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Rassegna Stampa
05.01.2017 Dossier Tzahal: la parola alla difesa di El'or Azaria
Commento di IC, analisi di Deborah Fait, Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Deborah Fait - Fiamma Nirenstein
Titolo: «Siamo con El'or Azaria, forza ragazzo! - La lezione di Israele: assassinare un terrorista è comunque omicidio»

Pubblichiamo in questa pagina un nostro commento introduttivo, il commento di Deborah Fait, dal GIORNALE di oggi, 05/01/2017, a pag. 12, con il titolo "La lezione di Israele: assassinare un terrorista è comunque omicidio", l'analisi di Fiamma Nirenstein.

A destra: El'or Azaria

Quasi tutti i quotidiani oggi riportano la notizia della condanna al soldato El'or Azaria. In altre pagine di IC pubblichiamo cronache e commenti più o meno disinformanti. Su molti giornali viene descritta la manifestazione di gruppi "dell'estrema destra israeliana" a favore dell'assoluzione di Azaria, una affermazione del tutto arbitraria, sono cittadini israeliani che non sono d'accordo con la sentenza emessa da tribunale, non c'erano bandiere di partito, ci chiediamo come sia possibile assimilare i dimostranti a una parte politica.  IC critica la sentenza, sta con chi chiede la grazia per El'or Azaria. Ma ci rifiutiamo di farci etichettare "estrema destra" o qualsiasi altra affiliazione. IC fa informazione, si basa sui fatti e prende posizione quando è il caso. Come questo.
(IC redazione)

Ecco gli articoli di Deborah Fait, Fiamma Nirenstein:

Deborah Fait: "Siamo con El'or Azaria, forza ragazzo!"

Colpevole di omicidio colposo. Questo è il verdetto della Corte Marziale alla fine del processo a El'or Azaria, un giudizio che dimostra alle canaglie filopalestinesi innamorate delle dittature islamiche, che Israele non fa sconti e condanna chi ritiene colpevole, sia esso un presidente o un semplice soldato. El'or è stato giudicato colpevole di aver sparato, uccidendolo, a un terrorista che aveva attaccato , insieme a un altro bastardo, a coltellate, una pattuglia di Tzahal. Il terrorista era a terra, ferito e la Corte ha ritenuto non necessaria la reazione di El'or. Come ha detto Avigdor Lieberman, la sentenza va rispettata anche quando non si è d'accordo.

Il processo ha diviso Israele e, davanti al palazzo di giustizia, centinaia di israeliani con le bandiere hanno protestato sconvolti e, forse, anche spaventati , erano per lo più giovani molti dei quali dovranno andare per tre anni a fare una vita d'inferno per difendere Israele dai barbari assassini che lo vogliono annientare, le loro madri passeranno notti insonni aspettando un " ima, hakol beseder" (mamma, va tutto bene). Una vita di dolore, disperazione e paura che Israele vive da sempre senza perdere la speranza e il coraggio. Qualcuno ha scritto che Israele è il paese più solo e coraggioso del mondo ed è una verità che ci rende orgogliosi e tristi allo stesso tempo. I nostri giovani, ancora ragazzini, devono lasciare la famiglia e i divertimenti propri della loro età per andare a combattere contro chi ci vorrebbe tutti morti. El'or ha vent'anni, dovrebbe andare a ballare con i suoi amici, a divertirsi, a nuotare e invece improvvisamente si è trovato a dover decidere, in un solo attimo, tra la vita e la morte.

Si, il verdetto, severissimo, è un segno di quanto sia forte la democrazia israeliana che non esita a condannare un proprio soldato e dimostra come l'etica dell'IDF ne faccia l'esercito più morale del mondo. "Siamo soldati non assassini" dicono quelli d'accordo col verdetto. "Ha fatto il suo dovere, ha eliminato un terrorista, chiunque l'avrebbe fatto" dicono gli altri e io fra questi. Si, ha fatto quello che doveva fare, ha sentito gridare "attenzione, ha una bomba" ha visto il ferito muoversi e ha creduto fosse pronto a farsi esplodere. In quei momenti non c'è tempo per pensare, un ragazzo è sotto stress, vede i compagni feriti e spara perchè un solo secondo di ritardo può portare alla morte. Il fatto che abbia sparato alla testa dimostra che pensava trattarsi di un kamikaze con l'esplosivo sul corpo, diversamente, se voleva semplicemente commettere un omicidio, avrebbe sparato a casaccio o al petto.

