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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.12.2014 Cyberguerra, gli Usa si piegano al dittatore nordcoreano Kim Jong-un
Cronaca di Massimo Gaggi, Giovanna Grassi intervista Ben Stiller

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 dicembre 2014
Pagina: 15
Autore: Massimo Gaggi - Giovanna Grassi
Titolo: «Cyberguerra, Mim batte l'America - L'ira di Ben Stiller: 'Stop gravissimo, è un attentato alla libertà'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 19/12/2014, a pag. 15, con il titolo "Cyberguerra, Mim batte l'America", la cronaca di Massimo Gaggi; con il titolo "L'ira di Ben Stiller: 'Stop gravissimo, è un attentato alla libertà' ", l'intervista di Giovanna Grassi a Ben Stiller.

Il declino dell'Occidente - ormai incapace di proporre e difendere i propri valori fondanti - coinvolge anche Hollywood.
La Sony ha cancellato l'uscita del film satirico "The Interview" dopo aver ricevuto minacce di "attentati in stile 11 settembre" da parte di un gruppo di hacker vicino al regime della Corea del Nord. Un paese che dispone dell'arma nucleare, in grado oggi di dettare regole di comportamento alle democrazie. La fine dell'Occidente avanza a grandi passi, ma sono ancora troppo pochi coloro che lo denunciano.

Ecco gli articoli:


Kim Jong-un                                                La locandina del film

Massimo Gaggi: "Cyberguerra, Mim batte l'America"


Massimo Gaggi

Forse i repubblicani esagerano quando dicono che questa è la prima «cyberwar» combattuta e persa dagli Stati Uniti. Ma la decisione presa l’altra sera dalla Sony verrà ricordata come una svolta storica: per la prima volta il lancio di un film viene cancellato da una grande casa cinematografica a causa delle minacce terroristiche di misteriosi hacker. Misteriosi gli esecutori ma forse non i mandanti, visto che il governo Usa si è ormai convinto che dietro l’attacco c’è il regime di Pyongyang. Nel film, la cui uscita era programmata nelle sale cinematografiche proprio nel giorno di Natale, due giornalisti interpretati da James Franco e Seth Rogen in missione professionale nella Corea del Nord, vengono avvicinati dalla Cia che li convince ad assassinare Kim Jong-un, il dittatore che governa il Paese asiatico. Chiamato, nella finzione, col suo vero nome, senza nemmeno fare ricorso a uno pseudonimo. La reazione verbale del governo nordcoreano è stata furibonda fin da quando, nell’estate scorsa, si è saputo della trama del film. Ma provare che l’attacco informatico che ha scardinato gli archivi cinematografici e anche tutti gli altri sistemi informatici della Sony sia partito da Pyongyang non è facile: gli hacker hanno operato da varie località del mondo, da un «convention center» di Singapore a un’università thailandese, passando per dei server in Bolivia. La Casa Bianca deve, però, aver messo insieme vari elementi di prova sulle responsabilità coreane. Ma non formula accuse ufficiali, per non ammettere di essere finita sotto scacco ad opera di un Paese che non è certo una grande potenza, anche se ha armi atomiche.

La Casa Bianca si è limitata ad affermare di non aver esercitato pressioni sulla Sony che ha ritirato il film dopo che le maggior catene di distribuzione cinematografiche avevano deciso di non proiettarlo nelle loro sale, nel timore di attacchi terroristici. Un precedente pericoloso: in futuro qualunque hacker capace e determinato potrà tentare di bloccare con minacce e virus informatici manifestazioni culturali sgradite: film, concerti, esposizioni, teatro. Una minaccia gravissima alla libertà d’espressione, denuncia la Urban League, associazione per la tutela dei diritti civili, che chiede a Obama di reagire con durezza. La Casa Bianca fa capire che ci sono rappresaglie allo studio («È una seria questione di sicurezza nazionale»), ma nell’amministrazione non mancano i fautori di un approccio prudente: un’accusa esplicita darebbe a Kim Jong-un una visibilità ancora maggiore come campione assoluto degli Stati-canaglia e metterebbe in difficoltà il Giappone (proprietario della Sony) che sta segretamente negoziando la liberazione di alcuni suoi cittadini detenuti da anni in Corea del Nord.

