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Rassegna Stampa
23.07.2014 Il dolore di Israele per i caduti di Tsahal
di Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Quel soldato rapito e le strazio di un paese che piange i suoi figli»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 23/07/2014, a pag. 13, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "Quel soldato rapito e le strazio di un paese che piange i suoi figli ", seguito da un testo che abbiamo ricevuto da Faimma Nirenstein, dal titolo "Quelle compagnie che sospendono i voli premiano Hamas "

Su Tsahal e il suo impegno in difesa di Israele, riportiamo anche un link a un video. Vi si vedono soldati israeliani che, tra un'operazione di terra e l'altra ballano insieme ad ebrei hassidici.  Tra di loro anche  membri di yeshiva religiose che oggi prestano il servizio militare per lo Stato d'Israele.


http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4548001,00.html


Fiamma Nirenstein   Oron Shaul

Un paese che nasce con 600mila abitanti nel 1948 e oggi ne ha poco più di sette milioni, considera ognuno dei suoi ragazzi un gioiello: averne perso circa 23mila, esclusi gli attentati, racconta tutta la sua determinazione. In queste ore, le foto di 27 ragazzi che hanno lasciato per sempre le loro famigllie, le loro ragazze, i loro compagni, invadono i giornali e la mente. È di pochi minuti fa l'annuncio che un altro 21enne, Eviatan Turgyman, è stato ucciso in battaglia. All'ospedale Soroka di Beersheba e anche in altri ospedali di Israele c'è un traffico da austostrada, le ambulanze portano senza tregua soldati feriti; si vedono, alte sulle barelle, le scarpe bianche di polvere di Gaza. Molti vengono curati, fasciati, steccati, mandati via. Altri vengono trasportati di corsa verso la sala operatoria. La folla dei parenti arriva trafelata, terrorizzata. Ilana, madre di Geva, lo trova in corsia, ferito ma con un piccolo sorriso dal letto dell'ospedale: «È nato di nuovo» dice pazza di gioia. Ha un altro figlio dentro Shajaya, un ufficiale che le ha spiegato che deve restare là con i suoi ragazzi, tanti baci a Geva. I feriti lievi si impuntano a tornare alla loro compagnia. Nei giorni scorsi un comandante dei Golani, Rassan Alian, ferito a un occhio, non ha lasciato in pace i medici finché, con la faccia piena di punti, non l'hanno rimandato dai suoi soldati a Gaza.
Israele si morde le labbra e inghiotte le lacrime, le famiglie devono sostenere la peggiore di tutte le prove, i padri che seppelliscono i figli, i giovani ufficiali che lasciano spose disperate. Israele compie l'operazione di terra per evitare di bombardare dall'aria, e i giovani muoiono. Ieri il nemico ha mostrato una ghigna molto particolare: uno dei sette soldati di cui è stata annunciata la morte domenica, uccisi mentre impedivano l'ingresso di un gruppo di terroristi in un kibbutz, è stato rapito. I volti e i nomi di sei di loro sono apparsi sui giornali, cinque soldati di 20 anni e il loro ufficiale, Dolev Kedar, 38 anni. Ma un altro ventenne, Oron Shaul, non era stato ritrovato. Già da domenica Hamas aveva annunciato di avere un soldato in mano, il portavoce Hussan Badran in Qatar ne ha detto il nome e il numero, 609206, senza specificare se il ragazzo è vivo, morto, ferito. Dopo due giorni di verifiche, si capisce che comunque è in mano a Hamas. Lo scopo del rapimento del ragazzo, o del suo corpo, è ricevere in cambio dei prigionieri. Potrebbe anche darsi - dicono fonti dell'esercito israeliano - che Hamas abbia in mano soltanto la piastrina col numero del soldato o dei residui di abiti e che su questo basi il suo ricatto. E quindi si studia la questione con la massima cautela.
Il dolore è troppo grande per lasciare che la rabbia vinca, Israele piange ma seguita a combattere, ed è quasi incredibile che ai tempi nostri, mentre la società occidentale si spezza, la compattezza del compito costruisca la forza e il sorriso dei giovani. Le mamme dei ragazzi uccisi seguono a malapena i funerali, abbracciano la bara, dicono però parole di orgoglio.
«Max decise di venire in Israele nel 2012 - ha detto la sua mamma americana arrivata da Los Angeles - e non c'è stato verso di toglierglielo dalla testa. Ora, il cimitero di Monte Herzl a Gerusalemme, quello degli eroi, è certo giusto per lui». Si sentono tante parole d'amore: «Il mio principe», «Tutta la mia vita». La moglie di Tzafrir Baror, 28 anni, Sivan, alla fine della gravidanza piange nelle braccia di Shimon Peres: «Avevamo promesso di proteggere il nostro bambino dalle guerre, di restare insieme per sempre e così sarà». Oz Mandelovich aveva parlato alla radio col padre per condividere la loro esperienza nella compagnia dei Golani. Il padre suggeriva un lavoro d'ufficio, e Oz rideva. La sua ragazza ha scritto su WhatsApp: «Per me tu sei il mio mondo». La mamma di Moshe Malko, 20 anni, ha coperto con grida le preghiere: «Moshiko, vita mia, siamo stati così fortunati ad averti». Gli amici raccontano del loro miglior campione, quel gran giocatore di pallanuoto, quell'ottimo musicista, quel volontario di ogni buona causa, quel soldato valoroso. La notte di lunedì al cimitero di Haifa è stato seppellito Sean Carmeli, 22 anni, un americano del Texas, uno dei 2000 «soldati soli» che decidono di venire a servire in Israele dall'estero. Sean era un morettino vivacissimo, tifoso del Maccabi Haifa. Su Facebook un suo amico, Rafael, ha postato l'orario del funerale: mezzanotte, per permettere alla famiglia di arrivare dagli Stati Uniti. Al cimitero di Haifa si sono presentate 20mila persone, con autobus, mezzi privati, di destra, di sinistra, ragazzi, vecchi. C'era la fascia verde del Maccabi Haifa e la bandiera bianca e celeste, gli sarebbe piaciuto.

Abbiamo ricevuto da Fiamma Nirenstein e pubblichiamo:

Le compagnie che hanno sospeso i voli per l’aeroporto Ben Gurion hanno dato un bel premio a Hamas. Che boicottaggio ben riuscito, stanno ora gongolando tutti i suoi amici, e sono molti di più di quanti lo confessino apertamente. Per esempio tutti quelli che marciano a Londra a Parigi e anche in Italia contro Israele con slogan antisemiti.
 La sospensione dei voli rappresenta l’isolamento rispetto al mondo occidentale, uno dei peggiori incubi di Israele, sempre più sola, una coraggiosa scheggia di civiltà e di democrazia in mezzo a un mondo estremista, dittatoriale, islamista. 
Inoltre, certifica per sempre l’impossibilità di una trattativa lungo i confini del 67, dato che avere aeroporto sotto tiro palestinese si dimostra una garanzia di pericolo internazionale che Israele non si può certo permettere.
 Israele garantisce in queste ore la sua certezza nel garantire i cieli dell’aeroporto, e non si prenderebbe questa responsabilità se non ne fosse assolutamente certa. Quindi, compagnie aeree, Alitalia, non date ragione ai missili, alla violenza, al terrorismo, riprendete i voli.

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