Purtroppo la Corte marziale non ha tenuto conto delle argomentazioni della difesa e ha emesso la condanna. Posso portare un esempio per dimostrare che, nel dubbio, El'or ha fatto bene: l'attentato all'aeroporto di Bruxelles del marzo scorso, 35 morti, centinaia di feriti. Uno dei terroristi era a terra ferito, un poliziotto belga che si trovava vicino a lui è scappato a gambe levate, l'attentatore ha premuto il bottone collegato ai condelotti che aveva addosso e si è fatto esplodere ammazzando tutti quelli che erano nelle vicinanze. Se il poliziotto gli avesse sparato avrebbe evitato parte della strage e molti innocenti avrebbero ancora la loro vita da vivere.

Al danno si aggiunge la beffa: è arrivata la notizia che la famiglia del terrorista , non soddisfatta del verdetto, ha promesso che porterà al Tribunale dell'Aja El'or Azaria, l'IDF e Israele tutto intero per chiedere milioni di danni e una condanna severa. Chissà, forse si sarebbero aspettati di vedere El'or penzolare da una forca come fanno i palestinisti che appendono ai lampioni i cadaveri dei condannati a morte (senza processo) e li lasciano penzolare al pubblico ludibrio. Questa famiglia , dopo aver cresciuto figli assassini e averli mandati, benedicendoli, ad ammazzare ebrei, adesso vuole anche guadagnarci su.

Quando ho letto la notizia mi è presa una rabbia incontenibile, un tale schifo per quella gente miserabile fino alla fine, volevano la morte dei nostri ragazzi e adesso mangiano sul corpo del loro stesso figlio. Vorrei tanto trovarmi davanti a qualche sinistro filopalestinista, a qualche buonista faslso e ipocrita che considera Israele uno stato canaglia. Vorrei guardare negli occhi i nullafacenti dei centri sociali, imbevuti di un'ideologia criminale, che sventolano la loro kefiah come fosse una bandiera anzichè un simbolo di morte, quelli che boicottano Israele e che hanno della melma al posto del cervello. Vorrei guardarli negli occhi e dire loro che l'Israele che odiano a morte è qui per dimostrare la sua forte democrazia anche a costo di punire un proprio figlio colpevole di aver ammazzato un terrorista il cui unico sporco ideale era ammazzare lui e i suoi compagni.

L'ideale di Israele è democrazia, e' il diritto. A quelli che, senza vergogna, urlano "Andate via di là e non morirete più" come se questa non fosse la nostra Terra, rispondo "se el-Sharif fosse rimasto a casa sua invece di voler ammazzare dei ragazzi ebrei della sua stessa età, non sarebbe morto". El'or e la sua famiglia non sono soli, la maggior parte di Israele è con loro e partecipa al loro dolore, hanno l'amore dei ragazzi che devono andare a servire il Paese e sono spaventati dal verdetto che in pratica legherà le loro mani quando dovranno difendersi o difendere qualcuno di noi dai barbari assassini. Esclusa una parte della sinistra (ma non tutta perchè persino Shelly Yachimovich, ex Avodà, spera nella grazia), tutti amano quel ragazzo sorridente e tenero che non ha mai detto una parola contro nessuno, non ha mai inveito contro chi lo voleva condannato, è rimasto in silenzio ad aspettare, un po' attonito di fronte a tutto quello che accadeva intorno a lui.

Al momento del verdetto il suo sorriso si è spento in una smorfia di pianto ma è rimasto tranquillo e si è lasciato baciare e abbracciare dai familiari e dagli amici in lacrime. Rischia fino a 20 anni di prigione. Una vita rovinata mentre il terrorista, se fosse sopravvissuto, sarebbe stato portato in trionfo, in mancanza di questo gli sarà certamente dedicata qualche scuola. E' stata preparata una petizione che sarà mandata a Netanyahu per chiedere la grazia. https://www.change.org/p/pm-netanyahu-free-elor-azariya-idf-soldier?recruiter=21403917&utm_source=share_petition&utm_medium=facebook&utm_campaign=autopublish&utm_term=mob-xs-no_src-reason_msg

Solo il Presidente Rivlin può concederla ma la speranza è che la Corte, al momento della sentenza che avverrà fra un mese, di fronte al dolore e alle proteste dell'opinione pubblica, abbia la mano leggera. Un'amica su FB mi ha ricordato una delle frasi famose di Golda Meir "Preferisco ricevere le vostre critiche piuttosto che le vostre condoglianze". Israele, in verità, critiche ne ha ricevute tante e sempre, condoglianze mai, ma va avanti per la propria strada di coraggio e di speranza insieme a El'or e a tutti i ragazzi e le ragazze di Zahal.

