivendo che “è un disastro se un Nobel tedesco usa stereotipi antisemiti”. E’ intervenuto anche Daniel Goldhagen. Lo storico americano, autore del bestseller “I volenterosi carnefici di Hitler”, ha scritto sulla Welt che quello di Grass è un vero e proprio “J’accuse” contro lo stato ebraico, che il Nobel “porta la perversione – ovvero l’inversione delle vittime in carnefici – a un livello nuovo” e che indica nella Germania il ruolo di difensore contro un nuovo Olocausto degli iraniani per mano degli israeliani. Goldhagen parla di “fantasia antisemita” e di “grottesca fabbricazione cinica”. Non ha avuto parole meno tenere per Grass Marcel Reich-Ranicki, il pontefice della critica letteraria tedesca, lui stesso sopravvissuto all’Olocausto, che ha definito Grass “disgustoso”, perché è “l’Iran che vuole distruggere Israele ma Grass inventa il contrario”. Wolf Biermann, ex dissidente della Ddr, parla di “peccato letterario mortale”. Sul giornale Bild am Sonntag ha scritto il ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, secondo il quale “è assurdo porre sullo stesso piano Israele e l’Iran”. Il poeta israeliano scampato alla Shoah Itamar Yaoz-Kest, ha risposto in versi a Grass con una poesia dal titolo: “Il diritto di esistere”. Anche lo scrittore olandese Leon de Winter, sulla Welt, ha replicato in versi. Trascorsa l’indignazione contro il grande vecchio della cultura tedesca vedremo quanto la sua poesia abbia dato voce al rancore europeo contro Israele. Sulla Bild ha scritto il presidente del gruppo editoriale Springer, Mathias Döpfner: “Grass con il tono sussurrato del moralista diffonde l’antisemitismo politicamente corretto. Interessante è adesso non quello che ha detto Grass, ma come reagiscono i tedeschi”. Secondo Marieluise Beck, deputata verde, “il poema di Grass rivela tutta la verità su questa sentenza: ‘I tedeschi non perdoneranno mai gli ebrei per Auschwitz’”. Venne pronunciata dallo psichiatra israeliano Zvi Rex, con un certo impietoso sarcasmo, per catturare il nuovo spirito tedesco contro Israele. La campagna di riabilitazione del reprobo Nobel è già iniziata. Jakob Augstein, direttore del settimanale Freitag, sullo Spiegel ha scritto: “Siamo grati a Günter Grass per aver iniziato il dibattito su Israele minaccia alla pace”.

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