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Rassegna Stampa
23.08.2014 Assetati del nostro sangue, così l'Isis ci dichiara guerra
Commrento di Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Assetati del vostro sangue, così l'Isis ci dichiara guerra»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 23/08/2014, a pag.3, con il titolo "Assetati del vostro sangue, così l'Isis ci dichiara guerra", il commento di Fiamma Nirenstein.



Fiamma Nirenstein          Al Baghdadi

Così l'Isis ci dichiara guerra. Ecco l'email inviata dai jihadisti alla famiglia del reporter prima di ucciderlo Scritta in inglese «proletario» da chi conosce l'Occidente. E vuole annientarlo La lettera che una settimana prima dell'esecuzione gli uomini (uomini?) dell'Isis hanno inviato alla famiglia di James Foley è un sommario ideologico e politico che porta con sé una dichiarazione di guerra a noi, proprio a noi. Nella lettera c'è tutta la storia del terrorismo islamico e il suo rinnovamento attuale: dal disgusto per la società occidentale in stile Fratellanza Musulmana, alla minaccia escatologica di Bin Laden, fino all'isterismo proprio della comunicazione dell'Isis. Lungo i capoversi l'Isis sceglie la sua solita strada: l'omicidio di massa dettato da un'incontenibile ira, una crisi di nervi, uno stato estatico che grida «non ci fermeremo finché non placheremo la nostra sete del vostro sangue». L'Isis usa un inglese di base ma corretto (secondo gli esperti chi scrive proviene dalla «working class» britannica) descrivendo le buone ragioni dell'Islam contro l'Occidente; e poi, però, trascende ogni limite, mostra nella scrittura lo stesso accanimento tagliateste e smembratore dei video in cui si fregia di mostrare centinania di esecuzioni sommarie, sangue e ancora sangue. La lettera minaccia in perfetto stile jihadista, riferendosi ai prigionieri: «sono entrati nella gabbia dei leoni, e sono stati mangiati», gli uomini con la bandiera nera sono i re della foresta, e gli altri dei miserabili servi degli americani. Questo è il primo assunto: la guerra dell'Isis ha come primo nemico l'America, in memoria della guerra di Bush («la vostra misera sconfitta in Iraq») e perchè così l'Isis cerca la comprensione (anche in Italia si vede con orrore e stupore che ci riesce) di chi condivide quel pregiudizio antiamericano che è intessuto di odio contro noi stessi. Il popolo americano, i genitori di Foley sono identificati con i «servi sciocchi» dell'imperialismo che non sanno ribellarsi alla politica aggressiva dell'Occidente contro il mondo musulmano, misero e oppresso: una facile menzogna, basta pensare che l'impero ottomano è durato 623 anni, e che l'Islam prima conquistò il Medio Oriente e poi la Sicilia, la Spagna, parte della Francia. Perché l'Isis scrive la lettera? Innanzitutto, tenta ancora di farsi dare quei milioni (pare 100) che il governo Usa aveva negato e che la povera famiglia di Foley cercava di raggranellare. Aggredendo i Foley con minacce da omicidi, l'Isis cerca di indurli a cercare i soldi con più accanimento sapendo che altrimenti il sangue del loro ragazzo sarà «bevuto», e dopo quello di tutti gli americani. La seconda ragione è terrorizzare: lo spavento è l'arma più efficace del terrorismo, può distruggere una società, può portare alla resa, può distruggere il mondo come lo conosciamo. L'Isis cerca di indurre il nemico alla fuga prima che ingaggi la battaglia. L'esaltazione di questa tecnica che è propria dei sunniti della Fratellanza musulmana, di Hamas, di Al Qaida come degli sciiti iraniani e di Hezbollah, nel caso dell'Isis è portato alle stelle, i loro video come «Saleen al Sawarin» fino a quello della decapitazione di Foley mostrano crocifissioni, smembramenti, il taglio della mano. La minaccia terrorista, si ripete nella lettera, è per uomini, donne, vecchi e bambini, la guerra annunciata è uguale a quella dell'11 settembre. Però anche Daniel Pearl fu decapitato nel 2002 quando Bin Laden era in difficoltà. l'Isis teme le bombe che gli americani esplodono sullo «Stato Islamico»: dopotutto i peshmerga curdi hanno ripreso la diga di Mosul con l'aiuto Usa. C'è paura nell'urlo di Abu bakr al Baghdadi. E quando c'è paura, si deve spalancare questa finestra di opportunità, senza indulgere all'etichetta. Ascoltiamoli come non abbiamo ascoltato Khomeini, Bin Laden, Mashaal, Nasrallah che hanno riempito il mondo di attentati.

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