Giovanna Grassi intervista Ben Stiller: "L'ira di Ben Stiller: 'Stop gravissimo, è un attentato alla libertà' "


Ben Stiller

Protesta la Screen Actors Guild, il sindacato attori più diffuso. Protestano molte star. Anche contro i maggiori circuiti di distribuzione che hanno rifiutato il film «The Interview». Diretto da Seth Rogen ed Evan Goldberg, interpretato dallo stesso Rogen e da James Franco, il film doveva mettere alla berlina non tanto la Nord Corea quanto la Cina. Per varie pressioni la sceneggiatura di Rogen, in cui nella versione finale un conduttore tv e un produttore invitano al loro show il leader nordcoreano e vengono reclutati dalla Cia per assassinarlo, era stata modificata. Non è bastato. Anzi. Le minacce degli hacker filo-regime hanno portato la Sony a cancellare l’uscita. L’attore Ben Stiller ne parla con il Corriere . E attacca: «È un precedente censorio gravissimo ai danni della satira di costume e di ogni libertà di espressione». Attore, regista, classe 1965, figlio d’arte, democratico in prima fila prima per Kerry e poi per Obama, Stiller esce a giorni nei cinema americani con l’annunciato «Night at the Museum: Secret of the Tomb» (Notte al museo: il segreto della tomba) con Robin Williams nella sua ultima apparizione. È furioso per il blocco di «The Interview»: «Si tratta di un attentato alla libertà di espressione e di parola, un gesto antidemocratico che maschera una paura degli hacker che non va respinta, ma affrontata alla radice. Concordo con le parole del presidente Obama: “Andate al cinema”. Tra l’altro, in un momento di flessione degli incassi, una simile decisione dà un altro colpo al cinema. Considero quanto è accaduto un attacco alla creatività mascherato dalla paura di attentati terroristici multimediali. Prendere precauzioni non significa eliminare un film da ogni forma di lancio».

Trattato duramente dalle prime recensioni su Variety e The Hollywood Reporter «perché politicamente insignificante e povero di gag», il film è ora difeso a spada tratta da molti attori come Stiller: «Sarebbe bene che il nostro sindacato, il Sag, emettesse un comunicato perché il problema va molto oltre la decisione della Sony. Concordo assolutamente con quanto ha dichiarato il regista Judd Apatow: “Non si smette di bere Coca Cola perché qualcuno dice che è pericolosa”. Tutti devono poter ridere e pensare, pro o contro, la parodia che coinvolge ogni personaggio del film e non solo il presidente della Nord Corea impersonato dall’attore Randall Park, che tra l’altro dirige a Los Angeles un teatro multietnico quanto mai attento e rispettoso a ogni minoranza». Si obietta che, dopo le anteprime, in molti avevano anticipato reazioni «contro la propaganda di guerra della Cia», ma Stiller resta fermo sulla necessità di trovare regole contro gli hacker a caccia di indirizzi email. E poi perché i nordcoreani protestano tanto, si chiede Stiller. «Il loro supremo leader esce non solo vivissimo, ma addirittua vincitore della tenzone contro l’America — afferma l’attore — proprio come quando in una sequenza dichiara: “C’è qualcosa di più distruttivo di una bomba nucleare: sono le parole”». Nel film il presidente Kim Jong-un è un fan dello show di Roger e Franco e anche della partecipazione del vero Eminem al programma. «Questa è una “guerra informatica” in chiave di commedia — ribascono sia Seth Rogen che Stiller — e avrà molte ripercussioni sul mondo dello spettacolo perché la paura crescerà, verrà trasmessa alla platea. La riprova è che la Sony ha deciso anche di evitare la distribuzione in video on demand». Non è stata solo la Sony a cancellare il lancio del film, i maggiori circuiti di distribuzione, Cineplex, Amc, Cinemark, si sono tirati indietro. Conclude Stiller: «Il rifiuto di proiettare un film è un fatto molto grave, ripeto: è un precedente che avrà un seguito ed effetti quanto mai dannosi per tutto il mondo del cinema e a vantaggio degli hacker».

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