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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.07.2015 'L'accordo Usa-Iran è ridicolo, un premio a un regime fanatico e una disfatta per l'Occidente e Israele'
Davide Frattini intervista Yair Lapid, leader del partito israeliano di centro Yesh Atid

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 luglio 2015
Pagina: 16
Autore: Davide Frattini
Titolo: «L'avvertimento di Lapid: 'Non investite dagli ayatollah, le sanzioni possono tornare'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/07/2015, a pag. 16, con il titolo "L'avvertimento di Lapid: 'Non investite dagli ayatollah, le sanzioni possono tornare' ", l'intervista di Davide frattini a Yair Lapid, leader del partito israeliano di centro Yesh Atid (C'è un futuro).

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Davide Frattini

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Yair Lapid

Benjamin Netanyahu tiene sul comodino l’autobiografia e in ufficio il busto di Winston Churchill. Paragona la sua lotta contro il nucleare iraniano a quella del primo ministro britannico contro i nazisti e l’accordo siglato a Vienna all’intesa firmata da Neville Chamberlain con Adolf Hitler a Monaco nel 1938. Dopo essere stato il suo ministro delle Finanze per un paio d’anni, dall’opposizione Yair Lapid gli ritorce addosso quei paralleli storici: «Netanyahu non è Churchill — ha ripetuto nei discorsi in parlamento — assomiglia piuttosto alla nostra Golda Meir con il fallimento che portò alla guerra di Yom Kippur. Il documento tra Teheran e le grandi potenze è la più grande disfatta della politica israeliana dalla nascita dello Stato, soprattutto per come il premier ha gestito i rapporti con gli Stati Uniti».

Leader del partito di centro C’è un futuro, è stato anche giornalista, attore, scrittore di romanzi gialli. Nel suo ufficio alla Knesset le prime parole di avvertimento sono per gli imprenditori italiani e per Paolo Gentiloni, il ministro degli Esteri che visiterà Teheran agli inizi di agosto per rilanciare i rapporti economici (le nostre esportazioni possono valere 3 miliardi di euro): «Non correrei a proporre affari agli ayatollah — commenta Lapid — perché c’è il rischio di scottarsi. Le sanzioni potrebbero essere reintrodotte e gli investimenti andrebbero perduti. Gli iraniani sono convinti che mentire e falsificare siano uno strumento della guerra santa, è inevitabile che prima o poi ci provino».

Quindi i meccanismi di controllo previsti dall’intesa le sembrano ben congegnati? «Nient’affatto. La procedura per arrivare alle ispezioni è ridicola, gli iraniani hanno ventiquattro giorni per far sparire il materiale prima che gli scienziati occidentali possano verificare. Ma lo sforzo dell’intelligence internazionale per individuare gli inganni iraniani sarà enorme e saranno scoperti».

Il presidente Barack Obama proclama i benefici per la stabilità in Medio Oriente. «L’accordo è un premio ai leader iraniani che negli anni hanno continuato a mentire. Il messaggio è stato recepito dalle altre nazioni nella regione: violate la legalità internazionale e riceverete un regalo».

Obama è convinto che l’Iran possa contribuire alla lotta contro lo Stato Islamico. «Non devi andare a letto con il male per combatterne un altro. II Califfato ha una forza di 25-30 mila uomini, Teheran è una superpotenza regionale e costituisce un pericolo molto più grande. L’unica ragione per cui gli ayatollah combattono il Califfo è perché vogliono il monopolio sull’Islam radicale».

Quella che doveva essere la «primavera araba» è diventata uno scontro caotico. «Usiamo ancora i nomi di Siria ed Iraq, ma quelle nazioni non esistono più. Da questo disordine possono nascere delle opportunità. Israele deve accettare di partecipare a un vertice che rilanci il processo di pace, la soluzione dei due Stati è viva, anche se per attuarla è necessario un cambiamento di governo nel mio Paese. Non servono negoziati bilaterali tra israeliani e palestinesi, ce ne sono stati 11 dalla firma degli accordi di Oslo in avanti. Ci vuole un summit con i Paesi arabi, con le nuove coalizioni che si sono create là fuori, per far ripartire le trattative dall’iniziativa saudita. Ne sto già discutendo con Roma perché il vostro Paese deve avere un ruolo di spinta. L’Italia sta in mezzo al Mediterraneo, può parlare con tutti ed è ascoltata da tutti».

L’Unione Europea preme, vuole imporre l’obbligo di etichettare i prodotti esportati dalle colonie costruite nei territori palestinesi e illegali per le norme internazionali. «Ne ho parlato con Federica Mogherini, l’Alta rappresentante per la politica estera, e le ho provato a spiegare di non farsi trascinare dal movimento per il boicottaggio delle colonie che finge di sostenere i due Stati invece vuole la nascita di quello palestinese sulle ceneri di Israele».

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