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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.11.2016 'Giorgio Bassani, mio padre'
Recensione di Corrado Stajano

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 novembre 2016
Pagina: 37
Autore: Corrado Stajano
Titolo: «Simpatico ma anche diavolo: era Giorgio Bassani, il mio papà»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/11/2016, a pag. 37, con il titolo "Simpatico ma anche diavolo: era Giorgio Bassani, il mio papà", la recensione di Corrado Stajano.

Il 'Gruppo 63 - come tante avanguardie che non  si rendono conto di essere soltanto dei poveri invidiosi - avevano chiamato Giorgio Bassani la "Liala della narrativa italiana", loro, che non mai stati capaci di scrivere un romanzo. Per non dire delle oscenità sul "Giardino dei Finzi-Contini", storpiato in "Giardino dei finti pompini". Il Gruppo 63 è da lungo tempo scomparso, mentre Giorgio Bassani è giustamente considerato uno dei più grandi narratori  del '900.

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Corrado Stajano

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Giorgio Bassani

È lei Giannina, la bambina delle prime pagine del Giardino dei Finzi-Contini dalla natura allegra ed espansiva: «Si spingeva incontro alle ondate che venivano all’assalto della riva (...) Aveva l’aria di divertirsi un mondo (...) tanto che di lì a poco, quando rimontammo in macchina, vidi trascorrere nei suoi occhi neri e vividi, scintillanti, sopra due tenere guancine accaldate, un’ombra di schietto rimpianto». Sono passati tanti decenni da allora. Paola Bassani ha scritto un piccolo libro di memorie nutrito di amorosa delicatezza: Se avessi una piccola casa mia. Giorgio Bassani, il racconto di una figlia (La nave di Teseo).

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La copertina (La nave di Teseo ed.)

È tra le cose più difficili scrivere del proprio padre soprattutto se è stato una persona famosa. Paola è riuscita a farlo senza cadere nella trappola del ricordo acritico. Il libro è una biografia parallela, la bambina che cresce, il padre che al di là della porta scrive. La bambina ama leggere, il padre vigila anche sulla scelta delle sue letture, Pinocchio , poi L’isola del tesoro e, verso i quattordici anni, Guerra e pace . E via via, La lettera scarlatta , Madame de La Fayette e Guy de Maupassant, «un autore che ci ha legati per sempre». Lui aveva altri autori, Alessandro Manzoni, Giovanni Verga, Thomas Mann, il Croce.

Paola Bassani diventa storica dell’arte, l’influenza del padre è sempre presente, è lui che l’ha «letteralmente consegnata ad Arcangeli», Francesco Arcangeli, della cerchia di Roberto Longhi, il grande maestro: il suo « Officina ferrarese — scrive Paola — è forse il vero libro di mio padre, quello che lo ha ispirato in modo assoluto». Se avessi una piccola casa mia (citazione di una lettera del 1946 di Bassani alla moglie) è ricco di ricordi, di notizie, di giudizi. A pagina 46: «Ha sempre detto che se non si fosse scontrato con la terribile realtà della dittatura fascista, non sarebbe mai diventato uno scrittore: sentiva che l’impegno etico, civile, era necessario alla sua arte». E ancora: «Che strano: si è dato alla vita, si è impegnato politicamente nella politica, e però tutto questo ha alimentato di continuo la sua poesia».

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Paola Bassani

È una scrittura lieve, elegante, quella di Paola. Nei suoi frammenti di memoria si specchia il tragico Novecento, la persecuzione ebraica, la Shoah. Il giardino dei Finzi- Contini e Cinque storie ferraresi sono ormai due classici conosciuti in tutto il mondo: «Bassani — scrive Massimo Raffaeli nell’attenta e partecipe prefazione — è crocianamente un poeta della storia e non l’elegiaco poeta della memoria ovvero della nostalgia come vollero far credere a suo tempo alcuni esponenti del Gruppo 63» che definirono Carlo Cassola e Bassani «le Liale del 63». Lo scrittore di Ferrara se ne dispiacque molto. L’airone , il romanzo della terra desolata, fu la sua risposta. Erano molti i suoi tasti letterari, volle far sapere. A proposito del Gruppo 63 scrive Paola Bassani: «È noto che nessuno di costoro, dico nessuno, ha avuto la forza di dire: “Mi sono sbagliato”. Umberto Eco timidamente, anni fa, curando un’antologia sul tema della nebbia, ci ha chiesto di ripubblicare un brano di nostro padre e, dunque, è ritornato sui suoi passi. Ma troppo timidamente...».

Nella sua vita Bassani (è morto a Roma nel 2000) ha dovuto e saputo superare tanti ostacoli: la rottura con Ferrara, anzitutto, la comunità che non gli perdonò mai di aver rivelato nei suoi libri segreti che dovevano restare inviolati. Anche la vita pratica non è stata facile per lui, insegnante (vinse più concorsi), fu sceneggiatore cinematografico risollevando le sorti finanziarie della famiglia, lavorò nelle riviste — «Paragone», «Botteghe Oscure» — e nell’editoria: «Mi ricordo di quando è tornato a casa con il dattiloscritto del Gattopardo . Ne aveva letto la prima pagina nella guardiola del portiere del palazzo in cui viveva Elena Croce e si era subito reso conto della sua eccezionalità». Il libro di Paola, arricchito da lettere e da fotografie, rende con nitidezza com’era fervido il mondo culturale in cui visse Giorgio Bassani, popolato di intelligenze che ora sembrano difettare: con Longhi, scrittori e critici, Niccolò Gallo, Mario Soldati, Attilio Bertolucci, Augusto Frassineti, Claudio Varese, Cesare Garboli, Pier Paolo Pasolini, Pietro Citati, Natalia Ginzburg, Carlo Levi che gli fece il famoso ritratto con gli occhi vitrei, duri, di ghiaccio. Perché, scrive la figlia, «era simpatico e insieme era un diavolo». Bassani nacque proprio un secolo fa. I suoi luoghi, i suoi personaggi sono nel cuore di chi ama leggere: Corso Ercole I d’Este, il celebre giardino invano cercato dai turisti, via Cisterna del Follo 1, le Mura degli Angeli, la Fossa del Castello, corso Giovecca, Lidia Mantovani, Clelia Trotti, Giampi Malnate, Sciagura e Micòl, l’inafferrabile Micòl.

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