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Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/11/2014, a pag. 9, con il titolo "I fanatici occidentali ancora più feroci degli stessi miliziani", il commento di Lorenzo Cremonesi; con il titolo "Motociclisti olandesi e veterani americani i 'patrioti' filocurdi", il commento di Davide Frattini. Lorenzo Cremonesi: "I fanatici occidentali ancora più feroci degli stessi miliziani"
Sono ormai la forza trainante dello Stato Islamico, ma a ben guardare possono anche diventarne il tallone d’Achille. Parliamo dei volontari: quella variegata, motivata, spesso fortemente ideologizzata ed intrinsecamente estremista componente che accompagna le guerre di ogni tipo e in qualsiasi Paese. C’erano in tutti gli eserciti della Prima guerra mondiale; furono il nerbo internazionalista della Guerra di Spagna; le avanguardie comuniste, naziste e fasciste del Secondo conflitto mondiale; erano l’essenza delle milizie sioniste e palestinesi nel 1948. C’erano volontari in Corea, in Vietnam, in Algeria pro e contro il regime coloniale francese. Difficile trovare una guerra in cui non vi siano volontari. Davide Frattini: "Motociclisti olandesi e veterani americani i 'patrioti' filocurdi"
Tutti addormentati nel profondo, profondissimo sonno dell’Inghilterra, da cui a volte temo non ci sveglieremo mai finché non ne saremo strappati di colpo dal boato delle bombe (George Orwell, «Omaggio alla Catalogna»). Le guerrigliere curde sono raggruppate nella milizia YJA Star (l’Unione delle donne libere) che ricorda le Mujeres Libres della Spagna di Orwell, se non fosse per quella stella, un riferimento a Ishtar, antica dea della Mesopotamia. Gli occidentali che vanno a combattere nel Nord delle Siria proclamano le stesse motivazioni dello scrittore britannico: i fondamentalisti dello Stato Islamico, come alla fine degli anni Trenta i fascisti, vanno fermati qui, prima che il conflitto diventi mondiale. Le brigate internazionali postmoderne mettono insieme bande di motociclisti olandesi, veterani americani delle guerre che non finiscono, soldatesse in congedo dello Tsahal israeliano. Jordan Matson, 28 anni, prima non era mai rimasto coinvolto in uno scontro a fuoco: 24 mesi nell’esercito, nessuna missione fuori dagli Stati Uniti, un lavoro da impacchettatore di surgelati nel Wisconsin. Adesso zoppica per i frammenti di un proiettile di mortaio, è arrivato nel Levante dopo aver visto le immagini della caduta di Mosul in Iraq e aver contattato i gruppi curdi su Facebook, dove prova a convincere altri ex militari canadesi, europei, australiani, americani, «patrioti che non vogliono restare seduti in poltrona». Jeremy Woodward in Afghanistan e Iraq c’è stato, non poteva rimanere in Missouri — racconta lo zio — mentre quello per cui ha combattuto viene distrutto. E’ quello che pensa il generale Buford Blount, l’uomo che guidò la presa di Bagdad nel 2003: «Qualsiasi aiuto ai curdi è positivo, i fondamentalisti vanno eliminati». E’ quello che pensa David Graeber, anarchico e docente di Antropologia alla London School of Economics: «Nel 1937 mio padre partì come volontario in difesa della Repubblica spagnola. La regione autonoma controllata dai curdi è uno dei pochi esperimenti democratici emersi dalla ribellione contro il regime di Bashar Assad e va protetta». Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@corriere.it |
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