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La Stampa Rassegna Stampa
21.11.2016 L'Iran sbarca a Roma, e comincia l'offensiva del business
Cronaca di Teodoro Chiarelli

Testata: La Stampa
Data: 21 novembre 2016
Pagina: 21
Autore: Teodoro Chiarelli
Titolo: «Teheran a caccia di business: l'offensiva parte da Roma»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/11/2016, a pag. 21, con il titolo "Teheran a caccia di business: l'offensiva parte da Roma", la cronaca di Teodoro Chiarelli.

"L’offensiva dell’Iran nel mondo del business occidentale parte da Roma": è questo il modo - corretto - con cui Chiarelli descrive la strategia iraniana. Un'offensiva che ha già trovato sponda in molte aziende italiane, che non aspettavano altro che poter stipulare ricchi affari con il dispotico regime di Teheran. Business is business, poco importa a molti se l'Iran è il più grande sponsor mondiale del terrorismo e corre ormai verso l'arma nucleare, minacciando di distruggere Israele.

Ecco l'articolo:

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Teodoro Chiarelli

L’offensiva dell’Iran nel mondo del business occidentale parte da Roma. La Repubblica Islamica vuole dimostrare la consistenza del nuovo corso e per presentare le proprie aziende sceglie l’Italia e la sua capitale. Si apre domani, e fino al 26 novembre, alla Fiera di Roma “Iran Solo Exibition”, la prima manifestazione del grande Paese sciita in tutto l’Occidente dal 1979. Il recente accordo sul nuclerare e la conseguente caduta (ancorché non completa) dell’embargo rappresenta di fatto la riapertura di uno dei più interessanti mercati fra Europa e Asia. E il fatto che Teheran abbia scelto Roma per presentarsi al mondo può aprire orizzonti di business molto importanti per il nostro Paese. Gli iraniani cercano soprattutto tecnologia e partner italiani disponibili a condividerli in joint venture.

La manifestazione ospita 125 aziende iraniane dei principali settori economici, 12 banche e cinque ministeri su un’area espositiva di oltre 7 mila metri quadri. Sono previsti incontri diretti (B2B) con almeno 200 imprese italiane, oltre a un fitto cartellone di appuntamenti culturali. L’importanza della rassegna è testimoniata dalla presenza del ministro iraniano di Industria, Miniere e Commercio Mohammad Reza Nematzadeh e del suo collega italiano dello Sviluppo economico, Carlo Calenda.

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Le potenzialità offerte dal mercato iraniano sono enormi: si parla, per le aziende europee, di un mercato da 800 miliardi di dollari. In Iran si devono costruire, entro il 2020, 80 aeroporti e 3.500 alberghi. L’interesse verso i prodotti e le aziende italiani è molto forte. E il fatto che molte imprese italiane abbiano continuato a essere presenti in Iran anche nei momenti più bui è un buon biglietto da visita. L’interscambio tra i due Paesi non si è mai arrestato (1,2 miliardi di dollari nel 2014), con un flusso commerciale Italia-Iran composto da: meccanica strumentale (57,9%), prodotti chimici (8,4%), metallurgia e prodotti in metallo (7,7%), apparecchi elettrici (5,8%), gomma, plastica, materiali da costruzione (5,3%), farmaceutica (4%) e altro (10,9%).

Opportunità
Secondo un recente rapporto Sace la riapertura dei commerci con Teheran produrrebbe senz’altro un vantaggio immediato sul settore petrolifero, il più colpito dalle sanzioni internazionali, nonché quello che necessita dei maggiori investimenti. Dal 2011 a oggi il petrolio esportato dall’Iran si è dimezzato.
Il secondo settore di opportunità è l’automotive. L’Iran era un mercato da 1,5 milioni di immatricolazioni di veicoli all’anno nel periodo pre-inasprimento sanzioni del 2011, ora ci si attende un ritorno sopra i 2 milioni di unità all’anno nel caso le sanzioni siano rimosse. Questo soprattutto per la necessità di rinnovare un parco circolante (14 milioni di unità) molto vecchio. L’Iran ha annunciato il rinnovo della flotta aerea con l’acquisto di 400 velivoli. Stesso discorso vale per treni e ferrovie.

Svantaggi
Investire in Iran ha però anche degli svantaggi. Il “business climate” non è ancora dei migliori: in particolare l’avvio delle attività produttive, le pratiche di registrazione di proprietà, l’ottenimento dei permessi edilizi e le elevate barriere doganali. E ancora, bisogna fare i conti con la diffusa corruzione e l’eccessivo peso che lo Stato riveste nei diversi comparti produttivi.

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direttore@lastampa.it

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