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Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.04.2014 Guerra civile permanente in Siria: uno scontro infinito
Analisi di Davide Frattini

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 aprile 2014
Pagina: 35
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Bombe a Damasco, la normalità siriana»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/04/2014, a pag. 35, l'articolo di Davide Frattini dal titolo "Bombe a Damasco, la normalità siriana".  


Davide Frattini       Bashar al Assad

Due anni e mezzo fa Ehud Barak prediceva: «I giorni di Bashar Assad sono contati». Sei mesi dopo Barack Obama dava al leader siriano poche settimane. Da allora il ministro della Difesa israeliano è andato in pensione, passeggia ogni mattina sulla spiaggia di Tel Aviv con il labrador Spinee, mentre il presidente americano ha ridimensionato la già scarsa voglia di lasciarsi trascinare in un’altra guerra mediorientale.
Più realistiche — di un realismo disperato — sembrano le previsioni di una donna sciita che è fuggita dall’assedio dei miliziani a Sayida Zeinab, dove la periferia di Damasco diventa campagna. Spera che il figlio possa entrare nell’esercito governativo e combattere gli insorti sunniti quando compirà 15 anni. Nel 2027. Lo proclama ad Anne Barnard del New York Times che scrive del suo recente viaggio nella capitale siriana e racconta di come il rumore del traffico abbia soppiantato il rimbombo costante delle esplosioni. Sono diminuiti di intensità i colpi di artiglieria che dalla cima del monte Qassiun bersagliano le posizioni dei ribelli asserragliati nei palazzoni grigi dei sobborghi.
La calma è apparente (a Damasco ieri un proiettile di mortaio ha ammazzato due persone vicino al teatro dell’Opera) ed è stata imposta con le operazioni militari delle truppe lealiste appoggiate dagli Hezbollah libanesi, il movimento sciita filo-iraniano. Quartieri accerchiati dove neppure il pane può entrare (e tantomeno i civili uscire), raid incessanti con quelle che vengono chiamate «botti bomba» sganciate dagli elicotteri a pochi metri dai tetti, arresti di massa degli oppositori.
È questa calma apparente che permette ad Assad e al suo clan di proiettare un arrogante senso di normalità. La decisione del parlamento sulla nuova legge elettorale presidenziale per garantire al capo il terzo mandato (i siriani — chi di loro ci riuscirà — dovrebbero votare prima dell’estate). L’annuncio della creazione di un’agenzia spaziale (con macabra ironia da parte del regime, i razzi per ora sono quelli che cadono sulle città). Le foto pubblicate dal leader su Instagram: in riunione con i ministri del governo, a una manifestazione di esultanti sostenitori, in visita a una scuola. Come se dalle proteste pacifiche del marzo 2011 i morti non fossero cresciuti fino a 150 mila (le Nazioni Unite hanno smesso di contarli per mancanza di fonti indipendenti), come se i siriani rimasti senza casa non fossero 9 milioni: 2 milioni e mezzo scappati nei Paesi confinanti, la maggior parte rifugiati in patria, dispersi in quella che era la loro nazione.
Gli europei e gli americani sembrano ormai accettare l’esito che i cinesi e i russi hanno sempre pensato/sperato: «Bashar può restare al potere». Anche se dovesse dominare un territorio frammentato, vulnerabile agli attacchi di una guerriglia quasi permanente. Le milizie ribelli sono ancora in grado di colpire Damasco, nelle province a Nord spadroneggiano gli estremisti islamici e l’esercito non riesce ad avanzare, a Sud — dove tutto è cominciato con le manifestazioni nella città di Deraa — gli insorti hanno conquistato poche settimane fa il carcere del distretto, un’importante vittoria simbolica.
Bashar può restare al potere ma sembra probabile che si avveri il calcolo della madre scappata da Sayida Zeinab. Fra 13 anni suo figlio dovrà ancora combattere.

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