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Corriere della Sera Rassegna Stampa
09.12.2014 Israele: anche le donne ortodosse vogliono una rappresentanza alla Knesset
Lorenzo Cremonesi intervista Esty Reider-Indorsky

Testata: Corriere della Sera
Data: 09 dicembre 2014
Pagina: 16
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Israele, in campo le ultraortodosse: 'Vogliamo candidarci anche noi'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/12/2014, a pag. 16, con il titolo "Israele, in campo le ultraortodosse: 'Vogliamo candidarci anche noi' ", l'intervista di Lorenzo Cremonesi a Esty Reider-Indorsky, che da anni conduce una campagna che chiede ai partiti religiosi israeliani di aprirsi alle donne.


Lorenzo Cremonesi               Esty Reider-Indorsky

«Se non possiamo essere elette non voteremo» tuona su Facebook il nuovo movimento che vorrebbe una donna tra deputati ultra-ortodossi. E' l'ultima espressione di un fenomeno che da tempo investe la politica israeliana e adesso viene rilanciato con forza dalla prospettiva delle elezioni anticipate al 17 marzo.

I media locali notano che al momento ben sei partiti sono guidati da donne, tra cui due importanti come i laburisti di Shelly Yachimovich e il centrista «Hatnuah» di Tzipi Livni. E tutti basano i loro programmi sull'aggressiva difesa dei diritti delle donne. Tra i punti più importanti, alzare il numero dei deputati rosa dall'attuale 23% sui 120 complessivi alla Knesset (il parlamento). Un numero che comunque è più alto della media dei parlamenti europei, attestata attualmente al 17,6%.

Ma la novità avanzata dalle attiviste religiose è che si rivolge al cuore stesso dell'ortodossia più conservatrice. «Le donne ultraortodosse sono oltre 400.000, un numero notevole. Rappresentano circa il 5% di tutta la popolazione israeliana. Hanno il compito di generare e crescere le nuove generazioni, spesso lavorano, mantengono gli studi del marito. Sono tasselli fondamentali della famiglia e dell'universo ultraortodosso. Possibile che non abbiano almeno una loro rappresentante alla Knesset?», ci dice la 42enne Esty Reider-Indorsky, che da due anni conduce la campagna. Lei sa bene di muoversi in un campo minato. Divorziata, un solo figlio e risposata da poco, non ha problemi a postare le sue foto su internet: tutti comportamenti che fanno a pugni con i codici imposti dal rabbinato ortodosso.

«Abbiamo ricevuto tanti messaggi di sostegno. Ma forse le donne a cui ci rivolgiamo non hanno mai letto il nostro sito. Le ultraortodosse in genere non usano internet, non hanno accesso ai media tradizionali. Siamo state accusate di offendere il nostro credo, di non appartenere al mondo che vorremmo cambiare, di essere il diavolo in persona», ammette. Anche per questo motivo insiste nel moderare i toni. «Non intendiamo affatto cambiare la tradizione ortodossa. Vogliamo rafforzarla con l'adesione attiva delle donne. La nostra prima richiesta è che lo Stato vieti la partecipazione alle elezioni per partiti come Shas ed Ebraismo Unito della Torà sino a quando non avranno cambiato gli articoli dello statuto in cui rifiutano espressamente le deputate donne», continua, citando le due formazioni politiche che con 22 seggi complessivi raccolgono i voti delle due confessioni ultraortodosse tradizionali: la sefardita, di rito orientale, e quella askenazita delle comunità ebraiche, del centro-est europeo. Una vera rivoluzione, in verità quasi impossibile da realizzare. Ma lei avanza un compromesso per indorare la pillola: «Sarebbe sufficiente una sola candidata donna. E a sceglierla saranno esclusivamente i rabbini».

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante 


lettere@corriere.it

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