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Corriere della Sera Rassegna Stampa
09.08.2013 Siria: il giallo dell'attentato dei ribelli al convoglio di Assad
cronaca di Lorenzo Cremonesi + un aggiormanento sul rapimento di Domenico Quirico

Testata: Corriere della Sera
Data: 09 agosto 2013
Pagina: 14
Autore: Lorenzo Cremonesi - Redazione del Corriere della Sera
Titolo: «Razzi sul convoglio di Assad. È giallo - Quirico 'in mano a predoni'. Con Dall’Oglio nessun contatto»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/08/2013, a pag. 14, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Razzi sul convoglio di Assad. È giallo ", l'articolo dal titolo " Quirico «in mano a predoni». Con Dall’Oglio nessun contatto ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

Lorenzo Cremonesi - " Razzi sul convoglio di Assad. È giallo "


Lorenzo Cremonesi

Cosa è successo davvero ieri a Damasco? Le brigate della rivoluzione hanno colpito come sostengono il convoglio di Bashar Assad, forse perfino ferendolo, oppure l’attacco è del tutto fallito come replicano i portavoce del regime? È di nuovo giallo sul dittatore siriano, infittito ulteriormente dal caos generale che regna nel Paese a quasi due anni e mezzo dallo scoppio delle sommosse e nel vortice di violenze sempre più gravi. Ieri mattina i gruppi di ribelli armati che operano nella capitale avevano annunciato trionfanti di essere riusciti a prendere di mira a colpi di mortaio il convoglio di auto presidenziali che si recava nella moschea per le preghiere dell’alba. Un’imboscata in grande stile per un obbiettivo tutto sommato non impossibile. Era infatti prevedibile che Assad si recasse, come puntualmente fa ogni anno, alla moschea di Anas Bin Malek, nel quartiere di Malki dove risiede, per recitare le preghiere della Id Al Fitr, la festa che tradizionalmente chiude il Ramadan. Firas Al Bitar, noto capo della brigata Liwaa Tahrir Al Sham, ha dichiarato via Facebook e Twitter che i suoi uomini avrebbero sparato una ventina di proiettili da 120 millimetri colpendo alcune vetture, ma specificando di non aver modo di verificare se quella di Assad fosse stata centrata. A suo dire, il convoglio era stato attentamente monitorato. Ma gli stessi ribelli sono divisi, spesso in lotta tra loro per il controllo delle armi e influenza politica. Così un altro capo brigata, Islam Alloush, della Liwaa Al Islam, ha dichiarato a sua volta che anche loro avevano sparato senza coordinarsi con gli altri e aggiungendo che vi sono vittime certe. «Avevamo promesso al popolo siriano una grande operazione in concomitanza con la festa di fine Ramadan: siamo di parola», ha commentato. Immediata la reazione dei portavoce del regime. «Sono solo sogni, illusioni, vane speranze. Il presidente sta benissimo», ha dichiarato alla televisione di Stato il ministro dell’Informazione, Omran Zoabi. Parole del resto provate da un video diffuso a tempo di record, in cui si vede Assad, affiancato al Grande Mufti della moschea centrale di Damasco Ahmed Hassun, pregare con aria compassata circondato dai fedelissimi. Non è del resto la prima volta che le forze ribelli sostengono di aver eliminato il presidente, ma il regime ha dimostrato che si trattava di propaganda. L’anno scorso in luglio pare vi siano andati molto vicini, quando una bomba negli uffici del governo uccise quattro alti responsabili delle forze di sicurezza. Nel marzo 2013 i ribelli scrissero sui loro siti in Rete: «Il presidente è morto». Salvo venire poi smentiti dai fatti. Ora la situazione è resa più ambigua dal video governativo. Alcuni ribelli sostengono infatti che sarebbe «un falso, una riedizione di vecchi filmati girati durante simili cerimonie nel passato». Specificano che l’imam che celebra la funzione sarebbe stato ucciso alcuni mesi fa. Altri sono più dettagliati e dicono che un personaggio seduto nella terza fila dietro il presidente non sarebbe altro che Zeno Berry, noto capo della cosiddetta shabiha , la crudele milizia paramilitare pro-regime, ucciso ad Aleppo il 31 luglio 2012. Ma questa versione è messa in dubbio da numerosi tra gli stessi ribelli. Diversi media internazionali ritengono che il video governativo, almeno questa volta, sia veritiero, altri nutrono dubbi ma non lo escludono. E tuttavia numerosi residenti nel quartiere di Malki contattati via Rete confermano di aver udito diverse esplosioni vicino a casa ieri prima dell’alba. Sarebbe la prova che, nonostante i rovesci militari degli ultimi due mesi, i ribelli sono ancora in grado di operare con effetto.

