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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Rassegna Stampa
28.01.2008 Paola Caridi ricicla parole sporche
il macabro ricatto di Hassan Nasrallah diventa un'accusa a Israele

Testata:
Autore: Paola Caridi
Titolo: «Olmert rischia grosso, il falco Bibi è già pronto»
Scrive Paola Caridi sul RIFORMISTA del 28 gennaio 2008   "il leader carismatico di Hezbollah",  Nasrallah "ha usato la questione dei soldati israeliani nel sud del Libano per incidere sul futuro del governo Olmert, sostenendo che Tsahal si è lasciato alle spalle, ritirandosi, i corpi dei suoi uomini".

Nasrallah, come si ricorderà, ha detto di possedere i resti dei soldati israeliani caduti, colpendo Israele con un macabro ricatto su quelle spoglie.
Caridi presenta una versione edulcorata delle parole del "leader carismatico", che assolve quest'ultimo e implicitamente accusa Israele, la vittima della barbarie di Hezbollah.

Ecco il testo completo dell'articolo:

Gerusalemme. La resa dei conti ha una data precisa. Mercoledì 30 gennaio. Esce quel giorno la seconda e ultima parte del rapporto Winograd, la relazione sul comportamento dei vertici politico-militari israeliani durante la guerra in Libano dell'estate 2006. Non che si aspettino grandi sorprese dal rapporto del comitato messo in piedi nell'autunno di quello stesso anno, sotto la spinta del malumore popolare per le decisioni prese negli ultimissimi giorni del conflitto. Giorni cruciali, quando Israele lanciò un'operazione di terra disastrosa dal punto di vista militare, inutile da quello diplomatico, dolorosa per i soldati morti quando il cessate il fuoco era già stato deciso.
L'entrata in guerra non viene messa in discussione da nessuno, popolazione o leadership che sia. Ma il Winograd seconda parte si occupa, nello specifico, dei giorni immediatamente precedenti il 14 agosto. E, dicono tutte le indiscrezioni, sarà durissimo con gli uomini che erano allora alla barra di comando. Dopo le dimissioni del capo di stato maggiore Dan Halutz e del ministro della difesa Amir Peretz, resta ora solo Ehud Olmert, al vertice della catena decisionale. Il suo destino, dunque, è il vero rovello aperto dal comitato presieduto dal giudice a riposo Elyahu Winograd. Resterà? Si dimetterà? Sarà messo in minoranza?
C'è un gruppo ben preciso che chiede a gran voce le dimissioni di Olmert. Sono i riservisti e le famiglie che hanno perso i propri figli negli ultimi giorni della guerra. Figli mandati a morire senza motivo, accusano. Ma questo giudizio, sostenuto dalla maggioranza silenziosa d'Israele, nasconde anche un retrogusto strettamente politico. Perché la figura più nota del gruppo è Uzi Dayan, discusso leader di un partito, il Tafnit, che si è presentato alle elezioni del 2006 proponendo di attuare la seconda parte del disimpegno voluto da Ariel Sharon: costruzione veloce del Muro di separazione e frontiere decise su basi demografiche, inglobando le grandi colonie israeliane in Cisgiordania. Senza ottenere neanche un seggio in parlamento.
Dayan fa gli interessi di Benjamin Netanyahu, dice chi lo contesta, visto che «dimissioni significa elezioni anticipate». E i sondaggi prevedono una valanga di consensi per i pezzi da novanta della destra: Benjamin Netanyahu, Arkadi Gaydamak, Avigdor Lieberman. Certo è che il gruppo dei riservisti e delle famiglie investite dal lutto della guerra sta facendo lobby su tutti quelli che contano. Negli stessi giorni in cui anche altri due attori, diversissimi tra di loro, hanno inciso sul caso Winograd. L'ex ambasciatore Usa all'Onu, John Bolton, che nella sua visita in Israele della scorsa settimana ha raccontato una verità diversa su quei giorni d'agosto 2006, quando il telefono tra Washington e Tel Aviv era rovente e al Palazzo di Vetro si cercava di metter su una risoluzione che facesse tacere le armi. E Hassan Nasrallah, il leader carismatico di Hezbollah, che ha usato la questione dei soldati israeliani nel sud del Libano per incidere sul futuro del governo Olmert, sostenendo che Tsahal si è lasciato alle spalle, ritirandosi, i corpi dei suoi uomini.
È questo il nodo cruciale del rapporto Winograd, quello sul quale Olmert rischia di cadere. Mentre alle sue spalle c'è una lunga lista di pretendenti, volontari o involontari che siano. Come Shaul Mofaz, durissimo contro chi ha condotto la guerra del 2006. L'ex capo di stato maggiore ed ex ministro della difesa sta cercando da tempo di essere il candidato di Kadima, il partito del premier, ipotetica fase del dopo-Olmert. Un tentativo insidiato da Tzipi Livni, che domenica ha incontrato - ultima di una serie di leader - proprio il gruppo delle famiglie dei riservisti morti. La scelta deve aver irritato il premier, a giudicare dal comunicato stizzito emesso prima dell'incontro, ma ha anche evidenziato che qualcosa dentro Kadima si sta muovendo.
Chi perderebbe dalle dimissioni di Olmert è Ehud Barak, e il Labour. Barak aveva promesso di lasciare il governo se il rapporto Winograd fosse stato duro. Ma ora non è più così sicuro. Perché i sondaggi parlano di una debacle per il Labour in caso di elezioni anticipate. E poi, se Olmert facesse un passo indietro, Barak potrebbe aspirare a sostituirlo, in un governo di emergenza nazionale. Meglio stare a guardare, dunque. Chi non starà a guardare è lo Shas, il partito dei sefarditi religiosi che ha già espresso la sua contrarietà a negoziati israelo-palestinesi sulla divisione di Gerusalemme. Domenica, a casa di Rabbi Ovadia Yosef, il leader spirituale del partito, si è riunito il consiglio rabbinico, i saggi dello Shas. Si dice che l'uscita dal governo ormai sia questione di giorni. E senza quei voti, Olmert perderebbe la maggioranza già erosa dall'abbandono di Yisrael Beitenu.

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