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Deborah Fait
"Gerusalemme Capitale unica e indivisibile di Israele"
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IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "La lezione di Israele: assassinare un terrorista è comunque omicidio"

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Fiamma Nirenstein

C'è voluto un anno di scontri e di sofferenza morale, e adesso il sergente Elor Azaria, abbracciato in tribunale dalla sua mamma Oshra in lacrime, mentre il suo babbo disperato, il poliziotto Charlie, si mette le mani nei capelli e una folla disperata urla a sostegno di Elor «l'esercito è finito», è stato accusato di omicidio. Azaria ha 19 anni. Il ministro delle Difesa Yvette Lieberman come tanti altri politici dice di accettare a malincuore, ma di accogliere la decisione del tribunale.

Ci vorrà un mese circa per arrivare alla inevitabile condanna che può arrivare fino a vent'anni; e fino ad allora sarà un corteo continuo, una marcia senza fine della parte più popolare di Israele; degli amici di Ramla, il paese povero in cui si trova la casa della famiglia Azaria; di uscite pubbliche dei tifosi della squadra Beitar Yerushalaim, la più radicale e strillona del Paese; e sarà il tempo delle prese di posizioni di politici di tutti i colori, strappati fra la necessità di onorare il corpo giudiziario, sempre venerato, del Paese, e invece la rabbia di vedere un soldato in estrema difficoltà condannato con un'accusa tanto pesante e, tuttavia, motivata punto per punto. Molti politici, compresa l'esponente della sinistra Shelly Yechimociv, chiedono che si proceda subito con un'amnistia ad personam, perché le colpe certo non sono tutte di Azaria, dicono, e «un soldato non può essere lasciato solo». La folla infuriata fuori del tribunale ha fatto capire quanto la rottura sia profonda, quanto sia difficile accogliere un codice morale così retto, così monumentale e costruito con tanta determinazione così da diventare l'unico testo di un esercito, l'Idf, a contenere il dovere di preservare al massimo la vita umana e la purezza delle armi, ovvero la moderazione nell'uso della forza.

Con 97 pagine di sentenza la giudice Maya Heller a nome dei tre giudici che hanno votato all'unanimità il testo, ha respinto la linea di difesa di Azaria e l'ha accusato di omicidio. Il giovane di stanza a Hebron il 24 marzo dell'anno scorso era presente quando un terrorista si è gettato sui suoi compagni e ne ha ferito due con un accuminato coltello. Il terrorista poi è stato atterrato e ferito tanto da non essere in grado, secondo la giudice di compiere ulteriori atti di aggressione. Invece, secondo la difesa, il soldato ha sostenuto di aver pensato che il terrorista fosse ancora pericoloso e per questo gli ha sparato addosso. Di fatto il terrorista non era più in grado di colpire, e non era ancora morto, secondo i giudici. Azaria quindi, ha stabilito il tribunale, l'ha ucciso.

Si capisce molto bene come la difesa del giovane abbia avuto successo: si basa nell'esperienza del pericolo senza fine, delle lunghe giornale di guerra dove in ogni angolo, si nasconde un rischio. Si nasconde nella rabbia profonda quando i compagni vengono uccisi; nella giovanissima età in cui si va per tre anni nell'esercito. Ti perseguita la memoria dei compagni che non ci sono più, i comandanti ti mettono mille volte in guardia dai pericoli e ti comandano di combattere cercando tuttavia di calmare ogni istinto aggressivo. Difficile, talvolta troppo difficile, soprattutto quando sei a Hebron, una città in cui i pochissimi ebrei rimati dopo lo sgombero (anche Hebron, come più del 90 per cento dei territori disputati è stata sgomberata) vivono in uno stato di assedio punteggiato di attacchi continui. Ma proprio martedì scorso il capo di Stato maggiore Gadi Eisenkot ha detto: «Un soldato non è il bambino di tutti noi (come ha detto il padre di Azaria, ndr), è un guerriero, un soldato, che deve dedicare la sua vita a portare avanti il compito che gli è stato affidato. Non deve esserci nessuna confusione su questo».

E non ce n'è nel codice di comportamento: vi si scrive che «non tratterai mai le persone pensando al tuo beneficio, chiunque siano, ma sempre pensando alla loro essenza di persone». Ma è difficile farlo in questo Paese così perseguitato, che proprio oggi vede sorridere dalle pagine dei giornali la bellissima faccia del maggiore Hagay Ben Ari, comandante dei paracadutisti, morto a 31 anni in ospedale dopo due anni e mezzo di sofferenze dopo essere stato ferito a Gaza, dove combatteva per fare cessare la pioggia di missili sul suo Paese. Lo si ricorda come un eroe. Lascia la moglie e tre bambini.

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