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La Stampa Rassegna Stampa
26.08.2014 La nuova Jihad viene dal cuore del'Occidente
Commento di Domenico Quirico

Testata: La Stampa
Data: 26 agosto 2014
Pagina: 1
Autore: Domenico Quirico
Titolo: «La nuova Jihad viene dal cuore del'Occidente»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/08/2014, a pag.1-11, con il titolo " La nuova Jihad viene dal cuore del'Occidente", il commento di Domenico Quirico.


Domenico Quirico


Un'immagine del video dell'esecuzione di James Foley

Un rapper; o un medico; o uno spacciatore: nei tre possibili assassini britannici di James Foley, nel loro contegno di belva, c'è per noi, europei, occidentali, come un sociologico soffio di ghiaccio. In quei minuscoli fili delle trame che la vita continuamente ordisce, sperde e ricompone intorno a ogni persona umana c'è, forse, la complessità e il pericolo della nascita di una infezione nascosta, il jihadismo europeo, composta cioè da ragazzi che hanno vissuto tra noi e come noi. Non marginali, esclusi, ribelli in nome del Passato estraneo: no, protagonisti invece normali della nostra società, della sua oltranza titanica e della sua spossatezza morale, il vagheggiamento e la ripulsa del niente. E un giorno l'improvviso impero di un destino, un lievito amaro, la vertigine di perdersi e di negar tutto, di non assomigliare a niente, di spezzare per sempre ciò che ci definisce, di ritrovare la piattaforma unica da cui i destini possono ad ogni istante ricominciare. Che cosa governa un cuore? Qui è privazione, rimpianto, mani vuote, partenza, costrizione, rottura, vuoto. Il medico, il rapper, lo spacciatore lasciano come un vestito vecchio tutto ciò che noi crediamo fondamentale e attraente, la scienza che salva, la musica, il malaffare redditizio; e vanno a uccidere e morire per un Assoluto cosl crudele, in un paese che non è il loro, neppure quello dei padri o nonni dove aleggia l'alito dei luoghi infausti. C'è di che sconcertare i settatori delle magnifiche sorti e dei fatali progressi. Il jihadista mostruosamente perfetto è qualcuno con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, a cui chiediamo aiuto per guarire, che ascoltiamo nel cd, con cui alimentiamo i nostri vizi. Dunque non l'allievo di «madrase» in luoghi dove dominano la polvere e il sasso, bambini analfabeti a cui hanno insegnato il Libro a memoria, i vinti di modernizzazioni autoritarie. E Lyristic Jinny, che hai ascoltato sulla Bbc e che diventa Abu Kalashnikov. Ha torto Obama quando dice che il califfato rinascente è qualcosa di estraneo al ventunesimo secolo: purtroppo è vero il contrario, è semmai conficcato in questo secolo, ne è il nuovo cuore di tenebra. Un giovane medico londinese è apparentemente un successo della integrazione, li mandiamo nel Terzo Mondo, i medici, come prove della volontà di fare il bene, non più conquistatori e mercanti ma medici... E costui diventa boia, un individuo segnato, non ha interessi affari né sentimenti personali né legami, nulla che sia soltanto suo. Tutto in lui è in funzione di un solo interesse esclusivo, di un solo pensiero, di una sola passione: la rivoluzione islamica. Oppure il suo contrario, il mercante di droga, eroe dell'intraprendenza mercantile applicata al morale: lo spacciatore vive nelle pieghe della nostra degradazione, se ne arricchisce. Conosce la profondità dei vizi e la sfrutta. Cosa c'è di più occidentale? E lercio di vizio. Poi un giorno parte e annulla il curricolo nero della sua deroga. Ora ha il «qamis» e la barba, e in mano un coltello e parla di dio. Forse il califfo di Mosul ha scelto volutamente una di queste tre biografie per il video sanguinario e i suoi irriferibili orrori: il mio boia me lo avete fornito voi, io sono già tra voi, posso reclutare chi voglio. Ho parlato, un lungo pomeriggio di due anni fa, in un luogo della Siria che oggi è califfato con un gruppo di giovani jjhadisti francesi, tutti di Tolosa, tutti venivano dalla stessa banlieue, studenti, due meccanici, disoccupati. Parlavano degli orrori di quella guerra con la indulgente sicurezza propria dei preti, che vivono le miserie di questa terra come l'avessero lette nel Libro, ne parlano, vi stanno in mezzo con l'indifferenza di chi ha piena conoscenza delle cose umane. Avevano studiato sui manuali de la République, fatto il tifo per la squadra di calcio della città, ascoltato la musica rock. La morte in Siria era per loro piuttosto un buon amico, un compagno, un lavoratore con cui si è stati nello steso ufficio, nello stesso reparto o nello stesso campo. Quando viene, non fanno storie, si amano i propri amici, ma non si importunano, si lascia che vadano e vengano come loro conviene. Avevano compiuto il passaggio chiave, deciso cioè di considerare nemici altri uomini, di renderli astratti. Li avevano cioè allontanati da sé, non volevano più sapere che potevano ridere fragorosamente e piangere di dolore, erano diventate sagome che si possono colpire e sgozzare.

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