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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
18.09.2014 Il poeta Mahmud Darwish e le responsabilità taciute
Articolo di Eraldo Affinati

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 18 settembre 2014
Pagina: 24
Autore: Eraldo Affinati
Titolo: «Quel giorno nacque un poeta»

Riprendiamo da FAMIGLIA CRISTIANA di oggi, 18/09/2014, a pag. 124, con il titolo "Quel giorno nacque un poeta", l'articolo di Eraldo Affinati.
La terra palestinese non è  "martoriata",  tutto deriva dal rifiuto della divisione Onu della Palestina. Se gli arabi, palestinesi inclusi, avessero voluto una terra in cui vivere pacificamente, e non la distruzione dello Stato degli ebrei, quella terra avrebbero potuto averla già nel 1947. E potrebbero averla oggi, dal momento che Israele ha mostrato di essere disposto a restituire regioni occupate (in guerre difensive) in cambio della volontà reale di vivere in pace. Tutto questo non è mai avvenuto, per cui è inutile il dispendio di retorica nell'osannare un poeta che rifiuta nei suoi versi di riconoscere le responsabilità dei suoi.
Tutto il pezzo di Affinati gronda ipocrita sentimentalismo.


Eraldo Affinati                  Mahmud Darwish

Il conflitto fra Israele e la martoriata terra palestinese entra tutti i giorni nelle nostre case: scene strazianti che ci interpellano senza requie. Due popoli, tre religioni, una sola terra. E, ci sarebbe da aggiungere, un unico Dio. Leggere Mahmud Darwish, uno dei più grandi poeti di lingua araba del Novecento, significa immergersi nella ferita di una contesa apparentemente insolubile. La Trilogia palestinese raccoglie tre testi in prosa dolorosamente autobiografica di questo esule con lo sguardo rivolto al passato e i pensieri liricamente infiammati dallo sdegno che, senza trattenere la rabbia dello sradicato, gli monta dentro. Il libro si chiude con una lunga poesia, Il giocatore d'azzardo, considerata il suo testamento spirituale. E' una straordinaria riflessione sulle radici strappate, sul senso che dobbiamo o dovremmo dare alla nostra identità. Resta come uno stemma fra le pagine incandescenti il ricordo lancinante della povertà infantile che i genitori, sballottati qua e là dal vento tumultuoso della Storia, non riuscivano a fronteggiare.
Un'estate lontana il padre riunì i suoi tre figli sul tetto di una casa mezza distrutta, annunciando che non sarebbe stato possibile mandarli tutti a scuola. C'era bisogno che uno rinunciasse in favore degli altri. Chi l'avesse fatto, avrebbe avuto il destino segnato: invece di studiare, si sarebbe spezzato la schiena a raccogliere pietre, senza prospettive di miglioramento. Con la nobiltà temeraria della giovinezza i ragazzi fecero a gara per dire: «lo». L'uomo, vedendoli così pronti, presto rinunciò al suo proposito e si mise a piangere gridando: «No, no, nessuno, nessuno». Forse quella sera di luna calante Mahmud Darwish, secondogenito, diventò un poeta.

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