venerdi 29 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
26.05.2023 Prigozhin, da macellaio della Wagner a "presidente dell'Apocalisse"
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 26 maggio 2023
Pagina: 16
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Se il macellaio della Wagner diventa il "comodo oppositore"»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/05/2023, a pag.16 con il titolo "Se il macellaio della Wagner diventa il "comodo oppositore" " il commento di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI
Anna Zafesova

La beffa di Prigozhin: così il capo della Wagner ha dribblato  l'antiriciclaggio inglese con la bolletta della madre - la Repubblica
Evgeny Prigozhin

Evgeny Prigozhin è stato tante cose: un detenuto, un ristoratore, il fondatore di una fabbrica di troll che ha invaso con le fake news la Rete globale, e di una compagnia di mercenari che oggi definisce senza falsa modestia «il miglior esercito al mondo». Ora si è trasformato anche in un politologo. La sua intervista che promette «una rivoluzione, come nel 1917», ha fatto il giro del mondo, e i più sottili esperti russi stanno cercando di decrittare il messaggio dietro al messaggio, e di cercare di capire se il licenziamento del giornalista pro-guerra che ha raccolto lo sfogo del padre del gruppo Wagner sia un segno di scontento del Cremlino per le sue parole, o un depistaggio per trasformarlo in un finto ribelle. Resta un fatto: il newsmaker più popolare, controverso e originale della Russia in guerra non è più il presidente, ma il suo "cuoco", un uomo che nella stessa intervista preferisce darsi il titolo di "macellaio di Putin", mentre racconta di aver reclutato a combattere a Bakhmut 50 mila galeotti, e di averne persi 20 mila, più di quanto l'Urss avesse perso in 10 anni di invasione dell'Afghanistan. Prigozhin esterna ormai quasi tutti i giorni, e più diventa brutale, aggressivo e critico, più appare assente, pallido e ripetitivo l'uomo al quale deve la sua incredibile ascesa, e che è stato definito dal suo "cuoco" come un "nonno felice". Il vero interrogativo, ormai, non è più tanto perché Prigozhin faccia certe affermazioni – le sue ambizioni politiche, soprattutto rispetto al desiderio di portare il ministero della Difesa russo sotto il controllo dei "suoi" generali Mizintsev e Surovikin, non vengono nemmeno nascoste - ma perché gli venga permesso di farlo. Nella Russia della dittatura militarizzata di Putin si viene arrestati e condannati a sette anni di carcere per molto meno che per l'ammissione che la «operazione militare speciale» in Ucraina sia «finita nella merda». Prigozhin resta impunito, rendendo fondato il sospetto di un analista acuto come Vladimir Pastukhov di una «nuova campagna elettorale, nella quale Putin deve scendere nell'arena della Storia vestito di un cappotto bianco».

Vladimir Putin pushed to brink of nuclear horror | The Australian

Le presidenziali sono tra meno di un anno, e convincere i russi - e soprattutto la classe dirigente - a votare per la quinta volta per un presidente che ha appena incenerito un quarto di secolo del suo regno in una guerra mostruosa quanto fallimentare sarà faticoso. A meno che l'alternativa non sia Prigozhin "il presidente dell'Apocalisse" come lo chiama il politologo Abbas Galyamov, che con le sue esecuzioni sommarie, il turpiloquio e i cadaveri insanguinati che lo circondano nei suoi videoproclami rappresenta un incubo che farebbe sembrare il "nonno felice" il minore dei mali. Un'ipotesi che farebbe di Prigozhin più che un numero 2 del regime, che Putin si è sempre ben guardato dall'avere, una sorta di giullare di corte, al quale è concesso dire quello che nessun altro può osare nemmeno pensare, per volontà dello stesso sovrano. Incluse le accuse di «leccaculismo e ruberie» che lancia contro i generali, e che possono suscitare il plauso delle masse mentre dirottano la colpa per la guerra persa dallo zar verso i boiardi, in un classico della storia russa. Il problema è che Prigozhin sta dicendo - almeno in questo caso - la verità. E quando pronostica una «rivoluzione che parte dai soldati ai quali poi aderiscono i loro cari, decine di migliaia di famigliari dei caduti, che diventeranno centinaia di migliaia», ripete il vecchio slogan di Lenin sulla «trasformazione della guerra imperialista in una guerra civile». In un Paese il cui dittatore ha eliminato, una dopo l'altra, ogni valvola di sfogo - i media liberi, il parlamento, la piazza - l'immissione nel tessuto sociale di decine di migliaia di uomini arrabbiati, abituati a ricorrere alla violenza, e spesso anche armati (la scia di crimini che si lasciano dietro i reduci di Wagner rientrati alla "vita civile" si allunga ogni giorno), rischia di produrre alla prima scintilla di scontento quella "notte di San Bartolomeo" con la quale Prigozhin terrorizza i russi.

Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/ 65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT