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Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.07.2015 Tunisia: pena di morte per i terroristi
Commento di Giuseppe Sarcina

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 luglio 2015
Pagina: 25
Autore: Giuseppe Sarcina
Titolo: «Se torna la legge di ferro nella Tunisia sott'assedio»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/07/2015, a pag. 25, con il titolo "Se torna la legge di ferro nella Tunisia sott'assedio", il commento di Giuseppe Sarcina.

I Paesi civili combattono contro il terrorismo. Le democrazie lo combattono senza applicare la pena di morte. Chi lo combatte seriamente, come Israele, e chi per gioco, buona parte dell'Unione Europea. La Tunisia sotto attacco ha scelto la pena di morte. Questo non stupisce in un Paese islamico, lontano da standard democratici mai di fatto adottati pienamente. Comprendiamo le ragioni della decisione, il governo tunisino ha a che fare anche con i Fratelli musulmani, che oggi giocano su due tavoli.

Ecco l'articolo:


Giuseppe Sarcina


Tun IS ia

La legge di ferro contro il terrorismo adottata ieri dal Parlamento tunisino sembra più una mossa disperata che una prova di forza. Tra i provvedimenti fa discutere l’introduzione della pena di morte per reati quali «l’omicidio dei cittadini stranieri». Dal punto di vista strettamente giuridico siamo di fronte a una misura ridondante poiché la pena capitale è già prevista dal codice tunisino per 21 delitti e tra questi c’è sicuramente l’assassinio. Dopodiché l’ultima esecuzione risale al 1991 e persino il presidente autocrate Ben Ali non ne ha fatto ricorso per mantenere l’ordine pubblico. Il provvedimento è stato votato all’unanimità, fatte salve 10 astensioni, da tutti i partiti.

Dalla formazione secolarista Nidaa Tounes, che guida il governo, al movimento di ispirazione islamica Ennahda che ha un rappresentante nell’esecutivo. È il segno che il ceto politico avverte come imminente il pericolo di essere travolto dalla jihad, locale o di importazione che sia. Nell’ultimo mese, dopo il massacro dei turisti a Sousse del 26 giugno, il premier Habib Essid ha subito cambiato il responsabile della commissione incaricata di monitorare i luoghi di culto. Al posto dell’Imam moderato Amor Mighri è arrivato Othman Battikh, gran Muftì già al servizio del regime di Ben Ali. Nel giro di poche settimane sono state chiuse 83 moschee, senza che ci fosse almeno l’indizio di un collegamento con il terrorismo islamista.

Ora il punto è che la Tunisia può cedere al richiamo del recente passato; oppure può gestire la legge emergenziale senza rinunciare alle libertà fondamentali. Ma oggi, va detto con chiarezza, il Paese faro della primavera araba non ha i mezzi per battere i suoi nemici mortali. Polizia efficace, intelligence, strumenti per il controllo del territorio eccetera: manca tutto. Senza il massiccio aiuto degli occidentali, la legge approvata ieri servirà solo a incoraggiare i nostalgici della dittatura.

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lettere@corriere.it

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