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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.01.2002 29/1/02 I silenzi di Sergio Romano...
Sergio Romano si propone di fornire ad Arafat un ultimo appiglio

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 gennaio 2002
Pagina: 1
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Yasser, finale di partita»

Con un articolo da prima pagina /Corriere 28.1)intitolato "Yasser, finale di partita" l' ex ambasciatore ed ora analista e politologo Sergio Romano si cimenta da par suo nella difficile ricerca di un equilibrio sempre più instabile che si propone di fornire ad Arafat un ultimo appiglio.
Con un articolo da prima pagina /Corriere 28.1)intitolato "Yasser, finale di partita" l' ex ambasciatore ed ora analista e politologo Sergio Romano si cimenta da par suo nella difficile ricerca di un equilibrio sempre più instabile che si propone di fornire ad Arafat un ultimo appiglio. La logica di Romano è abile, intelligente, apparentemente ineccepibile: Arafat ha commesso una serie infinita di errori, che ora gli costeranno forse la leadership palestinese. Ma qui la scelta delle parole evidenzia la debolezza intrinseca dell' analisi: Arafat non ha commesso tanti "errori", alcuni dei quali sono elencati da Romano, altri invece sono pudicamente lasciati in ombra. Arafat ha colpe e responsabilità politiche gravissime, che superano ampiamente la definizione di errore politico per entrare in quella più appropriata di massacratore. Già, perché quella che Romano in apertura definisce "una faida mediorientale, iniziata negli anni Settanta", non ha nulla da spartire con le faide mafiose di cui sono piene le nostre cronache. Là nel Vicino Oriente di mafiosi ce n'è uno solo, ed è Arafat. La controparte israeliana non è mafiosa, casomai potremmo vedere in lei la difesa delle legge e delle regole della libera convivenza.E quello scontro non è iniziato negli anni Settanta, ma con la creazione, voluta dalle Nazioni Unite, dello stato d' Israele. Negli anni Settanta lo scontro si è semmai spostato su uno scacchiere politico ed ideologico diverso da parima, perché dopo il 1967 l' ingresso dell' Unione Sovietica nei mari caldi attraverso il Mediterraneo è stato il prezzo pagato dagli arabi per ottenere il sostegno acritico di Mosca (e Romano, che là ci rappresentò, lo sa benissimo). Certo, come scrive Romano, Arafat ha avuto "il merito" alquanto dubbio di imporre all' attenzione del mondo il problema palestinese: lo ha imposto uccidendo innocenti ebrei in giro per tutta Europa, nelle sinagoghe come a Roma, Istanbul, Vienna, Parigi, nei ristoranti, negli scuolabus - per non ricordare i bambini ebrei massacrati in Israele nelle scuole, i viaggiatori massacrati negli aerei ed aeroporti...
Sono anche rumorosi i silenzi di Romano, quando cita Sabra e Chatila, martirologio palestinese, senza dire che i responsabili furrono le milizie cristiane libanesi al soldo della Siria;quando definisce una sconfitta politica il Settembre Nero del 1970, quando i giordani massacrarono i palestinesi; quando nuovamente definisce un "errore" la scelta di campo a fianco di Saddam Hussein del 1990, quel Saddam che lanciò i missili Scud su un Israele estraneo alla guerra del Golfo; e quando, infine, tace del tutto sulla gioia incontenibile dei palestinesi in quel terribile 11 settembre. Arafat ha rinunciato - lo scrive Romano - all' obiettivo più radicale di " cacciare gli ebrei dalla Palestina" ? Ma Romano legge i documenti politici ed operativi arabi, sente gli appelli dei leaders religiosi palestinesi, ha visto la cartina della Palestina messa in Internet dall' Autorità Palestinese senza che vi compaia Israele? La conclusione dell' analisi scopre le carte: "molto di ciò che è successo" è colpa di Israele, dei governi israeliani di destra, dell' "ostinazione" israeliana. Rafat, al massimo, ha commesso "errori", Israele no, Israele porta con sé le "colpe".

Nella mia fervida immaginazione vedo Sergio Romano che stringe la mano, sorridendo felice, al suo collega, l' ambasciatore francese che pochi giorni or sono definì Israele un paese di merda.




lettere@corriere.it

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