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La Stampa Rassegna Stampa
13.08.2014 Stati Uniti ed Europa preparano l'intervento umanitario in Iraq, il ruolo politico delle tribù in Medio Oriente
Cronache e analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 13 agosto 2014
Pagina: 8
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Elicotteri e Tornado. Usa e Ue preparano il blitz umanitario - Denaro, forza e sangue. Torna la legge delle tribù»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/08/2014, a pag. 8, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Elicotteri e Tornado. Usa e Ue preparano il blitz umanitario " e da pag. 9 l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " "Denaro, forza e sangue. Torna la legge delle tribù".
A conferma di quanto scritto da Molinari in quest'ultimo articolo circa il ruolo politico delle tribù, segnaliamo ai nostri lettori l'articolo del 02/04/2011 nel quale Mordechai Kedar prospetta un ordine politico incentrato sul ruolo delle tribù come unica possibile soluzione ai problemi del Medio Oriente:


http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=39150

A destra: "Il terrorismo islamico:  la stessa cosa, con nomi differenti, in luoghi differenti"

Di seguito, gli articoli di Maurizio Molinari:

LA STAMPA - Maurizio Molinari " Elicotteri e Tornado. Usa e Ue preparano il blitz umanitario "


Maurizio Molinari

Stati Uniti, Canada ed Europa convergono verso una «missione umanitaria» nel Nord dell’Iraq tesa a proteggere i civili minacciati dai jihadisti mentre sul terreno i droni Usa bersagliano le posizioni di Isis ed a Baghdad il neo-premier Al Abadi punta a siglare in fretta l’intesa sul governo.
«Estendere le operazioni»
John Kerry e Chuck Hagel, titolari di Dipartimento di Stato e Pentagono, parlano da Sidney prevedendo l’«estensione delle operazioni» nel Nord dell’Iraq con un linguaggio che coincide con quello adoperato da Barack Obama con il premier canadese Stephen Harper: «Serve ulteriore assistenza umanitaria». Nelle ultime cinque notti aerei Usa e britannici hanno compiuto 310 lanci per un totale di 75 mila pasti e 72.740 litri d’acqua. Ma è come una goccia in un mare. Anche perché Isis avanza ancora: ha catturato Jalawla, a Nord-Est di Baghdad.
Tornado e Chinook
A spiegare cosa si prepara è il ministro degli Esteri britannico, Phillip Hammond, che parla di «difficoltà nella consegna degli aiuti ai civili assediati» sottolineando che «per il momento non prevediamo operazioni di combattimento». Ma «un numero limitato di Tornado» saranno impegnati per «sostenere il lancio di materiale umanitario« e i Chinook, elicotteri da guerra, serviranno a proteggere piloti e operatori dai razzi anti-aerei. Isis spara sui voli umanitari e serve uno scudo aereo. Il francese presidente François Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel concordano sulla «missione umanitaria» in una conversazione che ne esamina gli inevitabili aspetti «di protezione». Il ministro degli Esteri tedesco, Ursula von der Leyen, non esclude «consegne di armi all’Iraq».
Genesi di una coalizione
«Se il nuovo governo iracheno ce lo chiederà, faremo di più» sottolinea Kerry, alzando il velo sulla dinamica di quanto sta maturando: l’amministrazione Obama sonda gli alleati su un’operazione internazionale a difesa dei civili da lanciare all’indomani di una formale richiesta da parte di Baghdad. Obama ne ha parlato con il presidente turco Erdogan.
Anche l’Iran con Al Abadi
Il premier incaricato, lo sciita Haider Al-Abadi, ha iniziato le consultazioni per la nascita di un «governo inclusivo», con la rappresentanza di tutte le maggiori etnie, e ha sponsor illustri. Il vicepresidente Usa Joe Biden spinge Massud Barzani, capo del governo del Kurdistan iracheno, a «sostenere l’esecutivo». Il governo saudita fa analoghe pressioni sui leader sunniti: «La nomina di Abadi è un segnale positivo». E l’Iran ripete il messaggio ai leader sciiti: «Sosteniamo al Abadi».
Rischio genocidio
A suggerire lo scenario della «missione umanitaria armata» è quanto avviene a Sinjar, dove almeno 20 mila yazidi restano assediati sulle montagne e i raid dell’aviazione irachena, tesi a permettere la consegna di beni umanitari, avrebbero già ucciso almeno 70 jihadisti. A Sinjar «manca cibo, acqua e rifugio per decine di migliaia di civili intrappolati, si rischia un genocidio» afferma il portavoce dell’Onu, Adrian Edwards. Il Pentagono impiega i droni nella caccia ai mortai jihadisti perché il pericolo dei missili anti-aerei è alto: a dimostrarlo è l’elicottero iracheno colpito in fase di atterraggio causando il ferimento della deputata irachena Vian Dakhil, paladina della minoranza yazidi, e di una reporter del «New York Times».
L’incognita Al Maliki
A Baghdad un’autobomba a centro città causa almeno dieci vittime mentre il premier uscente Nuri Al Maliki chiede alle truppe a lui fedeli di «restare nelle strade» per «difendere la Costituzione violata». Sebbene isolato, e abbandonato anche da Teheran, Al Maliki è un ostacolo per Al Abadi. Da qui l’appello di Ban Ki-moon, Segretario generale dell’Onu, destinato alle forze armate irachene: «Restate lontani dalla politica». Ovvero, niente golpe.
Fosse comuni a Tikrit
Le tv irachene riportano testimonianze su possibili fosse comuni a Nord di Tikrit, dove i jihadisti dell’Isis avrebbero gettato i corpi di centinaia di militari giustiziati durante l’avanzata di giugno verso Mosul. Secondo alcune fonti le vittime potrebbero essere oltre 1700.

