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Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.01.2015 Non si deve escludere l'aggettivo'islamico' dalla parola 'terrorista'
L'opinione di Piero Ostellino

Testata: Corriere della Sera
Data: 24 gennaio 2015
Pagina: 49
Autore: Piero Ostellino
Titolo: «Nessuna giustificazione per la violenza islamista»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 24/01/2015, a pag.49, con il titolo "Nessuna giustificazione per la violenza islamista", il commento di Piero Ostellino.
Sottolineiamo l'ultimo capoverso nel quale Ostellino ricorcda quanto sia disinformante escludere l'aggettivo "islamico" dopo la parola "terrorista". E' quanto scriviamo da sempre su IC.


Piero Ostellino

Papa Francesco ha detto che darebbe un pugno a chi offendesse sua madre. E stato una sorta di disinvolto, e anche un po' scandaloso, stravolgimento teologico della massima cristiana che consiglia di «porgere l'altra guancia» nel caso di offesa. È stato, soprattutto, un modo metaforico di dire che, a suo avviso, quelli di Charlie Hebdo, in fondo, facendo satira su Maometto, se la sono andati a cercare. Il guaio è che la metafora è coincisa con la fucilazione, in un Paese di religione islamica, di un gruppo di giovani islamici che avevano guardato alla televisione, contro le prescrizioni della Sharia, una partita di calcio.
Questo Pontefice sorprende, con le sue estemporanee sortite, anche i credenti. Fa persino sorgere il sospetto che gli piaccia più dare spettacolo che professare la parola di Cristo. Nel corso della sua millenaria storia, la Chiesa non ha mai esitato — quando le circostanze e i propri interessi temporali glielo imponevano — a nominare alla propria testa personalità che mostravano di credere più nella politica dell'istituzione che nella parola di Dio.
Che piaccia o no, è il realismo che le ha consentito di sopravvivere anche nei momenti più difficili. Non mi pare il caso di scandalizzarsene ora. Personalmente, condivido l'idea che bisognerebbe evitare, per una questione di rispetto, di fare dell'ironia sulle religioni e, soprattutto, nei confronti di una teocrazia, quale è quella islamica, alla quale non si può chiedere, per la contraddizione logica e storica che non lo consente, di avere senso dell'umorismo.
Ma in ogni caso il ricorso alla violenza va condannato. Non c'è offesa che giustifichi l'uccisione dell'offensore da parte di chi la subisca. Si è discusso molto, in Italia sugli eccidi di Parigi. Si è auspicato il «dialogo» fra noi e loro — il dialogo come forma buonista di esorcizzare la violenza della quale l'Islam dà volentieri prova. Ma il problema non è che ci si capisca reciprocamente, quanto che a capire noi, e la nostra concezione della convivenza civile, siano soprattutto loro, gli islamici.
Da noi, la «pluralità di valori , per dirla con L Berlin, consente ampia libertà di culto ad ogni credo religioso e di espressione ad ogni opinione. Non è così per loro. Ma il solo fatto che si sia tanto diversi, e che una parte dell'Islam finisca col condizionare le nostre libertà con la minaccia della violenza non giustifica la direttiva europea che proibisce di aggiungere al sostantivo terrorismo l'attributo islamico anche quando accade.

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lettere@corriere.it

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