Redazione del Corriere della Sera - " Quirico «in mano a predoni». Con Dall’Oglio nessun contatto "


Domenico Quirico      padre Dall'Oglio

Sulla Stampa di oggi, Mario Calabresi intervista Emma Bonino sul sequestro di Domenico Quirico, ma non aggiunge nulla a quanto presente nella cronaca che segue.

ROMA — Domenico Quirico sarebbe in mano a una banda di predoni siriani con cui già da tempo è in corso la trattativa per la sua liberazione. Dunque l’inviato del quotidiano La Stampa, secondo quanto ha riferito ieri al Copasir il direttore del dipartimento Informazioni e Sicurezza (Dis) Giampiero Massolo, non è prigioniero dei terroristi islamici di Al Qaeda, ma sarebbe stato catturato dalla criminalità ordinaria, comunque vicina ai qaedisti, che però non avrebbe interesse a far precipitare la situazione.
Perciò, secondo il rapporto del numero uno dell’intelligence italiana al Comitato per la Sicurezza della Repubblica, presieduto ieri a Palazzo San Macuto dal vice presidente Giuseppe Esposito, può esserci un «cauto ottimismo» sul sequestro del giornalista scomparso il 9 aprile scorso, dopo essere arrivato dal Libano.
Il silenzio sulla sua sorte finora è stato interrotto soltanto da una telefonata alla moglie. Ma i contatti sarebbero stati avviati da parecchio. «Si sa chi ce l’ha in mano e che ci sono margini per portarlo via, ma la Siria non è un posto facile» spiega una fonte dei servizi segreti all’agenzia Reuters. «C’è bisogno di serenità per lavorare». Pochi giorni fa anche il ministro degli Esteri Emma Bonino si era detta speranzosa sulla sorte di Quirico.
Più complessa la situazione dell’altro italiano sequestrato nella Siria sconvolta dalla guerra civile, padre Paolo Dall’Oglio, di cui non si hanno più notizie dal 27 luglio. L’ultima traccia è stata una email alla famiglia spedita dalla città di Raqqa, nel nord del paese. Secondo la ricostruzione dei nostri servizi di intelligence, il rapimento del gesuita sarebbe avvenuto tra la domenica e il lunedì, durante il viaggio verso una località sconosciuta lungo il fiume Eufrate. C’è quasi la certezza che il sacerdote sia in mano ad una filiale locale di Al Qaeda chiamata «Emirato di Tal al Abiad» e il suo sequestro sarebbe legato all’attività che stava svolgendo in Siria. Al momento si sta dunque lavorando, anche con servizi alleati e con gli 007 siriani, per stabilire un contatto diretto con il gruppo.
Secondo alcuni attivisti che lo hanno accompagnato dalla Turchia, Dall’Oglio avrebbe dovuto incontrare Abu Bakr Al Baghdadi, capo dello stato islamico in Iraq e nel Levante, per negoziare il rilascio di alcuni ostaggi e una tregua tra jihadisti e milizie curde. «Se non avete mie notizie entro 72 ore preoccupatevi», avrebbe lasciato detto il padre gesuita.
È stato un Ramadan di sangue quello che si è concluso ieri in Siria. Secondo l’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) le persone uccise nei combattimenti durante il mese sacro sono state 4.420, di cui oltre 300 bambini. E nessun accordo sembra in grado di fermare la carneficina.

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