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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.09.2014 Così mi hanno costretto a convertirmi all'islam
dal Kurdistan iracheno, Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 settembre 2014
Pagina: 3
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Così mi hanno costretto a convertirmi all'islam»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/09/2014, a pag.3, con il titolo "Così mi hanno costretto a convertirmi all'islam", il reportage di Lorenzo Cremonesi. Scontro di civiltà ? Noooo !

Lorenzo Cremonesi          

Sul documento di conversione all'Islam di Naji Haddu, vergato alle tre del pomeriggio del 28 agosto dal giudice del «Califfato» di Mosul, c'è scritto che «Gesù è schiavo di Dio», non figlio di Dio. Naji non lo può mostrare. «Me lo ha preso l'arcivescovo cattolico tre giorni fa, quando sono riuscito a raggiungere la mia famiglia tra gli sfollati cristiani di Erbil. Ma i militanti dello Stato Islamico mi hanno già telefonato. In qualche modo sono venuti a sapere che sono rimasto senza il documento, per loro vale come lasciapassare. E dicono che, se tomo a Mosul, ne avrò uno nuovo, in cui si attesta tra l'altro che ho diritto a una casa gratuita nei confini del Califfato, a cibo gratis e, se lo desidero, a quattro mogli musulmane. Mi esortano a tomare presto e portare mia moglie e i nostri tre figli, che per loro sono automaticamente musulmani. Aggiungono che devo stare attento. Qui ci sono tanti loro militanti pronti a farsi saltare in aria.  Presto sarà il caos nelle zone curde. Meglio vada a Mosul, i musulmani aiutano i musulmani , spiega questo quarantenne nato nel villaggio cristiano di Qaragosh (dai primi di agosto occupato dai miliziani jihadisti) e incontrato per oltre tre ore due giorni fa nella «Accademia Brasiliana», uno dei centri di raccolta per gli sfollati a Erbil. Naji è confuso, preoccupato. «Non so che fare, diciamo che sono un cristiano-musulmano. L'unica modo per tomare ciò che ero è emigrare in Europa», dice. Le autorità cattoliche locali lo rassicurano, spiegano che la sua conversione forzata non vale. Ma gli estremisti islamici decapitano chi abiura la loro fede. E la sua storia è talmente incredibile, talmente rivelatrice del fanatismo religioso di cui sono vittime i non sunniti nelle regioni controllate dallo Stato Islamico, che è meglio lasciare la racconti lui, con le sue parole. Comindamo dall'inizio. Come mai non è scappato subito con la sua famiglia a Erbil?
«La sera del 5 agosto non credevo che i jihadisti sarebbero arrivati sin da noi. Ho detto ai miei di partire, sarei rimasto di guardia alla nostra casa. Mi sono svegliato alle sette di mattina e davanti alla porta c'era una pattuglia di volontari afghani. Nessuno mi ha fatto nulla. Dicevano che dovevo convertirmi, ma intanto portavano cibo e bevande. Li rubavano dai negozi abbandonati, nelle case dei nostri vicini e li condividevano con i civili rimasti. Due giorni dopo hanno condotto da me un tedesco di circa quarant'anni con tanti tatuaggi sul corpo. Parlava un arabo stentato. Mi ha spiegato che era stato un celebre cantante pop in Germania, guadagnava sino a 25 mila euro a serata. Poi si era convertito all'Islam e adesso era felice di combattere con i suoi compagni. Nella guerra santa aveva scoperto la vera via. Dopo di lui sono arrivati alcuni jihadisti siriani. Mi spiegavano che avrei combattuto con loro e se fossi morto saremmo andati tutti alla Jannah, il paradiso, dove c'è la felicità perfetta, scorrono fiumi di vino e ogni musulmano può avere decine di donne tutte per sé. Infine a Qaragosh si sono insediati una cinquantina di iracheni provenienti dai villaggi sunniti vicini. Sono molto meno fanatici dei siriani. Li comanda un certo Abu Jassem del villaggio di Qarashol, è sulla cinquantina, il corpo atletico, sembra un bravo soldato. Al suo seguito ci sono però anche tanti ladroni locali, sunniti che rubano ai cristiani in nome di quello che chiamano ghanima, il bottino di guerra».
Perché si è convertito?
«Dopo quattro o cinque giorni, quando hanno visto che non mi convertivo, sono venuti a dirmi che dovevo versare la jeziah, la tassa periodica. Avevano decretato dovesse ammontare a circa 130 dollari Se i cristiani vogliono restare pagano: lo fanno gli uomini in età compresa tra i 20 e 50 anni. Donne, vecchi e bambini sono esenti. Però ero stato derubato, mi restavano in tasca solo 20 dollari. Stavo cercando di trovare altri soldi, quando verso metà agosto i guerriglieri siriani sono venuti a dirmi che ormai era troppo tardi, non avevo più scelte. Non potevo andare via e neppure pagare. Mi hanno chiuso in una cella presso l'ospedale di Qaragosh. Vi ho incontrato una trentina di cristiani e due sciiti. Siamo stati chiusi per circa una settimana. Ogni tanto arrivavano amici e parenti di qualcuno dei prigionieri. Si erano convertiti e cercavano di convincere i loro cari a fare altrettanto. Sono venute anche la madre e la sorella del mio amico Issam Yalda, del villaggio di Bartallah, che però vive a Qaraqosh. Erano entrambe vestite di nero, totalmente coperte al capo e al viso, da musulmane integraliste. Piangevano, lo imploravano di cambiare religione. Gli dicevano che altrimenti sarebbe stato ucciso. Ho capito che a Bartallah molti cristiani hanno accettato di collaborare, alcuni fanno gli autisti dei guerriglieri. A Mosul quelli convertiti hanno ricevuto le abitazioni di coloro che sono fuggiti II 21 agosto infine nella nostra cella hanno fatto irruzione quattro o cinque ragazzini siriani. Avevano il coltello in mano. E stato rapidissimo. Hanno afferrato la testa di uno sciita dicendo che era finita, ci avrebbero sgozzati tutti subito. A quel punto, è intervenuto il capo delle guardie irachene, un certo Abu Jannad, e ha chiesto altre 24 ore: se per allora non fossimo diventati musulmani saremmo morti. Io e altri quindici abbiamo accettato».
Come è stata la cerimonia?
«Una grande festa Ci hanno condotto nel nuovo palazzo del governatorato di Mosul, che loro hanno trasformato nel tribunale islamico. II giudice è un iracheno, ma si veste all'afghana, con la barba lunga e la tunica scura sino alle caviglie. E a Shahada, la dichiarazione di fede che testimonia la conversione, è durata cinque minuti per ognuno, poi hanno portato cibo, dolci, tè zuccherato, frutta fresca, cantavano, pregavano, ringraziavano Allah, ci abbracciavano come fratelli. Qualcuno piangeva dalla gioia. Oltre all'attestazione della nostra nuova identità di musulmani, ci hanno donato circa 130 dollari a testa promettendone altri».
Cosa è avvenuto a coloro che non si sono convertiti?
«Gli sciiti non so. Forse sono morti. Una settimana fa ho rivisto in libertà alcuni dei cristiani che erano in cella. Wali Abbas, l'imam di Qaraqosh, è intervenuto per salvarli, citando il Corano dove afferma che uccidere un cristiano è come uccidere mille musulmani. Pare abbia funzionato. Ma se tornano i fanatici siriani per loro è ñnita. Io poi sono partito. Sembra che qualcuno da Erbil abbia pagato per garantire che potessi andarmene con un'altra dozzina».

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