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La Stampa Rassegna Stampa
13.09.2014 Giordania: tra i fedelissimi del Califfato
Inchiesta di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 13 settembre 2014
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «In Giordania tra i fedelissimi del Califfo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/09/2014, a pag.1-13, con il titolo " In Giordania tra i fedelissimi del Califfo ", l'inchiesta di Maurizio Molinari.

Maurizio Molinari          Milizie pro-Isis in Giordania

"Benvenuti a Maan, nella nazione di  Al-Sham". Seduto dietro una scrivania di legno massiccio, con a fianco la grande scimitarra dorata delle tribù beduine, il sindaco Fawaz Al-Sharari della città più jihadista della Giordania descrive «un mondo arabo che torna alle origini». La nazione di Al Shaam di cui parla è la stessa di cui discute un gruppo di anziani beduini nel cortile della moschea «dei Martiri», per la quale manifestano i ragazzi di piazza Maidan Suleiman e dibattono alcuni docenti universitari nell'unico giardino cittadino. «AlShaam è una delle tre uniche e vere nazioni arabe», dice Mohammed Saleh Jahrar, leader del movimento «Popolo per Maan». assieme a Hijiaz ed Egitto - continua - sono esistite fino all'accoro di Sykes-Picot, quando Francia e Gran Bretagna polverizzarono le prime due indebolendo anche la terza, grazie a confini fittizi di Stati creati dal nulla». II riferimento è all'intesa del 1916 da cui è nato l'attuale Medio Oriente all'indomani della dissoluzione dell'Impero Ottomano. «Biladi Al-Shaam» aveva riunito fino ad allora i territori da Baghdad ad Haifa, ovvero gli attuali Iraq, Giordania, Siria, Libano, Israele e Territori palestinesi, mentre l'Hijiaz coincideva con l'intera Penisola Arabica. In Giordania tra i fedelissimi del Califfo e l'Egitto era l'indiscussa nazione-guida del Maghreb. «Questo è il mondo da cui noi arabi proveniamo e questo è il mondo che sta riemergendo», assicura Mohamed Abu-Saleh, combattivo portavoce dei «Cittadini di Maan. Sono opinioni che spiegano il richiamo che ha il messaggio dello Stato Islamico (Isis) del Califfo Abu Bakr Al-Baghdadi in una città di circa 60 mila anime considerata dalle forze di sicurezza giordane la «roccaforte dei jihadisti» nel regno hashemita. In realtà nessuno plaude apertamente a Isis, ma la scelta di proclamare il «Califfato» su un territorio a cavallo fra Siria e Iraq ha avuto un impatto forte, proprio perché «la strada araba, qui a Maan come altrove, si identifica in Al-Sham più che in confini artificiali e governi corrotti», sottolinea il sindaco. Attorno a lui, collaboratori e segretari assentono, ricordando madri e nonne «che vivevano ad Amman, facevano la spesa a Nablus e pranzavano a Damasco senza incontrare confini». I fondamentalisti sono di casa a Maan - oltre due ore di auto a Sud di Amman - dal 1989 quando la rivolta contro l'abolizione dei sussidi sul pane obbligò l'allora re Hussein ad entrare nella moschea del suk per scongiurare il peggio. La «primavera araba» ha visto affermarsi nella stessa moschea il Fronte Islamico - i Fratelli musulmani giordani - cavalcando lo scontento contro «disoccupazione e corruzione» fino al 2013 quando le forze di sicurezza sono intervenute, braccando i gruppi salafiti in una caccia all'uomo con aspri scontri, raffiche di arresti e non poche vittime. Da allora Maan è in costante stato d'assedio con le truppe speciali di Amman a presidiare tribunale e uffici del governo. La galassia dei gruppi islamici locali è la cartina tornasole di quanto sta avvenendo in Giordania e altrove. «I Fratelli Musulmani sono un partito di opposizione, ostile al governo ma pragmatico e intenzionato a operare nella legalità - spiega Mohammed Saleh Jahrar, docente all'ateneo Bin Talal, considerato uno dei maggiori esperti giordani del jihadismo - poi ci sono i salafiti di Abu Sayyaf che perseguono l'edificazione di una società sulle basi della Shaaria e quindi i salafiti jihadisti, che predicano la lotta armata puntando al Califfato». È un universo di sigle ideologiche, identità tribali e fedeltà claniche dove prevale il contrasto di tutti con tutti, tranne un comun denominatore: l'ostilità nei confronti del sovrano, della famiglia reale e di un governo definito «regime». «Nel 1989 re Hussein venne qui e la regina Noor passeggiò nelle nostre strade - ricorda Kreishan Akran, accademico ed esperto di diritti umani - mentre re Abdallah ci ignora e la regina Raina in 15 anni non si è fatta vedere». II motivo, affermano i ragazzi di piazza Suleiman - rinominata Tahrir in omaggio al luogo-simbolo della rivoluzione egiziana contro Hosni Mubarak - è che «questo Paese è nelle mani di un gruppo di potere striminzito, meno di dieci persone, che non si curano della gente, ma proteggono un gigantesco sistema di corruzione, solo negli interessi dell'Occidente, dell'America e degli ebrei». L'attacco è anzitutto all'«entourage» della regina Raina, una palestinese che il Sud beduino ama. E tornano i richiami a Sykes-Picot, da parte di militanti islamici poco più che ventenni, perché «la divisione della Palestina, la creazione di Israele e l'invasione dell'Iraq rientrano nell'unico piano di continuare a spezzettare il mondo arabo, formando nazioni sempre più piccole e deboli per impedire a Al-Shaam di risorgere, con la sua eredità di energia e cultura».  I servizi di sicurezza giordani temono il fronte jihadista interno a Maan più delle infiltrazioni di Isis dai confini siriani e iracheni perché, secondo la stampa locale, il «Califfo Ibrahim» ha già messo piede da queste parti. A dimostrarlo sono bandiere nere, scritte jihadiste nelle strade e confessioni di arrestati. Se gli oltre mille volontari giordani di Isis in Siria e Iraq provengono in gran parte da Zarqa e Salt - piccoli centri non distanti da Amman - è a Maan che il «Califfo» dimostra di poter creare cel lule locali, attirate non tanto dalla  guerra agli sciiti quanto dal «ritorno a  Biladi Al Shaam». E la sorpresa, nelle ultime 48, è arrivata con la scoperta ad Amman di una cellula di Isis: erano in 6 e vivevano nel quartiere povero di Jabel Jofeh, dalle cui finestre si vede uno dei tre palazzi reali di Abdallah II.

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