LA STAMPA - Maurizio Molinari: " Denaro, forza e sangue. Torna la legge delle tribù "

Sono le tribù sunnite le protagoniste di quanto sta avvenendo nel Nord Iraq, riguadagnando in Medio Oriente il ruolo strategico che ebbero al tramonto dell’Impero Ottomano. «Le tribù per definizione sono fedeli solo ai loro interessi» osserva Jonathan Schanzer, ex analista d’intelligence del ministero del Tesoro Usa, invitando a riflettere su quanto avvenuto nel Nord dell’Iraq dal 2003. Fino ad allora a garantirgli entrate e privilegi era stato Saddam Hussein, quando venne rovesciato vissero nell’incertezza fino all’arrivo di Al Qaeda che con una miscela di corruzione e terrore le convinse a cooperare, assumendo il controllo dell’Anbar fino a farne una roccaforte della Jihad anti-americana ma nel 2007 il generale americano David Petraeus, forte di 20 mila marines e fondi ingenti, siglò accordi locali che diedero vita al Consiglio del Risveglio Sunnita: costruì strade, scavò pozzi, pagò stipendi agli uomini armati e le tribù cambiarono orientamento, consentendo al Pentagono di sconfiggere i jihadisti. Con il ritiro delle forze Usa, al termine del 2011, i clan tribali dell’Anbar si sono ritrovati senza alleati e protettori, con in più l’aggravante di avere a Baghdad il governo guidato dallo sciita Nouri al Maliki percepito come ostile. È in questo vuoto di potere che si è inserito Abu Bakr al-Baghdadi, l’ex leader di Al Qaeda in Iraq che nel 2013 fonda lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) puntando a insediarsi proprio fra i clan del Nord. La caduta di Mosul, in giugno, avviene a seguito dell’alleanza di interessi fra al Baghdadi e personaggi come Ali Hatim Al-Suleiman, Emiro della tribù dei Dulaim che in Iraq conta oltre 3 milioni di membri. «Isis non aveva uomini e mezzi a sufficienza per catturare Mosul - ricorda Al-Suleiman su “Al Sharq Al Awsat” - è stata la rivolta delle tribù a farla cadere, se ciò è avvenuto è perché il governo di Baghdad ci ha spinto a odiarlo al punto da allearci coi terroristi». Se Petraeus conquistò la fedeltà delle tribù sunnite creando infrastrutture locali e versando fiumi di dollari, al Baghdadi è riuscito nello stesso intento cavalcando l’ostilità anti-sciita e ricorrendo alla violenza più brutale - decapitazioni, crocefissioni e fosse comuni - per garantirsi il controllo del territorio del Califfato. «Denaro, forza e sangue è in linguaggio delle tribù» aggiunge Joshua Landis, arabista dell’Università dell’Oklahoma. D’altra parte l’ufficiale britannico Thomas Edward Lawrence nel 1916-1918 fece valere proprio la proiezione del potere dell’Impero di Sua Maestà per convincere le tribù della rivolta araba, dal Sinai all’Arabia, a sollevarsi contro l’Impero Ottomano. Ed a ben vedere anche all’origine dei legami fra Usa e sauditi ci sono le tribù: Franklin D. Roosevelt era da poco alla Casa Bianca quando, nel 1933, la californiana Standard Oil siglò l’intesa per lo sfruttamento dei giacimenti di greggio a meno di un anno dalla nascita del regno wahabita, allorché Riad era soprattutto la capitale degli Ibn Saud. «Più si indeboliscono gli Stati, più in Medio Oriente si rafforzano tribù, clan e famiglie - sottolinea Schanzer - che possono essere parte della soluzione o del problema, seguendo interessi particolari». Le indiscrezioni su tensioni fra tribù e Isis confermano che la situazione è in bilico perché al Baghdadi offre solo due opzioni: soccombere o sottomettersi. Ma se a imporsi è la dinamica delle tribù, come è possibile sconfiggere il Califfo? «Bisogna essere lì sul terreno» risponde Schanzer, ricordando che è questa caratteristica ad accomunare i successi, in tutte le epoche: da Lawrence d’Arabia, agli emissari della Standard Oil Company, a David Petraeus.

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