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La Repubblica Rassegna Stampa
15.05.2016 'Lo sposo importato': dallo shtetl al sogno americano
Recensione di Susanna Nirenstein

Testata: La Repubblica
Data: 15 maggio 2016
Pagina: 46
Autore: Susanna Nirenstein
Titolo: «Lo strano caso dello sposo arrivato da un villaggio lontano»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 15/05/2016, a pag. 46, con il titolo "Lo strano caso dello sposo arrivato da un villaggio lontano", la recensione di Susanna Nirenstein.

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Susanna Nirenstein

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La copertina (Elliot ed.)

Per immaginarsi la comunità ebraica immigrata nel fine ‘800 e inizi ‘900 in America, il puzzle letterario è ricco, ogni volta curiosissimo. Tra i suoi primi padri (a cui seguirono gli Henry Roth, i Singer, i Malamud, Bellow, Philip Roth, Cynthya Ozick... infiniti altri) comunque c’è Abraham Cahan, classe 1860, nato in Lituania e arrivato negli Usa a 22 anni (dal 1887 al 1914 furono 2 milioni gli ebrei fuggiti dal clima antisemita dell’Est Europa). Già laico e socialista nonostante la religiosissima famiglia di provenienza, il mondo ebraico rimase comunque il suo prisma di riferimento. Insediato nel Lower East Side, in quella sorta di shtetl ricreato nel cuore di New York, nel 1897 dette vita al Jewish Daily Forward (Forwert), il giornale interamente in yiddish, punto di riferimento di tanti ebrei immigrati (Cahan aveva una sua colonna in cui rispondeva a centinaia di lettere: era lecito sposare una cristiana? Cosa fare se il marito faceva tardi ogni notte? Come chiedere un permesso di soggiorno...), la rivista che volle al di sopra di una stretta ideologia marxista e in cui più tardi lavorarono gli stessi Israel e Isaac Singer.

Sicuramente il suo libro più noto è The rise of David Levinsky, ma anche questo Lo sposo importato, tocca con humour il suo tema preferito, lo shock del passaggio dalla tradizione al nuovo mondo. Qui il nostro protagonista è Ariel Stroon. In America ha fatto soldi, ma muore di nostalgia per il suo shtetl e la purezza religiosa che vi si respirava. Lascia a casa la figlia sempre più occidentalizzata (legge Dickens, Scott e Thackeray, si veste alla moda e Ariel teme che i vecchi concittadini la giudichino una gentile), e torna nel suo villaggio fermo nel tempo. L’incanto è totale, ma si spezza presto. Qualcosa però vuol portare con sé, qualcosa di grande, incommensurabile, la fede stessa, per sempre. Qualcosa come il giovanissimo prodigioso Shaya, lo studioso di Talmud più promettente del paese che il rabbino locale vorrebbe come genero: lo potrebbe sposare sua figlia, invece. Detto fatto, Shaya parte con Ariel: matrimonio, mantenimento agli studi, America lo attraggono abbastanza. Anche troppo come vedremo.

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