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La Stampa Rassegna Stampa
22.11.2014 Vienna: confronto sul nucleare. Una brutta figura per Mogherini
Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 22 novembre 2014
Pagina: 14
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Nucleare: Stati Uniti e Iran solo 48 ore per un accordo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/11/2014, a pag.14, con il titolo " Nucleare: Stati Uniti e Iran solo 48 ore per un accordo", il commento di Maurizio Molinari, molto accurato nel descrivere quando sta avvenendo a Vienna.

a destra: la baronessa Ashton al posto di Mogherini


Mogherini con Arafat: le immagini non mentono

Da parte nostra una riflessione. Il Ministro degli Esteri dell'Unione Europea è Federica Mogherini, come mai a Vienna è andata la baronessa Ashton ? da alcune indiscrezioni sembrerebbe che la sostituzione sia avvenuta  per l'acclarata 'incompetenza' di Mogherini ad affrontare uan tema che non conoscerebbe a sufficienza. Ma se questa è la spiegazione, allora non sarebbe dovuta neanche andare in Israele/Gaza/Ramallah, vista la magra figura che ha fatto. Che il governo abbia liberato la Farnesina dalla sua presenza è un fatto positivo, ma non c'era un altro incarico da affidarle? Proprio alla UE occorreva sbolognarla ?

Ecco il pezzo:


Maurizio Molinari

Conto alla rovescia per l'accordo sul nucleare iraniana Entro lunedì i ministri degli Esteri del gruppo 5 1 (Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna, Russia e Germania) devono raggiungere l'intesa con Teheran, pena il fallimento delle trattative. La scadenza è stata fissata dalle parti e il linguaggio della vigilia descrive il braccio di ferro. II Segretario di Stato John Kerry nega l'ipotesi di rinvii e incalza Teheran: «E questo il momento di accettare». La risposta arriva da Ali Jafari, comandante delle Guardie della Rivoluzione espressione di Ali Khamenei, Leader Supremo da cui dipende il programma atomico: «Rinunciare al nucleare significherebbe cedere sui nostri valori». Mosca ammette che «la trattativa è difficile» a Vienna dove i ministri degli Esteri dei 7 Paesi continuano a trattare. L'iraniano Javad Zarif aveva ipotizzato un viaggio-lampo a Teheran per consultazioni sull'ultima bozza in discussione ma ci ha ripensato, accrescendo la sensazione che siamo alla vigilia di un accordo in extremis o di un fallimento.
I disaccordi vertono attorno a tre argomenti.
Primo: l'arricchimento dell'uranio perché il Gruppo 5-1 vuole ridurre le attuali 19mila centrifughe mentre Teheran prevede di moltiplicarle di 20 volte nei prossimi anni. Secondo: l'Iran chiede la fine immediata delle sanzioni in caso d'intesa mentre Usa e Ue vogliono che sia legata alla progressiva verifica del rispetto degli accordi.
Terzo: l'Iran non ha ancora risposto alle domande all'Agenzia atomica Onu (Aiea) sui test di esplosivi legati al programma militare, negando l'accesso degli ispettori al sito di Parchin.
Dietro questi tre nodi c'è una divergenza di fondo concernente il «bisogno pratico» di uranio arricchito da parte di Teheran. La tesi iraniana è che tale bisogno comporta un aumento delle unità di materiale arricchito prodotte da 9000 a l90mila al fine di disporre del combustibile nucleare necessario alla centrale di Bushehr, al momento alimentata dalla Russia, mentre Usa e Ue ritengono che il «bisogno pratico» si limiti al reattore esistente a Teheran «a fini di ricerca medica», per alimentare il quale le attuali 19mila centrifughe sono anche troppe. Nell'incertezza su cosa avverrà a Vienna, Riad si prepara allo scenario meno desiderato e avverte: «Se Teheran avrà l'atomica non saremo da meno».

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