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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.10.2010 '' Progettare attentati terroristici islamici non è reato ''
La sentenza assurda della Corte d’assise a Monza

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 ottobre 2010
Pagina: 25
Autore: Luigi Ferrarella
Titolo: «Progettare attentati della Jihad non è reato»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/10/2010, a pag. 25, l'articolo di Luigi Ferrarella dal titolo " Progettare attentati della Jihad non è reato ".

MILANO — Quanto deve essere anticipata, affinché sia efficace in chiave anti-attentati ma nel contempo non sia liberticida, la soglia dell’intervento repressivo antiterrorismo? E’ la delicata questione sottesa al processo di Corte d’assise a Monza nel quale due cittadini marocchini, per solo il fatto di possedere ed entusiasticamente commentare materiale scaricato da Internet inneggiante alla "guerra santa", e di aver «poi vagheggiato» nel 2007 (nelle loro telefonate intercettate) di far saltare la caserma dei carabinieri di Giussano o esplodere le auto del supermercato Esselunga di Lissone, sono stati prima arrestati nel dicembre 2008, poi detenuti in custodia cautelare per un anno e 7 mesi, quindi candidati dalla Procura a 8 e 5 anni di condanna, e infine assolti dall’imputazione di concorso esterno in associazione terroristica internazionale.

I giudici d’assise monzesi (presidente l’ex gip di Mani Pulite Italo Ghitti, estensore l’ex gip dell’inchiesta su Previti e le toghe corrotte, Alessandro Rossato) motivano l’assoluzione con il fatto che gli imputati Rachid Ilhami e Abdelkader Ghafir non hanno mai avuto contatti con persone sospettate di terrorismo, non hanno detenuto armi o fatto sopralluoghi, non hanno svolto alcuna attività preparatoria, non gli sono state trovate piantine di obiettivi.

Eppure gli stessi giudici precisano che «ciò non significa che il progetto», inteso come «mero parlare» di attentati, «in sé non abbia rivestito carattere di pericolosità»; anzi stimano «fuor di dubbio che gli imputati hanno avuto il proponimento di compiere gli attentati» e perciò rimarcano il valore del lavoro della Digos; e applicano agli imputati assolti la misura di sicurezza di 2 anni di libertà vigilata, nel frattempo superata dal fatto che il Ministero dell’Interno in via preventiva li ha espulsi in agosto.

In Italia la consultazione di siti Internet, la visione o il download o la distribuzione di filmati di terrorismo non è in sé reato, diversamente adesempio dalla Gran Bretagna dove dal 2000 è punito con 7 anni di carcere: e ad inquietare è proprio quella nuova forma di estremismo (esemplificata da Game, l’attentatore fattosi esplodere davanti alla caserma milanese Perrucchetti e condannato a 14 anni) nella quale giovani di seconda generazione si radicalizzano da soli attraverso l’indottrinamento via Internet. Ma la sola appartenenza all’area dell’integralismo, e persino l’eventuale favore espresso verso forme di azione militare aberranti per l’esaltazione della violenza e la diffusione del terrore, non possono bastare a integrare il reato (da 15 anni di pena) di terrorismo internazionale, pena un’anticipazione dell’intervento penale talmente arretrata da finire per reprimere non i fatti ma le idee. Con la singolarità, in più, che alte grida contro il «concorso esterno» in un’associazione a del i nquere si levino solo quando gli imputati (magari di mafia) sono illustri politici e colletti bianchi, e non quando lo sono due extracomunitari.

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