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La Stampa Rassegna Stampa
13.07.2016 Mogherini premier dopo Renzi? Arafat si frega le mani nella tomba alla sola ipotesi
Cronaca di Carlo Bertini

Testata: La Stampa
Data: 13 luglio 2016
Pagina: 16
Autore: Carlo Bertini
Titolo: «Resterà premier anche se sconfitto? Una nuova ipotesi ora agita i partiti»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/07/2016, a pag. 16, con il titolo "Resterà premier anche se sconfitto? Una nuova ipotesi ora agita i partiti", la cronaca di Carlo Bertini.

Alla sola remota ipotesi di un avvicendamento tra Renzi e Mogherini a capo del governo, Arafat e i terroristi palestinesi si fregherebbero le mani. Mogherini non solo è una incompetente che non perde occasione per dimostrare vicinanza verso l'Iran degli ayatollah ma ha anche dato l'avallo al boicottaggio europeo dei prodotti israeliani (BDS). Ricordiamo chi è Federica Mogherini, ritratta nella foto sottostante in compagnia del terrorista Arafat:

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Ecco l'articolo:

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Carlo Bertini

Anche se chi protegge il fortino del Nazareno prova a derubricarla come «fantapolitica», perché ancora non si è mai parlato di questo aspetto, «visto che siamo sicuri di vincerlo il referendum», altri custodi del renzismo non negano l’esistenza di quella che allo stato si può catalogare solo come una pista. Ancora non tracciata, ma già visibile ad occhio nudo da tutti quelli che contano, stranamente non inclini a coprirla di polvere come sarebbe avvenuto qualche mese fa: una pista che porta verso uno scenario diverso da quello di una sicura uscita di scena del premier da Palazzo Chigi in caso di sconfitta nel tornante di autunno. Quella frase buttata lì da Renzi l’altra sera durante il forum con il Corriere, «non parlo più del mio futuro» non sarebbe infatti casuale.

È sintomatica di una «robusta conversione», che potrebbe portare a imboccare strade diverse da quelle immaginate fin qui. Gli esegeti del renzismo confermano non solo l’intenzione del premier di non mollare la presa sul partito, mantenendo la carica di segretario del Pd fino al congresso che si terrebbe a scadenza naturale a fine 2017; ma non negano la (fino ad oggi remota) possibilità che Renzi possa restare alla guida del governo: senza delinearne le modalità, ma facendo capire che le dimissioni promesse e un ritorno in sella potrebbero convivere nello stesso scenario oggi non così improbabile. Soprattutto perché l’Europa non accetterebbe di buon grado un altro scossone tellurico proveniente dal bel paese, che dovrebbe ad ogni costo evitare di introdurre nuovi fattori di instabilità: per questo c’è chi dice senza perifrasi che «a Bruxelles non ci farebbero passare la legge di stabilità» e chi fa notare che si potrebbe votare solo dopo aver approvato la finanziaria ed una nuova legge elettorale.

Non è solo nel Pd che spunta questa traccia, anche nel governo tra le fila di Ncd, c’è chi - sempre al riparo di anonimato - non vede altre soluzioni in caso di vittoria dei no che una conferma alla guida del governo di Renzi. Che se andasse male non darebbe mai il placet ad accompagnare a Palazzo Chigi un altro al posto suo, «Mattarella lo rimanderebbe di sicuro alle Camere e tutti in Parlamento lo pregherebbero di restare, perché sarebbe l’unico in condizioni di proseguire». Se questo dicono i grandi conoscitori centristi delle dinamiche politiche e parlamentari, altri big del Pd sono pronti invece a scommettere che «magari Renzi non accetterebbe una simile prospettiva, perché potrebbe apparire una furbata troppo grande».

E intanto nel toto-nomi che già fiorisce per il dopo Renzi in caso di dimissioni irrevocabili per un governo di scopo che traghetti il paese alle urne, gira in diversi ambienti nei corridoi dei palazzi romani quello di Federica Mogherini, che da commissaria europea con solide basi alle spalle troverebbe sponsor in alto loco; e che proviene sempre dalla corrente di Franceschini, quella più sotto osservazione al momento per timori di imboscate.

Però i veleni del Pd in queste ore si concentrano su un altro aspetto di buon augurio, a detta dei renziani, per la vittoria dei sì: la voce, non confermata, che il comitato per il no non stia riuscendo nell’impresa di trovare le 500 mila firme da depositare in Cassazione, che invece sarebbero a portata di mano per il Comitato del sì...

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direttore@lastampa.it

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