domenica 19 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
03.03.2013 Decapitati in Mali i vertici di Al Qaeda
Commento e cronaca di Domenico Quirico

Testata: La Stampa
Data: 03 marzo 2013
Pagina: 17
Autore: Doneico Quirico
Titolo: «Decapitati in Mali i vertici di Al Qaeda»

Eliminato Mokhtar Belmokhtar e altri capi di Al Qaeda in Mali, nel commento e cronaca di Domenico Quirico sulla STAMPA di oggi, 03/03/21013, a pag.17, con il titolo '' Decapitati in Mali i vertici di Al Qaeda''-

Domenico Quirico                              Mokhtar Belmokhtar: al copolinea

Le due facce di Al Qaeda, il trafficante, Mmister Malboro, Mokhtar Belmokhtar, e il mistico assassino, Abu Zeid: uccisi a poche ore uno dall’altro. Non esistono molte foto di Abdelhamid Abu Zeid, l’emiro di Aqmi, l’emiro del Sahara. Tutte eguali: il turbante, la lunga barba assira, quel tipo di viso che sembra logorato dalle intemperie e dalla pazienza, a 48 anni! già un vecchio, canuto, veterano del Male. Lo sguardo è vuoto, il buio nel profondo degli occhi. Eppure: uccideva senza collera, con indifferenza, semplicemente perché poteva farlo, come il terremoto o l’alta marea.

Ci sono molte immagini invece di Belmokhar, la mente del sequestro dei dipendenti dell’impianto gasiero algerino di Bp e Sonatarch In Amenas il 16 gennaio scorso in cui hanno perso la vita almeno 30 ostaggi e 11 rapitori. È un guerrigliero ma soprattutto un businessman: traffica, contrabbanda, armi droga diamanti auto, emigranti. Il denaro è una parte del suo personalissimo Jihad. E si conquista così il soprannome di Mister Marlboro. Ama che si parli di lui, è la vedette della banda e la convince a spostarsi dall’Algeria, ormai infida, al deserto. È un fanatico delle nuove tecnologie, è versato nell’high tech; viaggia con connessione internet, telefono satellitare, abitudine che ha rischiato di perderlo. Nel 2005, quando bivacca ai confini tra Mauritania e Mali, invita degli amici per un pranzo nel deserto. Menu méchoui di antilope. Lo ascoltano, golosi, le Grandi Orecchie degli americani. Passano l’informazione ai soldati mauritani. Una unità si avvicina al campo, una sentinella di al Qaeda travestita da donna da l’allarme. Il combattimento cessa misteriosamente, l’esercito mauritano lascia un corridoio per far fuggire mister Malboro e i suoi. Non si saprà mai la ragione.

Raccontano che Abu Zeid sia stato ucciso in combattimento nel Malinistan, dove l’armata di al Qaeda, cacciata dalle sponde del Niger, ferita ma non distrutta, si è ritirata. I ciadiani, altri uomini delle sabbie infinite, che rivendicano di averlo eliminato, loro, ne sono certi; i francesi un po’ meno. Bisognerà dunque attendere l’esame di Dna. Ma anche allora, nei bivacchi del deserto, difficilmente crederanno a queste prove che per noi sono così risolutive: Abu Zeid era una leggenda, e qui gli eroi e i martiri sono uomini che possono far crollare le fortezze con un’ unghia.

Sì, la sua biografia di ribelle fanatico, come quelle dei grandi criminali, si nutre di miti: Abu Zeid il macellaio, Abu l’imprendibile emiro delle sabbie… Nel 2001, ai confini tra Libia e Algeria: Abu Zeid guidava una colonna di mezzi carichi di armi, quando fu intercettato da una pattuglia algerina. Con incredibile sangue freddo fece fermare il convoglio e, a piedi, sorridendo, si diresse verso i soldati. «Siamo delle milizie di autodifesa che hanno appena bloccato un convoglio di contrabbandieri di armi e li hanno catturati. Venite! Ve li consegniamo». I soldati si avvicinarono, le armi abbassate. Furono massacrati a raffiche di mitra.

Al suo fianco, raccontano, c’erano sempre due uomini. Uno aveva il soprannome di Nock, ed era un grande marabutto, capace di creare una tempesta nel deserto, e di guarire da malattie come la follia. L’altro, detto Aness, era un formidabile oratore e combattente, che conosceva a menadito il Corano. Già, la fede. Abu Zeid voleva esser riverito come dotto credente. Molti che lo hanno conosciuto fin dagli Anni 90 giurano che conosceva appena il Libro e che la sua vera fede era l’odio indefettibile contro l’Occidente. Gli islamisti danno sempre l’impressione che la loro passione religiosa dia loro momenti di soddisfazione, forse perfino di felicità, ma che contenga già l’odio e l’aridità di cuore che le faranno seguito. Forse davvero l’esibita pietà religiosa serviva solo per dare la scalata, più rapidamente , alle gerarchie, mobilissime e spietate, di al Qaeda nel Sahel.

Abu Zeid, anzi Abid Hamadu, il suo vero nome, era dunque un uomo della Notte. Raccontava alle reclute che voleva islamizzare tutto l’Occidente, un jihad universale: prima il nord Africa, poi el Andalus, l’Europa, e poi…

La madre, Fatma, dalla città petrolifera di Hassi Messaoud, sud dell’Algeria, dov’era nato, nel 2008 gli lanciò un appello disperato: arrenditi, rimettiti sulla retta vai, ti perdoneranno. Non le ha mai risposto. Dicono fosse candidato alla successione del grande emiro Droukdel. Il cruccio di Abu Zeid era di non essere un «afgano», di non avere questo brevetto per al Qaeda. Aveva tentato, ma l’emissario di Bin Laden che doveva fargli da guida verso Kabul fu ucciso in Ciad. È morto, forse, su altri monti, morti come quelli afgani. La tomba perfetta per una leggenda nera.

Per inviare alla Stampa la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT