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La Stampa Rassegna Stampa
11.09.2014 Diversi ma simili: è al Baghdadi l'erede di Bin Laden nell'universo del terrore
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 11 settembre 2014
Pagina: 12
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Il Califfo fa dimenticare Bin Laden. Così è diventato il nemico 'numero 1'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/09/2014, a pag. 12, con il titolo "Il Califfo fa dimenticare Bin Laden. Così è diventato il nemico 'numero 1' ", l'analisi di Maurizio Molinari.


Maurizio Molinari


Osama Bin Laden              Abu Bakr al Baghdadi        Abu Musab al Zarqawi

A 13 anni dagli attacchi dell’11 settembre la Jihad ha cambiato volto, strategia e priorità: l’assalto all’America nasceva dalla «guerra agli ebrei e ai crociati» dichiarata da Osama Bin Laden in Afghanistan mentre ora ad essere protagonista è la costruzione del Califfato nelle terre dell’Islam da parte di Abu Bakr al Baghdadi. La trasformazione che attraversa Al Qaeda, generando lo Stato Islamico (Isis), inizia a Zarqa, la roccaforte salafita alle porte di Amman terra natale di Abu Musab al Zarqawi, il più feroce seguace di Bin Laden che gli si rivolta contro nel 2005 scegliendo di imporre ai seguaci la propria «via alla Jihad».
Zarqawi nasce nel 1966 in una famiglia palestinese che vive poco lontano dalla stazione ottomana, si addestra nei campi afghani di Bin Laden, forma cellule jihadiste in Giordania e nel 2004 aderisce ad Al Qaeda andando in Iraq per assumere la guida di una campagna di terrore che Osama vuole indirizzata anzitutto contro gli americani ma lui estende agli sciiti. È la prima, aperta, contestazione di Bin Laden e nasce dal fronte iracheno sul quale Al Qaeda punta per risorgere dall’espulsione dall’Afghanistan. Alla guida di Al Qaeda in Iraq Al Zarqawi da un lato segue gli ordini di Bin Laden: realizza attacchi contro gli occidentali da Amman a Casablanca e sfida l’America decapitando con le proprie mani l’ostaggio Nick Berg. Ma dall’altro segue la sua agenda: fa strage di sciiti, ne demolisce i luoghi santi, lancia kamikaze contro scuole, mercati e moschee.
Le vittime si contano a migliaia, precipitano l’Iraq nella guerra civile e Bin Laden interviene per iscritto recapitandogli almeno due lettere - intercettate dagli americani - per chiedergli di cessare le «stragi di musulmani perché ci indeboliscono». Tanto Bin Laden che Al Zarqawi perseguono la leadership di Al Qaeda su tutti i musulmani ma la differenza è tattica: Osama come punta sulla guerra all’Occidente, Abu Musab sul dominio sunnita. Dunque, Osama cerca alleati e seguaci fra gli sciiti che Al Zarqawi massacra. Quando Al Zarqawi viene eliminato dai jet americani nel 2006 nel rifugio di Hibhib c’è chi ipotizza che sia stato tradito da una soffiata. Con la sua scomparsa Al Qaeda in Iraq è in pezzi e la centrale di Al Qaeda in Pakistan riprende le redini della Jihad globale ma all’indomani dell’eliminazione di Bin Laden ad Abbottabad la sfida riprende.
Ora a capo dei jihadisti in Iraq c’è Abu Bakr al Baghdadi e fa subito capire ad Ayman al Zawahiri, successore di Bin Laden, che gli equilibri sono cambiati. Anzitutto perché Al Baghdadi viene dal clero islamico e conosce il Corano a menadito ovvero ha un profilo opposto a Bin Laden - cresciuto fra i miliardi di famiglia - che si appoggiava ad Al Zawahiry su dottrina e legge islamica. E in secondo luogo perché al Baghdadi riprende le stragi di sciiti, costruendovi attorno il consenso sunnita, con Al Qaeda talmente indebolita da non riuscire più a opporsi. Il duello divampa nella guerra siriana: Al Zawahiri vi arriva per primo, creando Jubat al Nusra, ma Al Baghdadi risponde trasformandolo in un’estensione del teatro iracheno.
La differenza diventa strategica: la vecchia Al Qaeda vuole rovesciare Assad per fare della Siria un nuovo Afghanistan mentre lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) vuole unire la Siria all’Iraq per dare vita ad un Califfato erede di Maometto. L’Isis ricorre alla ferocia più brutale per polverizzare l’immagine di Al Zawahiri e i risultati iniziano ad arrivare: Beit al Maqqdis nel Sinai gli giura fedeltà, cellule salafite in più Paesi arabi sventolano i suoi drappi e a Zarqa i jihadisti formano in pieno giorno carovane di auto imbandierate di nero.
Al Zawahiri conta ancora su Al Qaeda nel Maghreb Islamico e Al Qaeda nella Penisola Arabica ma la perdita di prestigio è proporzionale alle vittorie e ai territori conquistati da Isis in Iraq e Siria. Il percorso dei jihadisti stranieri conferma la svolta: Isis ne conta - secondo stime europee - almeno il doppio di Al Nusra. Nulla da sorprendersi se la monarchia giordana, intimorita da Isis, gioca la carta di Al Qaeda contro il Califfo. A parlare, proprio da Zarqa, è Abu Muhammad Al Maqqdisi - già maestro jihadista di Al Zarqawi - che appena rilasciato dal carcere, in luglio, condanna il Califfato come «progetto deviante» perché fondato «sulla volontà di farsi obbedire da tutti» e pochi giorni dopo Abu Qatada, imam di Al Qaeda estradato da Londra ad Amman, rincara la dose: «Il Califfato è nullo, non ha autorità sui musulmani».

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