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La Stampa Rassegna Stampa
05.01.2015 Siria: migliaia di profughi in fuga, annientata la classe media
Analisi di Domenico Quirico

Testata: La Stampa
Data: 05 gennaio 2015
Pagina: 13
Autore: Domenico Quirico
Titolo: «La borghesia siriana in fuga tradita da Assad e dai ribelli»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/01/2015, a pag. 1-13, con il titolo "La borghesia siriana in fuga tradita da Assad e dai ribelli", l'analisi di Domenico Quirico.


Domenico Quirico                Bashar al Assad

 
Profughi siriani in fuga

Chi sono questi nuovi profughi sorti dall’innocenza assassina del mare? Siriani, questa volta: dopo i tunisini del 2011 e poi gli eritrei i saheliani gli africani… Personalmente ho attraversato fasi diverse di coinvolgimento con quella che è la storia capitale del tempo che viviamo: le odissee del popolo dei fuggiaschi.
Il mio viaggio con loro, da quattro anni, ha risalito le linee del sangue e della storia, ha seguito l’odore della morte, della paura, dell’odio.

Ha conosciuto il pianto, la stanchezza, l’abbandono e, in modo singolare, anche l’amore. Per comunicare il senso del viaggio dei siriani non posso affidarmi ai fatti puri e semplici. Bisogna avere pazienza: chi dedica loro la nostra carità svogliata e soprattutto coloro che non li vogliono. Perché il filo del racconto con gli uomini, le donne i bimbi di Aleppo, Damasco, di Homs caricati su mercantili affidati al pilota automatico, si inoltra sempre nei sentieri del cuore, della mente e dell’anima. Ancor più che a Zarzis in Tunisia, a Zawa in Libia, ad Agadez nel sahara, l’altro mare della loro migrazione, questa è la cronaca di un incontro con il male, un male che non ha paragone con nulla che abbia conosciuto in passato. Benché abbia provato il volto della crudeltà in altri luoghi, la Siria è calata in una dimensione da incubo in cui la facoltà di capire e più ancora di pensare razionalmente vengono completamente stravolte.

Fuggono dunque da un Paese di cadaveri, di orfani, di terribili assenze, è una terra in cui lo spirito perde la sua linfa vitale. E dove il leviathano totalitario, il califfato, proietta ormai una ombra scura sul loro futuro.

I profughi non si assomigliano mai, identico è solo il dolore. Quella che sbarca a Gallipoli e in Calabria è soprattutto la borghesia siriana. La maggioranza non è povera: ha attraversato le brutali trasformazioni sociali dell’epoca di Assad padre, ha sperato nella «modernizzazione» autoritaria promessa da Bashar. Con il denaro ha sperato di sopravvivere perfino alla guerra. Ora fugge: le città in cui la loro vita abituale, talora agiata, è sfumata, da quattro anni sono deserti di cemento e di pietra. Chi ha sperato in una vittoria del regime si è accorto che a fatica Bashar riesce a mantenere le posizioni, a non indietreggiare. Chi ha, spesso senza dirlo, sperato nei rivoluzionari, si è accorto che non saranno loro che prenderanno comunque il potere. Ma i lugubri amministratori della legge di dio, la dittatura islamista votata a una guerra senza fine, contro tutti. Hanno perso la speranza.

Quello da cui fuggono è una terrificante invenzione totalitaria che distrugge, annichilisce, fa a pezzi, sminuzza e polverizza la vita abituale. Puoi immaginare una crudeltà più raffinata? La futura Siria islamista sarà uno stato che non leva la vita, ma la civiltà. Il loro mondo è solo passato, lo leggeremo sui libri, come racconti di Sharazad. Uomini che pretendono di avere con Dio un rapporto esclusivo e feroce lo stanno già cancellando: tutto è empio blasfemo proibito. I vestiti, la musica, lo sport, il vino, la discussione, non ci saranno più giacche, pantaloni, film, partite di calcio. Quello che sta sfumando a tutta velocità è la tua epoca.

La lotta titanica del siriano è di evitare di esser riportato al sesto secolo, al jihad perenne, come unica ragione di vita, perfino per i bambini. Una lotta disperata che si svolge sotto case che crollano sotto i bombardamenti, le angherie dei soldati e dei rivoluzionari, gli squadroni della morte.

Quando arrivano in Italia sono certi che, con il denaro, una vita normale, in Germania o nel Nord Europa dove ci sono comunità siriane, sia pronta: basta pagare. Un biglietto del treno o di aereo per Francoforte e Stoccolma. Non è questo l’Occidente? Si illudono. E lo scopriranno.

A questo pensiamo guardando questi sbarchi; finiamo sempre per guardare, per cercare un brandello di notizie dei luoghi in cui siamo stati, delle persone che abbiamo conosciuto. Come esprimere cosa si prova? Una sorta di attrazione fatale, il dolore per tutto ciò che abbiamo acquistato e perduto nel tempo che abbiamo passato con loro. E una stanchezza dello spirito che si nutre di immagini proiettate e riproiettate mille volte. Tentiamo di raggiungere il pulsante per spegnere il televisore, ma nel buio non riusciamo a trovarlo.

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